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Lifestyle

Zara lancia i vestiti “tracciabili” anti sfruttamento

La rivoluzione partirà dai negozi brasiliani: un codice identificherà il percorso produttivo. L’obiettivo è allontanare le accuse di schiavitù e abuso della manodopera infantile

Zara inaugura la rivoluzione dei vestiti tracciabili. Proprio come la frutta e la verdura al supermercato, i prodotti del colosso del fast fashion riporteranno sull’etichetta accanto a taglia, prezzo e composizione anche un Qr code che permetterà al cliente di scoprire la storia del capo. Un modo originale e tecnologico pensato da Inditex per allontanare le accuse di sfruttamento dei lavoratori. Scansionando il codice, si potrà scoprire la storia del prodotto, dalle materie prime alla commercializzazione. In particolare si proverà a ribattere alle accuse di facili subappalti a piccoli laboratori nei Paesi in via di sviluppo che non adottano le condizioni di sicurezza e di rispetto delle norme sul lavoro. «Il cento per cento della produzione di Zara in Asia è lavoro infantile», ha accusato di recente il leader del movimento pachistano che si batte contro lo sfruttamento infantile, Ehsan Ullah Khan (Bllf).

Non a caso, il progetto partirà proprio dal Brasile il cui governo ha accusato Inditex di pratiche «analoghe alla schiavitù» dopo che nel 2011 era stato scovato a San Paolo un laboratorio dove il personale lavorava fino a 15 ore al giorno per poco più di 100 euro mensili proprio al confezionamento di abbigliamento per il marchio spagnolo. Le successive vittorie in tribunale e la controdenuncia davanti al Tribunale supremo di Brasilia nei confronti nel governo non sono bastati a ripulire l’immagine di Zara. Che ora ci riprova con la tecnologia dopo aver intensificato i controlli sulla filiera.