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«Bolloré ha il controllo di Tim». Così la Consob dà la sveglia al governo

La quota in mano a Vivendi garantisce il controllo dell’azienda. Una spinta all’esecutivo a esercitare il golden power su Telecom-Sparkle

Serviva la Consob per dire la verità su Tim: Vincent Bolloré ha il controllo dell’azienda. Secondo l’autorità di controllo della Borsa, Vivendi con il suo 23,9% «esercita il controllo di fatto su Tim». Si tratta di un brutto schiaffo per il gruppo francese che ora, tra le altre cose, rischia di trovarsi a dover consolidare per intero il bilancio dell’azienda, che ha 8 miliardi di margine operativo lordo ma anche 25 miliardi di euro di debito. Certo, l’ultima parola spetta all’omologa francese, l’Amf, che difficilmente darà torto a Vivendi applicando la legge italiana invece che quella francese.

«Bolloré ha il controllo di Tim». Così la Consob dà la sveglia al governo

A cambiare davvero le carte davanti a questa situazione sarà la risposta del governo. Di fronte a una tale affermazione da parte della Consob, non sembra più rimandabile l’esercizio del «golden power» su Telecom-Sparkle, così come la contestazione della violazione dei relativi obblighi di comunicazione (che comporta una multa pari all’1% del fatturato, dunque da circa 300 milioni).

La Consob in 22 pagine di relazione ha smontato pezzo per pezzo le argomentazioni portate da Vivendi e dalla stessa Tim – che annunciano già ricorso – per smentire i presupposti del controllo. L’authority ha ribadito che per determinare se c’è controllo «non è una particolare situazione formale», come avere più del 50% del capitale, ma «le reali situazioni di potere all’interno della società» per raggiungere una «influenza dominante». Per esempio, come avere un voto in più del secondo azionista nel voto di lista. In più, si ritiene che Vivendi, all’assemblea di maggio, «avesse dall’inizio la ragionevole certezza» di nominare la maggioranza dei consiglieri «e quindi di poter esercitare il controllo sulla gestione».

Gli effetti sono ben noti: sono entrati in Tim tre dirigenti di Vivendi, a cominciare dall’a.d. Arnaud de Puyfontaine con la nomina di presidente. Cui è seguita la rottura con l’ex a.d. Flavio Cattaneo «su esclusiva iniziativa del consigliere de Puyfontaine a seguito di una discussione» con Cattaneo sull’arrivo di Amos Genish, altro uomo di Vivendi. Senza dimenticare «la sottoscrizione, da parte di de Puyfontaine, di un dettagliatissimo term sheet (accordo preliminare, ndr) con Canal Plus», pay-tv proprio di di Vivendi. E poi l’impegno davanti all’Ue di cedere la partecipazione in Persidera «senza un preventivo coinvolgimento del cda».

Credits Images:

Vincent Bolloré, numero 1 di Vivendi