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La crescita cinese rallenta: ora sono guai per tutti

Pechino abbassa a 6,7% in più di pil l’obiettivo per il 2017, inflazione ferma al 3%. Come cambia lo scenario globale senza la locomotiva asiatica

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L’economia cinese frena e ora sono guai per tutti. Solo 6,7% di pil in più nel 2017 è l’obiettivo fissato dal premier Li Keqiang contro il 6,7% del 2016 (il dato peggiore dal 1990). Eccola la nuova normalità che tutti avevano previsto ma speravano di vedere il più tardi possibile. E pesano anche «situazioni più complicate e gravi, che possono causare instabilità e incertezza stanno visibilmente crescendo». Sì, insomma, lo spettro di Donald Trump agita anche la locomotiva cinese. Che locomotiva non sembra più e ora minaccia la stabilità dello sviluppo globale.

Non aiutano gli altri numeri, da sogno per qualunque economia occidentale ma insufficienti per un gigante da 1,3 miliardi di abitanti. L’inflazione resterà al 3% con 11 milioni saranno i posti di lavoro creati in più (erano stati 13,5 l’anno passato). La soluzione in vista potrebbe essere nell’innovazione, tradotta come maggiore apertura alle «imprese straniere di partecipare nei progetti tecnologici e scientifici nazionali». Big data, Iot e connessione sempre maggiore sono le sfide del futuro per la Cina, con le aziende americane pronte ad approfittarne per uno dei paradossi della globalizzazione: AT&T, infatti ha stretto un accordo con China Mobile in piena guerra commerciale tra i due Paesi.

E mentre Trump annuncia tagli alle agenzie ambientali, Pechino va controcorrente annunciando la riduzione dei consumi di energia di almeno il 3.4% per unità del Pil e nuovi sforzi anti inquinamento, con la sostituzione del carbone con elettricità e gas naturale in 3 milioni di case. Ma basterà a mantenere la stabilità del Paese e il dinamismo di una delle economie centrali per il futuro globale? Lo scopriremo in autunno, quando il 19esimo Congresso del Partito comunista sarà chiamato a rieleggere o sostituire il presidente Xi Jinping.