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Orologi senza tempo

Compie vent’anni la campagna “Generazioni”, che celebrò la storia di Patek Philippe, la più antica manifattura ginevrina a conduzione familiare. Se intanto il mondo è cambiato, non è mutato il valore dei modelli della casa, capaci di creare un legame speciale lungo i decenni

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Nel mondo contemporaneo, che corre a una velocità forsennata, celebrare una pubblicità che compie vent’anni sembra una pura follia dell’effimero. E invece siamo di fronte al contrario dell’effimero: a qualcosa di duraturo, tendente all’eternità. Partiamo da lontano. Dal 1839, per l’esattezza, quando il fabbricante di orologi di origine polacca Antoine Norbert de Patek inizia a vendere segnatempo a Ginevra insieme a Franciszek Czapek, dal quale si separa nel 1844 per mettersi in società l’anno successivo con il francese Jean-Adrien Philippe, con l’intento, piuttosto ambizioso, di realizzare i migliori orologi del mondo. Mentre la “somma” dei rispettivi cognomi, per la denominazione che tutti ormai ben conosciamo, è del 1851, quando “Patek Philippe” diventa ciò che è tuttora: uno dei marchi – o, probabilmente, il marchio – che gli appassionati di tutto il mondo più associano alla vetta dell’orologeria meccanica di altissima gamma. Poi, nel 1932, avviene l’ultimo passaggio societario, con l’acquisizione da parte dei fratelli Stern, Charles e Jean, che da tempo realizzavano pregevoli quadranti anche per la stessa Patek Philippe.

LA NORMALITÀ DELL’ECCEZIONALELaura Gervasoni, d.g. Patek Philippe Italia

Da quegli anni di metà ‘800, in piena Età vittoriana, non c’è stata crisi, guerra, persecuzione religiosa, carestia o catastrofe che abbia impedito alla fabbrica orologiera Patek Philippe di proseguire la sua attività, rendendola, attualmente, la più antica manifattura ginevrina indipendente a conduzione familiare. E a cavallo di tre secoli è il marchio che ha realizzato gli orologi meccanici più complicati della storia, i più ricercati alle aste internazionali e quelli più ambiti nella fascia di prezzo che parte da ventimila euro e “spiccioli” (da sua “maestà” il Nautilus in acciaio, tanto per capirci) e arriva all’infinito (o quasi). Così, nel 1996, quando l’allora presidente Philippe Stern – oggi presidente onorario, con il figlio Thierry alla guida operativa dal 2009 – ha deciso di avviare una strategia di comunicazione capace di rappresentare il savoir-faire della propria azienda, l’agenzia londinese Leagas Delaney ha creato la campagna Generazioni, con i due celeberrimi slogan “Ogni tradizione ha un suo inizio” e “Un Patek Philippe non si possiede mai completamente. Semplicemente, si custodisce. E si tramanda”. Ad accompagnarli, immagini in bianco e nero di grandi fotografi come Peggy Sirota, Peter Lindbergh ed Ellen von Unwerth, che ritraggono due generazioni maschili o femminili a confronto (oppure oggetti riconducibili a loro), per contenuti dal forte impatto emotivo e dal valore universale.In estrema sintesi, spostare il focus dall’orologio e dal canonico – e purtroppo abusatissimo – maestro orologiaio svizzero intento a rifinire manualmente un pezzo, al legame simbolico che innesca il suo acquisto e il suo passaggio tra genitori e figli, di generazione in generazione e di polso in polso, è stata una mossa semplicemente geniale. Per una campagna pubblicitaria che non solo rappresenta alla perfezione il cliente di un Patek Philippe e la quarta generazione della famiglia Stern al timone aziendale, ma che – come un pezzo della manifattura di Plan-les-Ouates – col passare del tempo non invecchia, anzi.

OLTRE LE PUBBLICITÀA prescindere dagli azzeccatissimi payoff ideati da Leagas Delaney, è ciò che Patek Philippe ha creato a supporto della campagna di comunicazione Generazioni a farne un ulteriore esempio da imitare: un magazine, un museo, il “sigillo”, un’area esclusiva sul sito riservata ai proprietari, il certificato di origine e l’estratto d’archivio. Entriamo nel dettaglio.

Magazine – Lanciata nel 1996, in concomitanza con l’esordio della campagna Generazioni, la Rivista internazionale Patek Philippe (o Patek Philippe International Magazine) viene pubblicata due volte all’anno (in primavera e in autunno), è disponibile in otto lingue, italiano compreso, ed è destinata esclusivamente e gratuitamente ai proprietari di orologi della manifattura. L’originalità della pubblicazione – splendida in termini di qualità editoriale – sta nel fatto che oltre ai segnatempo, la rivista presenta una grande varietà di temi culturali e artistici, e riflessioni su stili di vita fuori dal comune e sulle tendenze, per un invito costante alla scoperta del bello che esula dall’orologeria in senso stretto, ma proprio per questo la nobilita.

Museo – Inaugurato nel 2001, il Patek Philippe Museum si trova in una costruzione art déco completamente restaurata, nel quartiere di Planpalais, in Rue des Vieux-Grenadiers, a Ginevra, ed è un vero e proprio tempio mondiale delle lancette. Difatti, nelle sue stanze sono allestiti più di cinque secoli d’arte orologiera, articolati su due periodi: la straordinaria collezione antica dal XVI secolo – che comprende il primo orologio mai stato costruito – e la collezione Patek Philippe dal 1839, compreso il fantasmagorico Calibro 89.

Sigillo – Patek Philippe è il solo marchio di qualità, con una lunga storia alle spalle, che garantisce la manutenzione di tutti i segnatempo della manifattura per tutta la loro vita, qualunque sia la data di fabbricazione, come, per esempio, un Calendario perpetuo del 1925 o un Calatrava Referenza 96 del 1932. A fronte di un simile servizio, nel 2009 la famiglia Stern ha deciso di abbandonare la certificazione di qualità del celeberrimo Punzone di Ginevra (dopo una collaborazione durata 123 anni!) per sviluppare il proprio marchio di qualità per gli orologi meccanici, ossia il “sigillo Patek Philippe”. Una certificazione che si applica all’insieme dell’orologio finito, e che attesta l’eccellenza orologiera comprendendo tutti i caratteri distintivi legati alla fabbricazione, alla precisione e alla manutenzione di un segnatempo d’eccezione.

Sito – Il benvenuto ai proprietari di orologi Patek Philippe lo dà direttamente Thierry Stern sulla sezione apposita del sito: patek.com/owners. E si tratta di una “porta di accesso privata” al mondo della manifattura ginevrina e dei suoi preziosi segnatempo, con contenuti esclusivi di approfondimento agli articoli apparsi sul magazine: fotografie, interviste e materiale d’archivio non pubblicato, ma anche notizie dai laboratori aziendali, nuovi modelli presentati in anteprima, fino ad articolate analisi nel campo delle innovazioni tecniche.

Certificati – Come per ogni orologio meccanico di alta gamma, anche tutti i Patek Philippe sono accompagnati da un certificato d’origine – ovvero la garanzia, che per essere valida dev’essere debitamente datata e timbrata da un concessionario autorizzato – che riporta tutti i dettagli che permettono l’identificazione di quello specifico segnatempo (anche negli archivi della sede centrale di Plan-les-Ouates). Il certificato d’origine è un documento unico che deve essere accuratamente conservato perché in caso di perdita non ne viene rilasciato alcun duplicato. E se negli ultimi anni sappiamo un po’ tutti che le garanzie non vanno buttate, diverso è il caso se abbiamo la fortuna di avere un nonno o un bisnonno che hanno speso un capitale, magari settant’anni fa, per allacciarsi al polso un Patek Philippe e tramandarcelo. Ecco allora che il concetto espresso negli slogan pubblicitari si fa concretissimo. Perché se il certificato d’origine è andato perduto, i solerti addetti della manifattura ginevrina ci vengono in soccorso con l’“estratto dagli archivi”: un documento che non sostituisce la garanzia perduta, ma che risulta come una incontrovertibile prova di autenticità. E che permette di conoscere le informazioni accuratamente repertoriate nei registri di fabbricazione dal 1839 a oggi: tipo di orologio, numero del movimento, calibro, numero di cassa, stile, tipo di quadrante, data di fabbricazione, data di vendita, tipo di bracciale e altre informazioni del caso. Questo documento può essere richiesto – anche online – per tutti i segnatempo di Patek Philippe che hanno più di cinque anni e arriverà a casa nel giro di nove settimane.

In conclusione, “Ogni tradizione ha un suo inizio” e “Un Patek Philippe non si possiede mai completamente. Semplicemente, si custodisce. E si tramanda”, non sono solo slogan estremamente efficaci che accompagnano la comunicazione dell’azienda da vent’anni. Sono realtà.

Credits Images:

Un padre e un figlio giocano a scacchi nella foto di Peter Lindbergh per la campagna Generazioni. L'anno è il 1997