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Lavoro

Crisi nera? Ripresa rosa

Continuano ad aumentare le donne che fanno carriera. Sempre più simili agli uomini per atteggiamento nei confronti del lavoro, sono concentrate in alcuni settori e in alcune regioni. la riscossa potrebbe partire da loro

Quando il sistema economico ripartirà, ci accorgeremo che qualcuno ha colto l’occasione della recessione per aumentare il proprio peso in azienda, approfittando dello smarrimento generale di fronte a condizioni di mercato così incerte da rallentare la capacità di reazione degli altri. Probabilmente questa persona porta la gonna. Le donne, infatti, hanno conquistato peso nel sistema economico lentamente lungo i decenni e, se oggi quasi una su due lavora, non hanno la minima intenzione di farsi confinare a casa dalla recessione, fosse anche la crisi peggiore del secolo. Questo quadro emerge da un recente studio di Manageritalia, la Federazione nazionale dirigenti, quadri e professional del terziario privato. E non a caso è questa organizzazione a fotografare il fenomeno, infatti il terziario (pubblico e privato) è ancora oggi una roccaforte femminile. Nei servizi privati le quote rosa sono da anni predominanti e se sono lavoratrici il 56,6% degli operai e il 54% degli impiegati, si trovano molti nomi terminanti per “a” anche tra i quadri e i dirigenti (rispettivamente con il 28,2% e il 17,8% del totale, secondo gli ultimi dati Manageritalia).

Sempre più donne al topLa ripresa ci sorprenderà più “rosa” perché l’occupazione femminile sembra tenere con un +0,3% di lavoratrici rispetto a settembre 2007, mentre quella maschile è calata nello stesso periodo del -0,6%. questo è in parte comprensibile guardando ai settori più colpiti dalla crisi: i licenziamenti sono concentrati soprattutto nel manifatturiero, che offre impieghi ancora tipicamente maschili. E non finisce qui: infatti, aumentano consistentemente anche le dirigenti con una crescita tra il 2001 e 2007 del 92%, un vero boom che ha dello straordinario per quanto riguarda il terziario privato con il +140%. Le donne che lavorano si confermano una minoranza, anche se consistente: il 42,7% del tasso di occupazione femminile è ancora molto distante dall’obiettivo di Lisbona del 60% entro il 2010. Negli ultimi due anni però, a fronte di una crescita dell’occupazione complessiva del 10%, le lavoratrici sono aumentate del 16% e i lavoratori appena del 6,9%. Se continua questo trend, la meta si avvicina.È molto importante che l’occupazione femminile continui a crescere, soprattutto in un periodo di crisi. Infatti, gli impieghi delle donne hanno una caratteristica preziosa per rilanciare l’economia: producono altri posti di lavoro. Siccome tendono a ricadere sulle donne le incombenze domestiche e la cura dei bambini, dei malati e degli anziani della famiglia, man mano che le casalinghe trovano un impiego, aumenta la domanda di babysitter, badanti e colf, e questo crea ulteriore ricchezza per il Paese. Inoltre, le aziende con più diversità di genere si sono rivelate le più produttive sotto diversi punti di vista (vedi Business People, gennaio 2009).

Donne e uomini sempre più ugualiNon è questo il contesto idoneo ad approfondire un’analisi sociologica sulle conseguenze del lavoro delle donne, ma la ricerca di Manageritalia sottolinea come i due generi siano sempre più simili nel loro approccio alla professione. Questo si manifesta soprattutto ai vertici delle imprese e appare in due diverse statistiche: la prima riguarda la vita quotidiana in azienda, la seconda le diverse opinioni sulle opportunità aperte dalla crisi. Non è più vero, secondo Manageritalia, che gli uomini tendono ad avanzare maggiormente nella carriera perché lavorano molto di più. Le donne manager, infatti, dedicano alla professione appena un’ora a settimana in meno (con 50,3 ore totali invece di 51,4). Viaggiano all’estero il 68,8% delle dirigenti a fronte del 71,9% dei colleghi e sono disponibili ad assumere responsabilità aggiuntive più di loro (alla proposta di un nuovo incarico risponderebbe affermativamente l’87,6% delle donne e solo l’83% degli uomini). Certo, il legame con la famiglia resta fortissimo e su una cosa le manager non sono disposte ad acconsentire quasi mai: allontanarsi da casa per trasferimenti di lungo periodo. Dà questa disponibilità solo il 5% delle lavoratrici con incarichi dirigenziali, una percentuale che raddoppia tra i colleghi maschi (10,8%).Oltre che nel comportamento, i manager di entrambi i sessi sono molto simili anche nelle opinioni. Interrogati dalla federazione dei dirigenti del terziario su quali benefici avrebbe potuto eventualmente portare la crisi hanno dato le stesse risposte: una positiva riorganizzazione aziendale (indicato dal 35% delle donne e il 31% degli uomini), l’emergere di nuove opportunità (secondo il 30% delle donne e il 41% degli uomini) e una revisione dello stile di management (per il 29% delle donne e il 25% degli uomini).

Ma non così identiciLe grosse somiglianze che la ricerca di Manageritalia rileva tra i due generi nell’approccio al lavoro non si riflettono in un’effettiva parità. Anche nel terziario privato, uno dei settori più femminili in assoluto, la grande maggioranza delle aziende (il 68%) non ha neanche una donna dirigente e, in tutto il sistema economico italiano, porta la gonna appena un manager su quattro (il 25,4% del totale). L’altra faccia della medaglia è che il precariato è una condizione che riguarda soprattutto le donne a cui vanno ben il 56,1% dei contratti atipici.Le lavoratrici sembrano inoltre confinate in alcuni ambiti. Nel terzo millennio le donne che lavorano si ritrovano ancora per lo più nei modelli del passato, con l’istruzione e la sanità dominate dalle lavoratrici (vi rappresentano il 69,3% del totale dei dipendenti). Le donne che lavorano nei servizi sono maggioritarie (rappresentano il 52% del totale), mentre sono quasi assenti nell’industria (dove è donna meno di un dipendente ogni quattro, il 23,8% del totale) e decisamente minoritarie in agricoltura (il 32,9% del totale). Al contrario, le donne riescono ad avanzare nella carriera nei settori più femminili: in primis istruzione e sanità dove rappresentano il 37,4% dei dirigenti, poi nei servizi (con il 28,4%) e nella pubblica amministrazione (26,8%).Anche geograficamente, le donne manager appaiono concentrate in alcuni ambiti territoriali. Per questa statistica, la ricerca di Manageritalia fa riferimento solo alle dirigenti del terziario. L’Italia che ne emerge è spaccata in due: da una parte il Nord Ovest e il Centro che sono particolarmente ricchi di donne in carriera con rispettivamente il 15,1% e il 14,2% di dirigenti del terziario in gonnella, dall’altra Nord-Est e Isole molto più indietro con una quota rosa circa del 10%. Spicca positivamente il caso di Milano, dove il sindaco Letizia Moratti non è l’unica cittadina a essersi affermata professionalmente: in città, il 21,4% dei manager del terziario è donna. Inoltre le giovani si dimostrano particolarmente capaci e determinate: le quote rosa tra i dirigenti dei servizi che ancora non hanno compiuto 40 anni sono molto maggiori che nella fascia di età successiva (41-45).

Dare slancio al lavoro femminileIl presidente di Manageritalia Claudio Pasini ha rivolto al ministro per le pari opportunità le sue proposte per valorizzare l’apporto delle donne e utilizzare la leva rosa contro la crisi. Secondo gli studi della federazione, sarebbe necessario per prima cosa un fisco meno punitivo per le famiglie e le spese familiari (Pasini propone l’introduzione del quoziente familiare e di buoni per l’acquisto di servizi), il miglioramento della normativa sui congedi parentali, una maggiore diffusione del telelavoro e incentivi per il part-time: «La crisi deve essere un momento nel quale mettere in campo tutte le migliori risorse per ridare slancio e sviluppo all’economia e le donne sono sicuramente tra queste».

Numeri da ripresa

485mila donne manager

+140% aumento nel terziario privato dal 2001 al 2007

25,4% del totale

fonte: Manageritalia