Ristorazione: boom di aperture e… fallimenti

Un nuovo esercizio su quattro chiude dopo due anni. Il 40% è guidato da imprenditori under 35, ma spesso con poche competenze

I giovani scommettono (a torto) sul business della ristorazione. Stando infatti ai dati della Fipe-Confcommercio, bar, bistrot, ristoranti e take away vengono aperti a ritmo continuo.

Tra gennaio e settembre 2014, ne sono stati inaugurati 687 a Roma e provincia, 679 a Milano e 576 a Torino e provincia, per un ritmo di due aperture al giorno.

Di questi, il 40% è gestito da imprenditori con meno di 35 anni, convinti che il settore della risotorazione sia più creativo e abbordabile rispetto ad altri comparti. Sbagliato.

POCA PREPARAZIONE. Sebbene non ci siano dati certi, la Fipe-Confocommercio stima che il 27% di queste attività chiude i battenti nel giro di due anni. Tradotto: una su quattro è una scommessa fallita. A incidere sarebbero la sottovalutazione dei costi fissi e la mancanza di reali competenze.

«Quello che sta avvenendo ricorda le tute blu che negli anni ’80 si improvvisavano imprenditori», commenta Luciano Sbraga, direttore ufficio studi Fipe, «ma oltre alla volontà per sfondare serve un’idea originale e un pensiero coerente, quello che gli addetti ai lavori chiamano concept. Basta un errore e si può compromettere il lavoro di mesi».

CAPITALI A RISCHIO. Uno scivolone che rischia di costare caro non solo ai giovani, ma anche alle proprie famiglie: nella maggior parte dei casi le banche non concedono finanziamenti e i soldi necessari per la start up vengono sborsati dai genitori o dai nonni dei giovani imprenditori.

Le cifre sarebbero così stimate: 125 mila euro per un ristorante di 150 mq da circa 100 posti; 56 mila euro per un bar da 80 mq. E le cifre non comprendono le spese di esercizio, quali affitto e personale.

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