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Lavoro

I robot sono amici del lavoro umano. Anche di quello più antico

L’Intelligenza artificiale non ruberà il posto a nessuno dicono i manager intervistati da Capgemini. E quante buone notizie per musicisti e insegnanti

I robot non ruberanno il posto a nessuno, anzi. A dirlo sono i manager intervistati da Capgemini per Turning AI into concrete value: the successful. Secondo l’83% delle imprese intervistate, l’intelligenza artificiale crea nuove posiizoni nelle aziende e apre prospettive enormi di sviluppo. In Italia, in particolare, più di 2 aziende su 5 (44%) stanno implementando progetti di IA su larga scala. L’Italia si posiziona al terzo posto tra i Paesi analizzati. La classifica vede al primo posto l’India, con il 58% delle società che sta già utilizzano l’Intelligenza Artificiale su larga scala, segue l’Australia (49%), quindi l’Italia (44%) e la Germania (42%).

I ROBOT SONO AMICI DEL LAVORO UMANO

Secondo il 94% delle aziende italiane intervistate, l’IA sta creando nuovi posti di lavoro: l’Italia, assieme alla Spagna, è in testa a questa classifica, in particolare per i ruoli manageriali (i più numerosi, secondo l’89% delle opinioni). E le “maestranze”? Nessuna paura, l’88% delle aziende italiane ha già avviato in modo proattivo corsi di formazione/aggiornamento per i dipendenti in modo da gestire l’impatto dell’IA. Insomma, il 63% delle aziende italiane si aspetta di aumentare del 20% i propri investimenti in IA fino al 2022, seguendo la divisione degli investimenti implementati finora: Finance (21%), Customer Service (20%), Sales & Marketing (19%), IT (17%), Gestione della catena di distribuzione (16%) e Risorse Umane (7%).

LA “SALVEZZA” DELLE VECCHIE PROFESSIONI

A dare man forte a questi dati sono anche gli studi di The European House – Ambrosetti. Nello scenario più probabile delineato a partire dai dati Istat, il 14,9% degli occupati potrebbe perdere il lavoro nei prossimi 15 anni (3,2 milioni di posti). A compensarli ci saranno i posti di lavoro nei nuovi settori – dalle tecnologie alla life science: per ogni nuova posizione ne nasceranno 2,1 di indotto.

Ma è anche interessante la valutazione che gli esperti di Ambrosetti fanno della “indispensabilità” delle conoscenze attuali: i comparti in cui il rischio di sostituzione uomo-macchina è maggiore sono il settore agricoltura e pesca (25%), il settore del commercio (20%) e quello manifatturiero (19%). Mentre tra i settori che presentano le percentuali più basse ci sono l’istruzione, i servizi per la salute con il 6% e il settore dei servizi di informazione e comunicazione (9%).

Insomma, le tante bistrattate professioni antiche e intellettuali, godranno di una nuova vitalità grazie alla quarta rivoluzione industriale. In particolare, i lavoratori che posseggono un diploma in belle arti o diploma di conservatorio (pari a circa 242.600) presentano il rischio più basso di essere sostituiti dalle macchine, pari al 5%. Mentre tra i lavoratori a rischio più alto ci sarebbero «i tecnici matematici, i commercialisti e gli analisti di credito, che tradizionalmente possiedono un livello di istruzione elevato ma svolgono mansioni facilmente sostituibili grazie alle nuove tecnologie e innovazioni digitali (software e algoritmi capaci di effettuare calcoli complessi con una maggiore accuratezza e minor tempo rispetto all’uomo)».