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Consob, con la crisi Piazza Affari ha bruciato 460 miliardi di euro

Il quadro dell’Authority di garanzia: dal 2007 ad oggi, l’indice è passato dal valere il 47,8% del prodotto interno lordo al 28,6% attuale

La crisi vista dagli occhi della Borsa italiana. A raccontarla è la Consob nel Seminario del 40° anniversario dell’Authority dando i numeri della capitalizzazione di Piazza Affari dal 2007 a oggi: sette anni fa era il 48,7% del pil, alla fine del 2013 era al 28,6% e si confrontava con il 57% dello stesso rapporto in Francia e con il 42% in Germania.

Il Ftse Italia All share vale 460 miliardi. A frenare l’azienda nel percorso verso la quotazione sono, tra gli altri, gli gli alti costi diretti per la quotazione ma anche gli indiretti: il mantenimento dello status di quotata può costare oltre 3 milioni l’anno. L’operazione di per sé costa tra 600 mila euro e 8 milioni di spese organizzative e di documentazione, cui si somma un corrispettivo tra l’1,8 e il 4,5% del valore dell’offerta per spesare i servizi di collocamento.

OPACITA’. «Per molte aziende l’opacità è meglio della trasparenza e l’assetto casalingo è preferito alla corporate governance», è l’opinione del presidente di Borsa Italiana Massimo Tononi che ha stigmatizzato l’«arretratezza culturale» dell’imprenditoria italiana: «La carenza di capitali non è legata solo alla carenza dell’offerta, ma anche a quella della domanda: le imprese sono sottocapitalizzate perché preferiscono questo aspetto rispetto alla perdita del controllo e perchè hanno una naturale diffidenza verso gli investimenti esterni».

A tenersi lontane dalla Borsa sono soprattutto le Pmi: sono il 61% quelle non quotate, pur rappresentandoil 96% del mondo imprenditoriale. Eppure quella della Borsa sarebbe la via privilegiata per finanziarsi: la leva finanziaria delle imprese italiane è al 48%, contro il 42% della Germania e il 34% della Francia. E l’esposizione è tutta verso le banche (66,5% contro il 30% di Regno Unito e Usa).

NOVITA’. Dopo l’addio di Fiat, la Consob punta a inserire anche in Italia il voto maggiorato, già introdotto con il dl Competitività dalla politica. Il provvedimento prevede per tutte le società (quotate e non) la possibilità di emettere azioni a voto maggiorato.