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True-Luxury: chi conta davvero nel mercato del lusso

Sono 17 milioni i top spender dell’alto di gamma: a loro fa capo il 30% di tutto il mercato. Ecco come conquistarli, e non rischiare di perderli grazie al made in Italy

Chi comanda davvero nel mondo del lusso? The Boston Consulting Group ha provato a capirlo analizzando i comportamenti di acquisto di 12 mila tp spender (almeno 36 mila euro all’anno in acquisti di alta gamma) in 10 Paesi per la quarta edizione del True-Luxury Global Consumer Insight.

Nel 2016 i consumatori di prodotti luxury sono stati 415 milioni in tutto il mondo, per una spesa complessiva di 860 miliardi (a esclusione di auto e yacht). Una fascia di consumatori sempre più importante e destinata a crescere fino a quota 490 milioni nel 2023 pr una spesa complessiva di 1.185 miliardi di euro. In questo universo, pero, c’è una fascia più importante, quella dei True-Luxury. Cioè il 4% dell’intera platea (17 milioni di soggetti) capaci di assorbire 250 miliardi di spesa, pari al 30% dei consumi totali. Una polarizzazione che rispecchia. «I consumatori True-Luxury, la parte alta della piramide del lusso, continuano ad avere un forte appetito e un trend di crescita sano e stabile, resistente nonostante lo slow down del mercato complessivo», commenta Nicola Pianon, Senior Partner & Managing director di Bcg, responsabile della Practice Fashion & Luxury di BCG in Italia. «A rallentare è la parte di consumatori aspirazionali che sta contraendo il passo, soprattutto negli acquisti di beni di lusso personale»

CINA PATRIOTTICA, AMERICA ESIGENTE. Se il mercato lusso in generale rallenta (in particolare i beni personali nel segmento aspirazionale), la parte più alta della piramide, trainata da cinesi e americani, mostra una crescita stabile sia nei beni personali sia nel consumo esperienziale (+6-7%). Questi consumatori prevedono in futuro di incrementare la spesa in calzature, borse, profumi & cosmetici, e di diminuirla in piccola pelletteria e in cravatte e foulard di seta. Attenzione, però, crescono i consumi “locali” per i True-Luxury Consumers. I cinesi, per esempio, passano dal 39% del 2014 al 65% del 2016 come percentuale di acquisti “fatti nel mercato domestico”.

Il 50% dei consumatori (soprattutto Millennials e americani) percepisce in misura crescente un disallineamento tra prezzo e valore del prodotto, dovuto ad aumento dei prezzi, ma anche a diminuzione della qualità e a una perdita di esclusività dei brand e dei prodotti. Una percezione che indurrà un consumatore su due a non comprare più il brand in questione. Un brand su quattro (dei 230 monitorati) corre questo rischio. Il 50% dei consumatori True-Luxury trova che non vi sia più equilibrio tra prezzo pagato e valore del prodotto.

QUALITA’ INNANZITUTTO. Anche se il made In Italy è considerato in tutto il mondo il primo Paese per qualità della manifattura di beni di lusso personali (29% di preferenze contro il 23% della Francia e il 12% degli Usa, ma è un primato da difendere con le unghie ha spiegato Mediobanca in occasione della Settimana della Moda). «Significa», commenta Nicola Pianon, «che la qualità offerta e l’esclusività non sono più considerate adeguate ai livelli di prezzo richiesti. La reazione è la rinuncia all’acquisto, la ricerca di prodotti off-price sui canali fisici o digitali che lo consentono, o il trading down, verso i prodotti offerti da marche premium o addirittura verso fast fashion come Zara o H&M».