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Lavoro

Vado o non vado?

Abbiamo chiesto a due top manager italiani se è meglio spostarsi spesso da un’impresa all’altra o restare fedeli a una sola, magari per tutta la vita. Ecco le loro storie

L’idea di Beatrice Cornacchia, account leader di MastercardSanno quello che valgo, per questo non vado via. Vi spiego i vantaggi di non cambiare mai casaccaNel 1991, Beatrice Cornacchia lavorava già nella stessa azienda in cui lavora adesso: Mastercard, la multinazionale statunitense delle carte di credito. Poche persone, come lei, oggi conoscono la storia della società. E poche donne, almeno in Italia, sono riuscite ad avere il suo stesso percorso di carriera: da semplice segretaria a dirigente su scala internazionale. Oggi, infatti, Cornacchia è account leader del gruppo Mastercard a livello europeo e gestisce tutti i rapporti dell’azienda con un colosso bancario del calibro di IntesaSanpaolo. Prima ancora, ha ricoperto l’incarico di direttore marketing per l’Italia e la Grecia e, poi, per tutti i paesi del Vecchio Continente. Ma la particolarità del suo percorso lavorativo è soprattutto un’altra: in quasi 20 anni, Cornacchia è rimasta fedele all’azienda dove ha mosso i primi passi. Una rarità; in genere i manager cambiano “casacca” nel giro di pochi anni, spostandosi da un’impresa all’altra in cerca di maggiori guadagni e avanzamenti di carriera.

Nessuna esperienza professionale, dunque, al di fuori di Mastercard?Soltanto una: prima ancora di laurearmi, ho lavorato per un breve periodo nella società fondata da mio padre, una piccola azienda di import-export di Roma. Fin dall’inizio, però, mi sono accorta che qualcosa non andava.

Cosa?Benché fossi ancora giovane e senza esperienza, per tutti ero comunque la figlia del capo, e come tale venivo trattata. Io, invece, volevo camminare con le mie gambe.

Dunque?Subito dopo la laurea in lingue, ho iniziato a presentare in giro diverse candidature e ho fatto due concorsi: uno per Alitalia e uno per Mastercard. Li ho vinti entrambi ma ho preferito la seconda azienda.

Scelta azzeccata….Direi di sì, visto che ci sono ormai da quasi vent’anni.

Perché non ha mai cambiato?Per un motivo molto semplice: durante tutta la carriera, mi sono sempre sentita valorizzata. Ho cominciato dal basso e non me ne vergogno: ero una semplice assistente dell’amministratore delegato della filiale italiana. Fin dall’inizio sentivo però di crescere professionalmente ogni giorno. Va detto, tuttavia, che sono stata pure fortunata.

FEDELE

19 anni Passati da Beatrice Cornacchia in Mastercard

3 occasioni Molto valide di cambiare azienda

1 segreto Bisogna cambiare anche all’interno dell’azienda, se il proprio ruolo diventa stretto

In che senso?Mi sono trovata nel posto giusto, al momento giusto. Quando venni assunta, il settore delle carte di credito in Italia era infatti ancora agli albori: in tutta la Penisola avevamo appena 400 mila clienti, meno di quelli che oggi abbiamo nella sola città di Milano. E nella sede della italiana società, l’organico era composto solo da due persone: l’amministratore delegato ed io. Lavoravo sempre al suo fianco e ascoltavo le sue conversazioni con i colleghi. Tutti i giorni, insomma, imparavo il mestiere del manager.

In 19 anni, avrà avuto di sicuro altre offerte di lavoro…Certo. Per la precisione, ho ricevuto tre proposte veramente importanti.

Perché le ha rifiutate?Perché Mastercard ha sempre fatto quello che fa ogni azienda quando vuole trattenere un dipendente: una contro-offerta interessante a cui non ho potuto dire di no. I vertici della società, insomma, hanno sempre dimostrato di voler investire su di me e sulla mia crescita professionale.

Trascorrere così tanto tempo nello stesso ambiente, tuttavia, può essere un po’ una limitazione. Non trova? Direi che la risposta dipende dalle singole storie professionali. Io ho preferito rimanere nella stessa azienda ma non ho rinunciato ad affrontare nuove sfide. In una multinazionale, la possibilità di cambiare ruolo e rimettersi in gioco non manca mai. Il rischio, non mi ha mai fatto paura.

Un consiglio ai suoi colleghi: ogni quanto tempo devono mettersi in discussione e decidere di affrontare un nuovo percorso professionale?Non appena capiscono che il loro ruolo attuale è diventato stretto. In questo caso, è bene cercare una nuova collocazione. Poco importa se a offrirla è la stessa azienda in cui si lavora oppure è un’altra società. Ciò che conta è la sostanza. Con il termine sostanza intende forse anche la retribuzione? La retribuzione è importante ma non è tutto. Prima ci deve essere un percorso di crescita professionale. Quando si cambia posizione lo si fa soprattutto per accrescere le proprie competenze e per imparare a gestire nuove realtà. È una condizione irrinunciabile.

Molti pensano che nel mondo bancario e finanziario si dia ancora troppo poco spazio alle donne. È d’accordo?A giudicare dalla carriera che ho alle spalle dovrei dire di no. Non nego, tuttavia, che il mondo della finanza sia ancora molto maschile e troppe donne hanno difficoltà nel farsi spazio. La maggior parte delle posizioni di vertice sono ancora occupate da uomini. Per questo, all’interno di Mastercard partecipo a un gruppo di lavoro che punta a ridurre le barriere legate all’identità di genere. Stiamo cioè cercando di aiutare molte nostre colleghe a conciliare le proprie aspirazioni di carriera con gli impegni familiari, tipici del mondo femminile.

Rimarrà dentro il gruppo Mastercard fino alla pensione?Chi lo sa. Non posso certo stabilirlo a priori. Finché in questa società potrò esprimere al meglio le mie energie professionali, non vedo proprio il motivo di cambiare.

Parla il “globetrotter” Antonio Cortina (Carrefour mobile)Per crescere bisogna accettare nuove sfide: per questo ho già lavorato in tre aziendeAntonio Cortina, 39 anni, amministratore delegato di Carrefour Italia Mobile (Cim), lavora nel settore delle telecomunicazioni da quasi 13 anni e ormai lo conosce come le proprie tasche. Ma la sua carriera non è stata certo monotona: per ben tre volte, infatti, ha deciso di cambiare azienda, per rimettersi in gioco e iniziare una nuova sfida professionale. Rimanere per troppo tempo nello stesso posto, non gli è mai piaciuto. Lo capì sin dal 1997, quando lavorava all’Italtel, con una laurea in ingegneria in tasca, conseguita pochi mesi prima al Politecnico di Milano, la sua città natale. A quel tempo, in Italia, il comparto della telefonia era in pieno fermento, grazie all’arrivo impetuoso del processo di liberalizzazione del mercato Per questo, Cortina decise di cogliere la palla al balzo e di accettare un’ offerta di lavoro proveniente da Infostrada, la prima società che nel nostro paese ha osato gettare il guanto di sfida all’ex-monopolista Telecom Italia. Da allora, la sua carriera è sempre stata caratterizzata da numerosi cambi di posizione e da nuovi incarichi di responsabilità, fino a quello attuale: la guida di Cim, l’operatore della telefonia cellulare controllato dal gruppo Carrefour, che Cortina ha traghettato verso il pareggio finanziario.

Perché ha deciso di cambiare più volte azienda?Credo che per un manager saper mettersi in discussione sia quasi un dovere. Dopo un po’ di anni trascorsi nella stessa società, i margini di crescita professionale si riducono inevitabilmente. Allora arriva il momento di cercare nuove sfide all’esterno.

Nel gruppo Wind-Infostrada, però, lei è rimasto circa 10 anni. È stata una lunga parentesi…È vero. Va detto, tuttavia, che la società ha subito molte trasformazioni durante la mia permanenza: sono cambiati più volte gli azionisti di maggioranza mentre il business dell’azienda ha seguito di pari passo l’impetuoso sviluppo delle telecomunicazioni, prima con la rottura del monopolio pubblico, poi con l’avvento di Internet e della banda larga. In realtà, stare 10 anni dentro il gruppo Wind-Infostrada, ha rappresentato per la mia carriera un cambiamento continuo.

Ogni quanto tempo un dirigente come lei dovrebbe guardarsi in giro, per cercare nuove occasioni di lavoro?Direi che una regola precisa non esiste. È pur vero, tuttavia, che oggi il turnover, cioè il ricambio di organico all’interno delle aziende, sta diventando sempre più intenso. Nell’arco di due o tre anni, per un manager di alto livello arriva sempre il tempo dei bilanci.

In Italia, però, si dice che prevalga spesso la cultura della conservazione. Chi ha posizioni di potere tende a difenderle con le unghie e con i denti. Non è così? È vero. È una tendenza che si riscontra in molti ambiti della vita sociale, per esempio nella politica ma anche nel mondo delle imprese. Nel nostro Paese, purtroppo, i giovani talenti spesso fanno fatica a emergere: magari arrivano ai piani alti della scala gerarchica, ma difficilmente riescono a salire sul gradino finale che li porta al vertice dell’impresa. Io, però, non posso lamentarmi: sono stato nominato alla guida di Cim a 39 anni, cioè in un’età non troppo avanzata. Il fatto che i nostri azionisti di maggioranza siano stranieri e non italiani, probabilmente ha influito molto.

Quali sono le difficoltà maggiori che incontra un dirigente d’azienda non appena decide di “cambiare casacca”? Nel mio caso, le problematiche più importanti sono emerse nella gestione della fase di start-up. Quando ho deciso di cambiare posizione, infatti, sono andato sempre in aziende che partivano praticamente da zero, con un business tutto da costruire. Sono state sfide impegnative ma anche appassionanti.

Ha già deciso quando lascerà Carrefour Italia Mobile? Assolutamente no, visto che sono impegnato a curare il decollo dell’azienda e ho ancora molte cose da fare e da imparare. Quello che so di certo, però, è che la mia permanenza in questa società non durerà fino alla pensione.

SI RIPARTE!

39 anni Antonio Cortina, a.d. di Cim

3 Aziende Italtel, Wind e Cim in meno di 15 anni

2-3 anni Il tempo che consiglia di restare in una società

Prima o poi, insomma, passerà il testimone a un collega…Certo, ed è naturale che sia così. Aggiungo anche un’altra promessa: arrivato a 65 anni, di sicuro smetterò di fare il manager e lascerò spazio a chi avrà energie professionali un po’ più fresche delle mie.

In futuro potrebbe anche abbandonare anche il settore delle telecomunicazioni? Non credo. Le telecom sono forse l’unica costante di tutta la mia carriera. È il settore che conosco meglio e che più mi piace. Non nego, però, che fin da giovane ho avuto anche un’altra passione: quella per l’economia e la finanza. Il mio percorso professionale mi ha permesso dunque di conciliare le competenze tecniche di ingegnere, acquisite sui banchi dell’università,con l’aspirazione a confrontarmi con il mondo del business.

Può tirare un primo bilancio della sua esperienza di amministratore delegato di Cim?I risultati sono indubbiamente positivi: abbiamo appena raggiunto il pareggio finanziario e superato la soglia dei 200 mila clienti. Non è poco, se si considera gli ultimi tre anni sono stati caratterizzati dalla più grave crisi economica della storia.