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Lavoro

Lavoro, ricomincio da cinquanta

Negli ultimi due anni sono rimasti a casa in 20 mila, molti non più giovanissimi. Appena uno su tre rientra in azienda, ma soltanto in settori e su posizioni specifiche. Così raddoppia il numero di quelli che si mettono in proprio. Vi raccontiamo dove (e come) conviene reinventarsi

Meno 20 mila. È il record negativo dei manager italiani licenziati negli ultimi due anni. E se ricollocarsi non è facile per nessuno, sono i professionisti più anziani, lasciati a casa dopo molti anni di servizio, a rischiare di più. La buona notizia è che uno su tre riesce comunque a rientrare in azienda anche dopo i 50 anni. La cattiva è che nella maggior parte dei casi questo avviene a patto di accontentarsi di uno stipendio (e una posizione) inferiore. A poco è servito il bonus di 10 milioni di euro stanziato dal governo e destinato ad aumentare la competitività delle aziende con l’inserimento (incentivato) dei dirigenti disoccupati over 50. Se l’impresa ritiene di non aver bisogno di un professionista navigato, infatti, non c’è incentivo che valga. Però la strada è questa. E nella stessa direzione va il contratto dei dirigenti del terziario che favorisce il ricollocamento dei senior al minimo contrattuale. Da un lato l’azienda risparmia perché paga una risorsa di valore non più di 50 mila euro, busta paga ridotta in certi casi anche del 20, 10 e 5% per i primi tre anni. Dall’altro il manager può far leva su una percentuale di retribuzione variabile pari ad almeno il 50% del fisso e legata ai risultati.Nonostante questo la situazione rimane critica. «I dirigenti hanno naturalmente un forte turnover e ogni anno circa il 20% del totale esce dall’azienda, volontariamente o meno», spiega a Business People il presidente di Manageritalia Guido Carella. «Soprattutto negli ultimi anni tra quelli licenziati o usciti con accordo consensuale, ritrovare un incarico è diventato sempre più difficile, soprattutto per chi ha più di 50 anni: a distanza di un anno dall’uscita solo il 37% si è rioccupato come dirigente o come quadro, il 38% ha trovato incarichi di tipo temporaneo o nella consulenza e il 5% è diventato imprenditore. Rimane purtroppo un buon 20% ancora alla ricerca di un nuovo incarico». Forse la vera soluzione, al di là degli incentivi, è un’altra. E si trova tutta nelle mani di chi ha perso il lavoro, magari pensando di essere a due passi dalla pensione, mentre invece è sempre più lontana. Possiamo riassumerla con due parole: flessibilità e imprenditorialità. Significa essere capaci di cambiare ancora, e dopo tanti anni, per star dietro a un mondo in continuo movimento. Significa anche contare sulle proprie forze per ricominciare, da soli, senza grandi corporation alle spalle, oppure rifugiandosi da piccole realtà. Questo è lo spirito. Ma come agire concretamente? «Bisogna puntare alle relazioni, quelle vere, costruite in tanti anni di carriera», dice Marco Tagliabue, presidente di Aiso, l’associazione che raccoglie l’80% delle società di outplacement italiane. «Non fare spam del proprio curriculum: meglio rendersi di nuovo visibili, imparare a usare i social network e nello stesso tempo essere pronti a valutare tutte le possibili opportunità. Nella mia esperienza, seguendo diverse operazioni di outplacement, ho visto molti senior rientrare prima come consulenti per tre mesi, poi farne altri 12 di rinnovo e alla fine venire assunti. È questo il nuovo percorso di inserimento, con contratti non tradizionali, a termine o a progetto. Ed è questo il motivo per cui quasi il 40% dei candidati trova oggi la propria nuova opportunità nella strada dell’imprenditorialità, quando fino a qualche anno fa, prima della crisi, la percentuale non superava la metà».Poi, certamente, per rientrare nell’acquario serve l’aiuto di un professionista specializzato in ouplacement che aiuti ad individuare tutte le potenziali opportunità anche in settori diversi da quello di provenienza. O il supporto di un cacciatore di teste. «Non è questione di età, ma di predisposizione mentale. Questo fa la differenza quando si vuole o si è costretti a cambiare. Cambiare settore, cambiare progetto e diventare protagonisti di se stessi», ne è convinta Maurizia Villa, managing director di Korn Ferry Italia. Ma dove si trovano le migliori opportunità per ricollocarsi o reinventarsi?

QUI È PIÙ FACILE

LE DIVISIONIInformation technologyRisorse umaneLogistica

I SETTORINo profitTurismoManifatturiero

LE SITUAZIONIRistrutturazioni finanziarieRiposizionamentiCambi generazionali

«Hanno bisogno di manager senior le aziende con grandi e complessi progetti in corso, ristrutturazioni finanziarie, riposizionamento», continua Villa, «oppure i gruppi che devono managerializzarsi, o che hanno problemi di successione, o ancora che vogliono internazionalizzare il business o sviluppare le capacità produttive. In tutti questi casi la persona giusta deve avere esperienze a tutto tondo, essere in grado di portare valore aggiunto. Meno fertile invece il terreno delle multinazionali, che al momento offrono posizioni nelle filiali italiane ma con poca autonomia e compiti sostanzialmente esecutivi».Per chi esce dal mondo della finanza, invece, la strada quasi obbligata. Secondo gli headhunter è tempo di self employment: sono in molti ad aprire piccole “boutique”di advisory, consulenza e gestione patrimoniale. «Il senior che arriva qui per riposizionarsi», conclude Villa, «deve compiere tre passi: fare un esame di coscienza per capire disponibilità e apertura mentale, analizzare la propensione al rischio e infine accettare eventuali compromessi economici». Almeno all’inizio, perchè poi, dicono i cacciatori di teste, il pacchetto retributivo torna quello di prima. Solo che ci vuole tempo. Allora è meglio avere un paracadute di riserva. Quale?«Il primo consiglio è trattare bene l’uscita dal lavoro per andarsene con le spalle coperte», racconta Francesco Benvenuti, presidente di Key2People. Poi servono i professionisti dell’executive search. «Quando un top manager viene da me, capiamo insieme, e lo facciamo subito, se c’è possibilità di rientrare nell’acquario o se invece non sia meglio, e più proficuo, aprire una attività in proprio. In questo secondo caso, il segreto è scoprire le caratteristiche professionali e attitudinali, spesso anche nascoste dopo tanti anni di onorato servizio. È una analisi che porta alla luce chi è davvero il manager, cosa ha fatto e dove vuole andare. E a questo punto si può ripartire con un processo di inserimento alternativo». Quali le migliori opportunità? Insomma, da dove si riparte? «Il caso del manager che adesso è un attore famoso è forse una eccezione, ma il senso è questo. Ci sono molte opportunità nell’impresa sociale, per esempio. Oppure nel turismo, grande patrimonio dell’Italia, dove c’è tanto da fare e dove consulenti e professionisti sono molto richiesti». Il settore più caldo per chi invece vuole a tutti i costi rientrare? «Il manifatturiero. A patto di spostarsi, anche solo per andare in Emilia Romagna, ma davvero basta spingere la porta». Parlando di inquadramento, invece, il discorso cambia. «Un direttore di funzione», conclude Benvenuti, «fa più fatica a rientrare in azienda a 50 anni rispetto a un amministratore delegato o a un general manager».Insomma, di posizioni ce ne sono, bisogna però saperle andare a cercare. «C’è spazio per i dirigenti senior nell’It e nelle risorse umane, negli acquisti e nella logistica», dice spulciando il proprio database Nadia Sillano, a capo del marketing italiano di Experteer, piattaforma europea specializzata in recruiting online di middle e top manager, «mentre vedo meno chance nel marketing o nell’amministrazione e finanza. E guai a snobbare Internet, che sta diventando un canale privilegiato anche per il recruiting dei manager senior. Il 28% riesce a rientrare come dirigente, alcuni con uno stipendio più basso, come succede nel 34% dei casi, mentre un buon 21% apre la partita Iva e si dedica alla consulenza o al temporary». MANAGER A TEMPO

PUNTARE SULLE PMI

Sono il cuore dell’economia italiana, ma il tasso di managerialità è bassissimo: meno di un dirigente per ogni 100 impiegati. Proprio per questo potrebbero essere la porta giusta per rientrare. Ne è convinto anche Giorgio Ambrogioni, da poco riconfermato alla guida di Federmanager: alle Pmi potrebbero andare le competenze e la professionalità dei manager in esubero. Ne trarrebbero benefici per il business e per il Paese.