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Lavoro

La crisi ha ucciso il contratto a tempo indeterminato

Dal 2008 al 2013 i posti «fissi» sono crollati del 46,4%. In cinque anni bruciati un milione di posti di lavoro

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Posto fisso addio. A dirlo è la Uil che in uno studio sull’andamento del mercato del lavoro tra il 2008 e il 2013 tratteggia la crisi dei contratti a tempo indeterminato.

In cinque anni – mentre sono stati bruciati un milione di posti di lavoro – i contratti stabili sono crollati del 46,4% (in crescita quelli determinati del 19,7%). on un progressivo spostamento dell’offerta verso i contratti a tempo determinato, aumentati del 19,7%.

Le assunzioni con forme contrattuali precarie nel 2008 erano il 72,7% del totale, l’anno scorso sono state l’80,9%. Dal tempo indeterminato all’apprendistato, l’incidenza dei contratti fissi è scesa al 19,1% del 2013 rispetto al 27,3% del 2008.

Un quadro immutato nel primo trimestre del 2014, secondo il Servizio Politiche del Lavoro del sindacato: 4 attivazioni su 5 sono temporanee e rimane altissima la quota dei contratti a termine, circa 1.583.808, che sfiorano il 67% sul totale. I nuovi contratti a tempo indeterminato, invece, si sono fermati a 418.396, il 17,6%, le colloborazioni all’8% (189.922), mentre i rapporti di apprendistato sono stati 56.195 pari al 2,4% del totale.

Il dato più pesante è però il confronto sui contratti totali: nel 2008 erano undici milioni le persone avviate al lavoro, nel 2013 solo nove. Nel 2013 è il Lazio la regione in cui si concentra il maggior numero di attivazioni di contratti, circa 1,4 milioni, sorpassando così la Lombardia che ne denuncia 1,3 milioni al secondo posto, dunque, seguita dalla Puglia con 1 milione di attivazioni. Lazio e Puglia, però, sono anche le regioni più “flessibili” con una media di almeno 2 contratti annui a lavoratore.

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