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Vocazione al lavoro

Un innegabile legame associa il cristianesimo protestante alla nascita del capitalismo, anche se la “turbo-finanza” di oggi è ben lontana dalla società ideale concepita da Lutero e Calvino

Germania, anno 1905. Nel pieno della Belle Époque, in un’Europa pacificata, economicamente in salute e ancora lontana dalla tragedia della Prima Guerra Mondiale, viene dato alle stampe il più importante saggio del celebre sociologo e filosofo tedesco Max Weber: L’etica protestante e lo spirito del capitalismo. È a partire dalla pubblicazione di quest’opera, capace di influenzare un’intera generazione di studiosi, che il cristianesimo protestante comincia a essere analizzato in un’ottica completamente nuova, almeno per quel tempo. Per la prima volta, infatti, Weber attribuisce alla Riforma di Martin Lutero e di Giovanni Calvino, che ha cambiato il corso della storia religiosa europea, un ruolo importantissimo anche in campo economico. La diffusione dell’etica protestante in alcuni Paesi del Vecchio Continente, secondo il grande sociologo tedesco, fu infatti la precondizione necessaria per la nascita del capitalismo moderno, cioè di una classe di imprenditori dediti al lavoro, che non ricercavano soltanto il profitto fine a se stesso, ma lo reinvestivano sistematicamente in nuove attività, per generare e accumulare ulteriore ricchezza.

L’ASCETISMO MONDANO

Anche se il titolo dell’opera di Weber fa un riferimento generico all’etica protestante, in realtà l’attenzione dello studioso tedesco si concentrava su un obiettivo specifico: il pensiero di Calvino che, a differenza di quello di Lutero, contribuì allo sviluppo di una nuova concezione della vita terrena, secondo la quale il successo nel lavoro e l’arricchimento personale possono essere interpretati come un segno della benevolenza e del favore di Dio. Per entrambi i pensatori protestanti, infatti, l’uomo è predestinato e «nulla

può fare, con le sue corte braccia, per arrivare sino a Dio». Né il libero arbitrio (su cui insiste un teologo cattolico come Erasmo da Rotterdam), né le opere di bene possono salvare l’umanità dal peccato originale e dall’insindacabile giudizio del Creatore che, anche per i protestanti, si trova ovviamente in una condizione di

assoluta onnipotenza. A differenza di Lutero, però, Calvino propone più convintamente una visione dell’esistenza basata sul concetto di “ascetismo mondano”: ogni uomo, pur essendo predestinato, riesce comunque a instaurare un rapporto con il Creatore (ascesi) se, e solo se, nella vita terrena (cioè nella mondanità) si impegna a diventare uno strumento attivo dei programmi e dei disegni divini. Calvino trasferisce dunque alla mondanità il concetto di vocazione, che nel cattolicesimo è riservato soltanto a chi entra a far parte di un particolare ordine religioso o si dedica alla rigida vita dei monasteri. Per l’etica calvinista e protestante, invece, ogni individuo può seguire la propria vocazione professionale (Beruf) con lo stesso rigore e ascetismo che caratterizzano l’esistenza monacale.

ECONOMIA E CALVINISMO

Questa particolare visione della vita, in cui il lavoro assume una valenza quasi religiosa, per Weber ha creato un solido retroterra per la genesi del capitalismo moderno, soprattutto in alcune nazioni europee come i Paesi Bassi o l’Inghilterra del XVII e XVIII secolo, da cui è partita la prima rivoluzione industriale. In Gran Bretagna, per esempio, il filosofo tedesco sottolinea l’importantissimo ruolo culturale svolto dal puritanesimo, il movimento religioso sorto nell’ambito del calvinismo d’Oltremanica, con l’obiettivo di riformare la Chiesa Anglicana. I puritani furono, infatti, tra i sostenitori della rivoluzione inglese di Oliver Cromwell, il condottiero che nel 1649 portò alla temporanea destituzione della monarchia e all’avvento di una repubblica parlamentare, fortemente voluta dai ceti borghesi e dalle classi più produttive del Paese. Nel corso del tempo, però, l’accostamento tra protestantesimo e capitalismo ha trovato diversi oppositori. Già nei due decenni successivi alla pubblicazione del saggio weberiano, per esempio, una parte della storiografia ne ha evidenziato alcune contraddizioni, sottolineando come una mentalità proto-capitalistica esistesse anche prima dell’avvento della Riforma luterana e calvinista in molte città mercantili dell’Europa del Sud, tutte di tradizione cattolica, da Venezia alla Toscana, sino alla Penisola Iberica. Altre forme di capitalismo, basate inoltre su una fiorente industria finanziaria, erano nate anche nel Medioevo, nei Comuni del Centro e persino del Meridione d’Italia, la cui economia perse importanza nei secoli successivi, non tanto per motivi religiosi, quanto piuttosto per ragioni geo-politiche, legate alla scoperta delle Americhe, che spostarono verso l’Oceano Atlantico il baricentro degli scambi commerciali. Secondo i critici del pensiero weberiano, insomma, la diffusione dell’etica protestante e calvinista non basta, da sola, a spiegare la genesi di un fenomeno storico ed economico così complesso come l’avvento del capitalismo.

USURA E INTERESSI

Che sia giusta o meno l’analisi di Weber, una cosa comunque resta certa: la dottrina religiosa calvinista segnò un cambiamento importante nel rapporto tra la concezione del denaro e la tradizione religiosa, soprattutto per quel che riguarda la liceità dell’usura. Mentre il cattolicesimo e lo stesso Lutero avevano un giudizio fortemente negativo sulla concessione di denaro in prestito, la posizione di Calvino fu indubbiamente molto più aperta. Nella Lettera a Claude de Sachin del 1540 e nei suoi Commenti alle Sacre Scritture, il pensatore religioso svizzero giustificò il pagamento di un interesse sul capitale, considerandolo altrettanto ragionevole quanto la riscossione di una mezzadria su un terreno. Secondo Calvino, infatti, alcuni passi del Nuovo Testamento (come quello contenuto nel Vangelo di Luca: «mutuum date nihil inde sperantes», date in prestito senza sperare nulla in cambio) dovevano essere considerati come un invito alla carità cristiana, piuttosto che come una vera e propria prescrizione morale.

L’IDEALE PROTESTANTE PER UNA SOCIETÀ ORDINATA, SECONDO FULVIO FERRARIO

L’ETICA DEL LAVORO

Pur giustificando la riscossione di interessi in denaro, però, il pensiero religioso calvinista si accompagna a una visione della società molto lontana da quella che oggi caratterizza il “turbo-capitalismo” contemporaneo che, in un mondo globalizzato, rischia di creare un’economia sempre più sganciata da qualsiasi prescrizione di tipo etico. Come ha messo in evidenza più volte Mario Miegge, docente emerito di filosofia teoretica all’Università di Ferrara e autore di diversi saggi sul protestantesimo, in realtà Calvino ebbe il merito di nobilitare il lavoro, considerandolo il mezzo attraverso cui si realizza la vocazione religiosa. Inoltre, il pensatore di Ginevra promosse sempre l’idea di un’economia subordinata ai comandamenti divini e regolata dalle autorità politiche, in cui gli scambi e il perseguimento del profitto si svolgevano nel pieno rispetto dei principi cristiani e per il perseguimento del bene comune. Non c’era affatto, insomma, quell’idolatria del denaro che oggi sembra invece dominare molti strati della società capitalistica, dagli Stati Uniti alla Cina, passando per l’Europa.

I CONCETTI-CHIAVE

Usura Nei Sermoni sull’usura, Lutero condanna la concessione di denaro in prestito con interessi, affermando che questo deve essere gratuito. Diverso è invece il punto di vista di Calvino, che ha invece una posizione molto più aperta e legittima la riscossione degli interessi in denaro, considerandola una pratica ragionevole quanto il pagamento di una mezzadria su un terreno.

Lavoro Nel protestantesimo, c’è un’etica del lavoro molto profonda, basata sul concetto di Beruf, che in tedesco significa vocazione (intesa anche e soprattutto come vocazione professionale). L’etica della Riforma valorizza particolarmente il lavoro, cui ogni individuo può dedicare lo stesso rigore e ascetismo che caratterizzano l’esistenza monacale.

Produttività È correlato al tema precedente, perché il lavoro/vocazione va approcciato con zelo e coscienza, bandendo l’inattività. La ricchezza così prodotta non deve però essere fine a se stessa, ma va reinvestita come bene sociale al fine di migliorare la società, se non addirittura di creandone un nuovo modello. Sono i principi che, secondo Weber, caratterizzano il “self made man” e l’imprenditoria borghese.

Elemosina Pur promuovendo la carità cristiana, il protestantesimo (e in particolare il calvinismo) segnano una rottura nella concezione dell’elemosina, per come veniva intesa dalla dottrina medievale. Ai poveri, secondo Calvino, devono essere dati gli strumenti per lavorare e per non rimanere nell’ozio, evitando così la vita mendicante.

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MARTIN LUTERO (1483-1546) Teologo tedesco e ispiratore della Riforma Protestante, fu scomunicato nel 1521 da Papa Leone X, dopo la pubblicazione delle 95 tesi, in cui sfidò la dottrina della Chiesa di Roma. Il protestantesimo di Lutero si basa fondamentalmente sulla teoria della Giustificazione per Fede, che afferma l’inutilità delle indulgenze e delle buone azioni per arrivare a Dio. Il cammino verso il Creatore può avvenire soltanto attraverso un percorso fideistico