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Lifestyle

Pitch & Putt, la nuova moda del golf

Per limitare costi e tempo da spendere sui green, si sta affermando sempre di più questa nuova disciplina: si disputa su buche par 3 e necessita di appena tre bastoni. Le armi per vincere? Sangue freddo e talento innato nel gioco corto

La lista è lunga… Si va da «il gioco corto vale più del 50% di tutto quello che si fa in campo» a «per fare 18 buche ci si mette sempre più tempo, cinque ore non bastano e molti non se le possono permettere». E ancora: «Il golf costa, sia per l’attrezzatura che per l’iscrizione, per il green fee e la gara, per la manutenzione del campo e la quantità stessa di terreno che serve per accoglierlo » e «il putt da 10 centimetri conta sullo score come il drive da 260 metri. La potenza, da sola non risolve, serve il controllo». Sono solo alcuni dei concetti di forte attualità che, in buona parte dell’immaginario collettivo, seppur non sempre completamente veri, caratterizzano il mondo del golf. Concetti che, se assumono per alcuni una connotazione negativa (il tempo, la difficoltà del gioco corto, i costi), per molti sono invece uno sprone a fare meglio (aumentare il tempo dedicato a putting green, pitching e chipping); o una delle caratteristiche ambite (la possibilità di isolarsi per alcune ore); come anche un problema ormai non più così vero (il golf è, oggi, molto più accessibile, sia come costi di ingresso che per la pratica durante l’anno).Qualsiasi sia la prospettiva da cui ci si ponga, sempre più persone, in giro per il mondo, sono convinte che la soluzione o la risposta esistano e siano sintetizzate nel Pitch & Putt, ovvero il golf giocato su un percorso “ridotto” in cui, di fatto, a farla da assoluto e unico padrone è, appunto, il gioco corto.

PER IL P&P UN ANNO IMPORTANTE È STATO IL 1999 QUANDO, A DUBLINO, VIENE FONDATA LA EUROPEAN PITCH AND PUTT ASSOCIATION (EPPA) CON LA PARTECIPAZIONE DI IRLANDA, GRAN BRETAGNA, CATALOGNA, FRANCIA, OLANDA ED ITALIA. LA FEDERAZIONE ITALIANA PITCH & PUTT (FIP&P) VEDE LA LUCE, INVECE, UN ANNO PRIMA, NEL 1998, ED È OGGI COMPONENTE DELLA INTERNATIONAL P&P ASSOCIATION (IPPA).

UNA COSA SERIA Sgombriamo subito il campo da qualsiasi possibile pensiero inappropriato sottolineando, innanzitutto, che stiamo parlando di “una cosa seria”: organizzata, riconosciuta, gestita e con ambizioni tutt’altro che banali. E, dato non secondario, in crescita di attenzione e partecipazione. Presenta già una certa tradizione (i primi segnali datano degli anni ‘40) e da oltre 15 anni esprime la propria presenza con organismi nazionali e internazionali a presidio e organizzazione delle attività agonistiche, normative e regolamentari. Anche il P&P, infatti, è regolamentato da un preciso set di norme che la Federazione Italiana applica per il comportamento in campo, le gare nazionali e internazionali, e che si riferisce a quanto previsto dai regolamenti stabiliti dalla Ippa (International pitch & putt Association) e riconosciuti dal R&A.

ENTRIAMO IN GARAPer qualcuno potrà sembrare un sacrilegio, per qualcun altro la fine di un incubo: essere sul tee e non dover iniziare con il driver. Niente più driving contest, hook e slice che finiscono fuori limite o in ostacoli d’acqua, là dove la pallina può sfuggire anche alla vista più acuta. E, poi, guardando meglio nella sacca, alla ricerca di un legno tre, un ferro lungo, almeno uno medio… niente. Solo ferri corti. E non ci riferiamo a quanto, in epoche lontane, caratterizzava duelli e scontri tra cavalieri. Ma al pitching wedge, forse un ferro 9, a sand e lob. In più, se per il golf la limitazione si ferma a 14 bastoni, per il pitch & putt il numero di bastoni che il giocatore è autorizzato a portare in campo è pari a tre di cui uno è necessariamente il putter. Siamo, infatti, su un percorso fatto solo di buche par 3 in cui precisione, concentrazione, approcci e putting non solo vengono messi “sotto pressione”, sono gli unici protagonisti.

LA PRIMA NOVITÀ FARÀ PIACERE A MOLTI: QUANDO SI ARRIVA SUL TEE NON C’È L’INCUBO DEL DRIVER

L’obiettivo è così, dal tee, raggiungere subito il green e puntare a chiudere la buca con il minimo numero di putt. A cui affiancare, quando necessario, le uscite dai bunker, il chipping e ogni tipo di “soluzione” quando il tee shot non avesse raggiunto il target. Il gioco corto, che rappresenta oltre il 50% del golf, diventa in questa situazione il gioco in sé. Un’esperienza molto utile poi anche per il golf classico. Lo stesso ritmo, l’intensità, la velocità con cui le situazioni di gioco corto si susseguono possono costituire un ottimo allenamento rispetto a quanto si verifica su un percorso 18 buche normale, migliorando l’attitudine a gestire e vivere la parte del gioco che più di ogni altra determina il risultato.

CONOSCIAMO IL CAMPOSe ci allontaniamo per un attimo dall’aspetto sportivo e puntiamo su quello “eco” (inteso sia come ecologico che economico), è importante sottolineare come l’area necessaria per un percorso di P&P equivalga solo al 5% di quella di un campo da golf tradizionale. Un parametro che non solo esemplifica la differenza che esiste tra due sport che, seppur molto affini, sono nettamente distinti, ma da cui discendono alcune delle caratteristiche che rendono il P&P una disciplina sicuramente capace di divertire e, particolare non trascurabile, economicamente accessibile. Un aspetto che rende peculiare il P&P è, quindi, il campo che, come detto, si compone di sole buche par 3. Ma questo non basta per fare di un percorso “executive” (così vengono denominati i percorsi di buche par 3, che alcuni circoli propongono oltre alle 18 buche da campionato) un campo da Pitch & putt. Le buche, infatti, devono rispettare alcune misure ben precise: 40 metri minimo e massimo 90 metri. E anche la lunghezza totale di un percorso di 18 buche ha un limite, non può eccedere i 1.200 metri. Tra le indicazioni (tratte dal sito federale www.federpitchputt.it) vi sono poi anche quelle che riguardano le caratteristiche dei green (possibilmente sopraelevati, protetti da bunker e/o avvallamenti con erba, sempre visibili per l’intera superficie dal tee, prevedendo una pendenza e/o un lieve dislivello) e la loro dimensione che deve mantenersi tra i 6 e i 10 metri di diametro in relazione alla lunghezza della buca. Anche per quanto riguarda i fairway, viene indicato un minimo consigliato per la larghezza (25 metri) e, anche con un occhio alla sicurezza, per la distanza tra quelli di due buche vicine che non deve essere sotto i 40-50 metri (considerando la rispettiva linea centrale). In Italia sono molti i percorsi par 3, anche se non tutti con le caratteristiche previste per essere inseriti tra quelli in linea con i criteri del P&P. Può essere interessante, in proposito, seguire il calendario degli eventi anche internazionali che, come spesso capita per il golf, possono costituire un ottimo motivo per decidere di andare a conoscere nuovi percorsi anche all’estero.

REGOLE E HANDICAPOltre che normali giri per divertimento e per il sano confronto con il campo e gli amici, esistono competizioni di livello. Le gare si svolgono di norma sulle 9 o 18 buche. Le federazioni internazionali sono molto attive per l’organizzazione di eventi che coinvolgano giocatori di più Paesi e, laddove possibile, anche location di grande appeal (vedi l’evento alla Reggia di Caserta). In linea di principio, le regole applicate sono quelle del golf con alcune varianti per meglio gestire le peculiarità del P&P: fondamentale quella, ovviamente, del limite di tre bastoni da portare in campo; oppure, il tempo di ricerca della pallina che è di tre minuti (rispetto ai cinque) o l’area di partenza che è la stessa sia per gli uomini che per le giocatrici. Sempre in tema di tee di partenza, è utile sapere che questo può essere in materiale sintetico e, quando è costituito da un tappetino, è proprio questo a determinare la dimensione stessa dell’area da cui effettuare il colpo.

LE GARE SONO SU 9 0 18 BUCHE. È UN MIX DI VELOCITÀ COSTI RIDOTTI E FATICA CONTENUTA

Altro aspetto che subisce una significativa modifica rispetto al golf, è il sistema di attribuzione e movimentazione dell’handicap. Rimandando alle tabelle ufficiali per il dettaglio completo, ad esempio un handicap 5,5-7,4 nel golf diventa un 3 nel P&P; un 15,5-17,4 di golf diventa un 8. Analogamente, anche le virgole, le variazioni di Hcp e le zone neutre seguono valori e parametri specifici. In chiusura, da ricordare che se 18 buche giocate stableford portano a un punteggio del tutto simile a quello su un percorso da golf normale, 18 buche medal in par ammontano a 54 colpi.

CONCLUDENDO…l Pitch & putt si presenta come un ottimo modo per estrarre una delle essenze del gioco del golf, la parte che ne esprime il momento cruciale e decide le gare: quando la pallina viene messa nella buca. È un mix di velocità di gioco (1 ora 45 minuti si stima il tempo normale per completare 18 buche), costi ridotti (solo tre bastoni), fatica contenuta (sacca leggera da portare e poco più di un chilometro da percorrere). Ritmo, intensità e velocità, continua e ripetuta prossimità al momento cruciale del gioco: sicuramente un’esperienza divertente e da provare. Cosa ci può essere di meglio? Tirare un drive da 280 metri. Ma questa è un’altra storia.

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© ThinkStock/Jacob Wackerhausen