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Dopo Twitter, ecco perché Snapchat sarà una bolla

Parte l’Ipo del social network giovane: le previsioni sono ottimistiche. Ma l’esempio dei cinguettii ricorda che la prima regola resta quella dei ricavi

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Oggi 2 marzo è il gran giorno di Snapchat. O meglio di Snap Inc., la società del social network dei giovani che si quoterà al New York Stock Exchange (col nome di SNAP). Sarà la più importante quotazione degli ultimi anni dopo quella di Alibaba. Le previsioni sono ottimistiche: sarebbero già stati raccolti 3,4 miliardi di dollari, con la vendita di 200 ilioni di azioni a 17 dollari (la forchetta iniziale era tra i 14 e i 16). Il tutto porta a una quotazione complessiva di 23,8 miliardi dollari.

C’è voglia di scommettere, anche se il social network inizia a mostrare le prime crepe. Colpa del modello di business, che fatica a portare ricavi. Perché sono quelli la prima voce che conta in Borsa. E come insegna l’agonia di Twitter, non è facile fare soldi in un settore dominato da Facebook. Zuckerberg ha provato a comprare Snapchat, ma – di fronte al rifiuto – ha deciso di copiarlo e seppellirlo prima con le Instagram Stories, poi importando il modello anche con la Stories di Facebook e gli status a scadenza di WhatsApp. Un accerchiamento che magari porterà poco a Facebook, ma di certo farà male a Snapchat.

Goldman Sachs, una delle banche coinvolte nel processo di quotazione, ha previsto che il fatturato di Snap possa crescere fino a 2 miliardi di dollari entro il 2018, quintuplicando le sue entrate del 2016. Forse è troppo presto, però: al momento dell’Ipo i concorrenti sapevano già come fare soldi: Google con AdWord, Facebook con le sue inserzioni e Twitter con i Promoted Tweets (o almeno in questo caso ci credeva). Snapchat, invece, punta su due idee parallele – filtri sponsorizzati e minispot non avendo ancora capito su qualche via puntare.