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Lifestyle

La moda italiana va a gonfie vele (e assume)

Il fatturato dei big delle passerelle corrisponde al 4% del Pil italiano. Luxottica è in testa alle vendite; Valentino cresce più degli altri

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Il mercato della moda in Italia non va mai in crisi. Anzi, fattura sempre di più, tanto da essersi aggiudicato un valore pari a 4 punti percentuali del prodotto interno lordo nazionale nel 2015. Il dato è stato reso noto dall’ultimo rapporto del centro studi Mediobanca, che ha analizzato lo stato di salute delle aziende più importanti nel settore della moda con un fatturato superiore ai 100 milioni di euro. I numeri parlano chiaro: con un giro d’affari di 62,6 miliardi di euro suddivisi in 140 imprese del settore, la moda italiana è in ottima salute e ha registrato un aumento del fatturato del 9,4% rispetto al 2014 e del 28,4% rispetto al 2011.

Guardando alla classifica dei primi 15 grandi nomi delle passerelle, rispetto al settore manifatturiero l’aumento è stato netto: +30% di fatturato tra il 2011 e il 2015 e il 30,7% di dipendenti in più nel periodo rispetto ai gruppi della manifattura, cresciuti del 7,7% e con un +12,8% di lavoratori.

LA CLASSIFICA. In cima alla graduatoria italiana si piazza Luxottica, con 8,8 miliardi di fatturato (che passeranno presto in mano ai francesi di Essilor). Seguono Prada (3,5 miliardi), Armani (2,6 miliardi), Calzedonia (2 miliardi) e Otb (Diesel, Marni, Maison Margiela, 1,5 miliardi). Ma nella top 15 rientrano anche Ferragamo, Max Mara, Safilo, Zegna, Dolce & Gabbana, Benetton, Valentino, Tod’s, Lir e Moncler. Complessivamente, queste hanno registrato un margine operativo del 12% (contro quello delle aziende manifatturiere del 4,2%), e limitato l’impatto dei debiti finanziari al 21,7%, contro il 149,9% della manifattura.

Tra le aziende che crescono di più, Valentino è in testa a un tasso di +102% dal 2011 al 2015, mentre Luxottica è quella che conta più dipendenti (78.334 persone). Nell’insieme, tutte hanno buoni margini di fatturato e un debito finanziario che in media incide per il 31,8% sul capitale netto.

IL CONFRONTO COI FRANCESI. Guardando all’estero, la Francia ottiene quote simili alle aziende italiane, con 17,1 miliardi, appena sotto i 17,3 miliardi del Belpaese. Ma qui occorre fare un’importante distinzione tra il numero di gruppi che contribuiscono a queste cifre: in Italia, a spartirsi il bottino sono 140 aziende, in Francia solo 31. Le eccellenze tra i cugini d’oltralpe sono Lvmh (35 miliardi di fatturato) e Kering (11,5), poi Essilor (6,7 miliardi), Chanel e Hermès. Se si volesse immaginare una classifica congiunta dei primi 15 gruppi, l’Italia occuperebbe 9 posizioni, ma alla Francia spetterebbe il 73% del fatturato aggregato, pari a 89,2 miliardi.