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Lagarde: ecco come costruire il futuro dei giovani italiani

Il direttore del Fondo monetario internazionale inaugura l’anno accademico dell’Università Bocconi: riformare il mercato del lavoro, ridurre il cuneo fiscale, velocizzare la giustizia e far ripartire l’economia per dare speranza alle generazioni in crisi

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Il direttore del Fondo monetario internazionale, Christine Lagarde, è l’ospite d’onore dell’inaugurazione dell’anno accademico dell’Università Bocconi. Ecco qui il suo discorso integrale sul futuro dei giovani italiani.

Buongiorno a tutti;desidero ringraziare il Presidente Senatore Mario Monti e il Rettore, Prof. Andrea Sironi per la gentile presentazione. Illustri professori, studenti e ospiti, grazie per il caloroso benvenuto. È per me un grande onore tenere il discorso inaugurale all’Università Bocconi, una delle più prestigiose in Europa, anzi, nel mondo. PROSPETTIVA GLOBALE. Quello che ho sempre ammirato della Bocconi va ben al di là delle sue eccellenze accademiche e intellettuali. La Bocconi abbraccia veramente una prospettiva globale nei suoi curriculum, nella sua cultura, nei suoi valori. Lo spirito di tolleranza e il multilateralismo è presente nel vostro DNA! In questo, spero che siate d’accordo con me, siamo molto simili! E’ sempre un piacere per me tornare a Milano. Ogni volta mi viene in mente la mia prima visita a Santa Maria delle Grazie e il genio di Leonardo da Vinci. Pur avendo lasciato un segno in molte città durante la sua vita, è stato a Milano che il genio di Leonardo e il suo talento è cresciuto e ha iniziato a fiorire. Da Vinci è stato vero uomo rinascimentale, un visionario dai molti talenti, un precursore rispetto ai suoi tempi. È stato audace verso il futuro sfidando il presente, un uomo che non aveva paura di porre sfide ad altri. Uno dei suoi motti, che mi ha sempre colpito e che ho adottato come uno dei miei favoriti, è: “Chi poco pensa molto erra.” PENSARE IN GRANDE. Per questo, oggi, riflettendo sul mio argomento preferito, l’economia, vorrei che pensassimo un po’ più in grande. Iniziamo da una tela bianca, come Da Vinci, e immaginiamo il futuro. Normalmente utilizzeremmo colori vivaci per dipingere questo futuro, usando immaginazione, energia e speranza. Ma in questi giorni sembrano necessari colori più cupi, e proprio di questo vorrei parlarvi; delle grigie nubi dei letali problemi della crescita debole e della elevata disoccupazione, specialmente tra i giovani. Come possiamo riportare i colori della speranza in questo quadro? Sono seriamente preoccupata per il totale contrasto tra i benefici e le promesse che l’educazione porta con sé, qui alla Bocconi e altrove, e la dura realtà che molti giovani incontrano nel mercato del lavoro. Non riuscire ad applicare il loro ingegno alla realtà lavorativa, ad affinare le loro capacità nell’ambiente quotidiano di lavoro o a ottenere l’esperienza necessaria per intraprendere carriere di successo. Questo è diventato un problema diffuso in Europa e particolarmente grave in Italia. PROBLEMA PER LA SOCIETA’. Questo non è un problema solamente per i giovani. È un problema della società. La disoccupazione persistente non solo mina le attività economiche, ma mina l’autostima delle persone e lacera la struttura stessa della società e delle istituzioni, dando origine a disuguaglianze e a volte a violenza. Affrontare il problema della disoccupazione giovanile è pertanto una responsabilità comune, che deve essere gestita da governi, settore privato e dalla società nella sua interezza, sia a livello nazionale che a livello europeo. Con questo proposito, vorrei concentrarmi su tre argomenti chiave che possono aiutare a formare il vostro futuro:

  1. innanzitutto uno sguardo più approfondito sulla disoccupazione giovanile;

  2. quindi le iniziative che possono essere prese a livello nazionale per contrastarla; e

  3. infine le politiche a livello di zona Euro per integrare e rafforzare le politiche nazionali dirette a sostenere la crescita e combattere la disoccupazione giovanile.

DISOCCUPAZIONE GIOVANILE. Oggi la disoccupazione tra i giovani in Italia supera il 40 per cento, la percentuale più alta in quasi trenta anni. Se i disoccupati potessero formare una loro regione, sarebbe quasi grande quanto l’Umbria, 700 mila persone. Questi numeri farebbero accigliare la Monna Lisa, e non farla sorridere!

Il Fondo Monetario Internazionale pubblica oggi un rapporto chiamato La disoccupazione giovanile nell’Europa avanzata: alla ricerca di una soluzione che affronta questo stesso problema, non solo riguardo all’Italia, ma anche per altri paesi dell’Europa. Ecco due punti salienti di quel rapporto. Primo, quando la crescita è bassa, la disoccupazione giovanile è alta. In media, nei paesi europei avanzati, l’impatto che una crescita debole ha sui giovani è tre volte più grande che per i disoccupati adulti. Infatti, nei paesi economicamente più vulnerabili, durante la crisi circa il 70 per cento dell’aumento della disoccupazione giovanile può essere imputato alla debolezza della crescita. Questo cosa significa? La ripresa della crescita è una priorità assoluta. La nostra ricerca mostra che ogni punto percentuale di crescita del PIL in Italia, ridurrebbe la disoccupazione giovanile di 0,6 punti percentuali. A parità di condizioni, significherebbe che circa 10.000 persone potrebbero tornare a lavorare, un importante passo in avanti. Secondo, l’importanza delle istituzioni. In molti paesi, compresa l’Italia, la disoccupazione giovanile era già alta quando è esplosa la crisi globale. La crisi ha semplicemente peggiorato la situazione. Perché? Perché certe caratteristiche del mercato del lavoro, come gli alti livelli di protezione per i lavoratori con contratti a tempo indeterminato o gli elevati costi di assunzione, non favoriscono l’occupazione giovanile. E in paesi come l’Italia rendono la disoccupazione giovanile ancor più sensibile alla crescita economica. CIRCOLO VIZIOSO. Lasciatemi mettere questi due elementi in prospettiva e darvi un senso delle dimensioni. Tra il 1996 e il 2001 l’Italia è stata in grado di ridurre il tasso di disoccupazione totale di 7 punti percentuali crescendo in media ogni anno del 2 per cento. Il problema è che le nostre attuali previsioni di crescita sono assai più deboli, circa l’uno per cento annuo per i prossimi quattro anni. Allo stesso tempo, l‘inflazione rimane costantemente bassa, normalmente un chiaro segno che le risorse sono sottoutilizzate. Bassa crescita e bassa inflazione sono una miscela tossica. Esse creano un circolo vizioso; se ci si attende in futuro una bassa crescita, si investirà sempre meno, e quindi oggi si assumerà anche di meno. Superare questo circolo vizioso è una sfida non solo per l’Italia, ma per tutta l’Europa.

SFRUTTARE IL POTENZIALE. Ma ora lasciamo da parte i toni cupi nella nostra tela. Dobbiamo pensare in modo coraggioso e vivace quando agiamo, ed è necessario intervenire sulle riforme strutturali e le modifiche istituzionali che possono dar spazio alla produttività e alla crescita dell’Italia.

Creatore della “terza dimensione”, che ha dato origine alla prospettiva e perfezionato il contrasto, Leonardo ha rivoluzionato il modo in cui concepiamo gli oggetti e innoviamo. E come farebbe notare che un dipinto in 3D è molto più convincente e attraente per uno spettatore, così anche io vorrei presentare il mio insieme di riforme a tre dimensioni. La prima dimensione è la riforma del mercato del lavoro. Il mercato del lavoro italiano soffre per il problema che alcuni definiscono dualismo e che altri hanno chiamato problema “insider-outsider”. Gli insider hanno contratti a tempo indeterminato con un alto livello di tutela; mentre gli outsider, soprattutto giovani, sono assunti con contratti temporanei e ricevono un training ridotto.Questo non solo è ingiusto, ma anche inefficiente. Le imprese hanno pochi incentivi a investire nei giovani. Per questo il Jobs Act, e il suo obiettivo di creare un nuovo contratto di lavoro con una protezione gradualmente crescente, è così importante per combattere questo dualismo generalizzato e migliorare il mercato del lavoro per lavoratori e imprese. Un altro elemento importante del Jobs Act sono le politiche attive del mercato del lavoro. Queste prevedono aiuti affinché i disoccupati ricevano formazione e assistenza nella ricerca dell’impiego di cui hanno bisogno. Austria, Finlandia e Svezia dimostrano come tali politiche possano funzionare. In Svezia ad esempio, gli incentivi ai giovani disoccupati per ricercare attivamente un’occupazione sono accompagnati da un sostegno alla ricerca del lavoro e, se necessario, da addestramento e apprendistato. CUNEO FISCALE. Anche così però il Jobs Act dovrà essere accompagnato da misure finalizzate ad abbassare le aliquote fiscali marginali, o “cuneo fiscale”, che scoraggiano gli investimenti in lavoro e capitali. Nonostante i recenti sforzi, il carico fiscale sul lavoro in Italia rimane ben oltre la media Ocse. Perché ciò è così importante? Riportare il cuneo fiscale sul lavoro in Italia al livello della media europea potrebbe abbassare la disoccupazione giovanile di 4-8 punti percentuali. Questo potrebbe significare da 60 mila a 130 mila giovani che tornerebbero a lavorare. Mercati nuovi e aperti possono anche costituire forti catalizzatori per la creazione di posti di lavoro. Ad esempio, la liberalizzazione della professione legale e l’aumento della concorrenza nel settore al dettaglio potrebbe far aumentare la produttività e facilitare la mobilità di lavoratori tra i settori dove sono più richiesti. Ritorniamo a Leonardo da Vinci. Ha cambiato spesso residenza e lavoro, spostandosi da Milano, Firenze, Roma, Bologna e Venezia a Clos Luce in Francia, reinventandosi dovunque andasse, come pittore, scultore, ingegnere, anatomista, musicista e matematico. Un mercato del lavoro flessibile e aperto era essenziale per far prosperare lo spirito imprenditoriale e innovativo di Da Vinci. Questo è lo spirito e il dinamismo che vorremmo fosse riacceso in Italia – un’Italia ringiovanita per il Ventunesimo secolo. PROBLEMA GIUSTIZIA. La riforma del mercato del lavoro è dunque la prima dimensione. La seconda dimensione è rappresentata dalla riforma giudiziaria. Una delle cause maggiori della debolezza dell’ambiente lavorativo italiano è la lunghezza dei processi. Da alcune stime si rileva come in Italia ci vogliono oltre mille giorni per far valere in giudizio un contratto, più del doppio della media Ocse. E le disparità a livello regionale riguardo all’efficienza giudiziaria sono enormi, soprattutto nei tribunali del lavoro. Ad esempio, ci vogliono meno di 300 giorni per risolvere una controversia di lavoro in Piemonte o Trentino, ma ce ne vogliono oltre mille in Puglia o in Sicilia, regioni che presentano una situazione economica tra le più complesse. Una maggiore efficienza del settore giudiziario abbasserebbe il costo del credito, incoraggerebbe gli investimenti e dunque faciliterebbe l’impiego. La nostra ricerca sulle disparità regionali suggerisce infatti che dimezzare la durata delle controversie di lavoro aumenterebbe di circa l’8 percento la possibilità di ottenere impiego. Misure come il processo civile telematico introdotte all’inizio dell’anno possono permettere miglioramenti importanti in termini di efficienza. Il successo del Programma Strasburgo, adottato dal Tribunale di Torino è una dimostrazione importante del fatto che sviluppare gli indicatori di efficienza dei tribunali può aumentare la produttività e la responsabilità personale. Estendere questo approccio a ogni altra parte del paese potrebbe essere un promettente passo ulteriore. PALLA ALLE BANCHE. La terza dimensione riguarda il settore bancario, in cui la riforma è necessaria per renderlo più forte nel sostenere la ripresa soprattutto nel settore delle piccole e medie imprese. Attualmente il sistema finanziario italiano è onerato dai prestiti inesigibili e limitato nella sua capacità di offrire credito. La valutazione complessiva della Bce è stata un importante passo per definire l’entità del problema e i suoi possibili rimedi. Cosa bisogna fare? Ci vogliono regimi per i casi di insolvenza per aiutare imprese e famiglie a ripianare i loro bilanci. Lo stesso è vero anche per le banche. I tassi di cancellazione dei debiti devono essere significativamente incrementati per riportare il rapporto dei crediti inesigibili ai livelli pre-crisi. Per la stessa ragione, la rivitalizzazione delle piccole e medie imprese può essere di importanza cruciale per facilitare il flusso del credito nell’economia. Le PMI sono il settore portante dell’economia italiana, rappresentano circa l’80 percento della forza lavoro nel settore privato e il 70 percento del valore creato dalle imprese. E tuttavia, a causa della grande pressione fiscale e la bassa redditività, stanno soffrendo più delle grandi imprese per la crisi finanziaria. Una strategia mirata a favorire la ristrutturazione del settore delle PMI, darebbe impeto alla crescita e alla creazione di posti di lavoro. Ricapitolando: la riforma del mercato del lavoro, la riforma giudiziaria e la riforma del settore bancario sono le dimensioni che dobbiamo tenere in mente nel dipingere la tela di una forte crescita, su tutti i fronti e ricca di prospettive di lavoro in Italia.

SOSTEGNO ALLA RIPRESA. E a proposito dell’Europa? L’Italia è sempre stata un punto di riferimento nell’attività e per la stabilità Europea, e il futuro di Europa e Italia sono inestricabilmente collegati.

Infatti, perché le iniziative italiane abbiano successo devono essere accompagnate da una strategia condivisa a livello della zona Euro per sostenere una ripresa durevole e robusta. L’Eurozona deve dar fuoco a tutte le cartucce. Desidero iniziare con la politica monetaria. È stata sempre in prima linea nel panorama politico e deve continuare a giocare un ruolo cruciale a sostegno della domanda. La Bce ha intrapreso passi coraggiosi nei mesi recenti, annunciando ad esempio significative acquisizioni dirette di obbligazioni private. Queste iniziative dovrebbero aiutare a sostenere la domanda e a evitare i rischi di una inflazione persistentemente bassa. Se le prospettive di crescita e inflazione dovessero peggiorare ulteriormente, la Bce ha indicato che è pronta a diversificare ancor più il proprio bilancio, anche tramite l’acquisto di fondi sovrani. E’ un dato, questo, sicuramente positivo pur se la politica monetaria da sola non è sufficiente. Anche la politica fiscale ha un ruolo fondamentale da giocare – e le misure fiscali devono sostenere il più possibile la crescita e il lavoro. Pensare a progetti di infrastrutture pubbliche paneuropee, efficienti anche dal punto di vista dei costi, può aiutare a gettare le fondamenta di una crescita sostenuta. Basti pensare a investimenti transfrontalieri nei trasporti, comunicazioni e reti energetiche. Sono ingredienti chiave per sostenere l’innovazione e la crescita della produttività. In ultimo, notare bene, occorre una certa flessibilità nelle regole del Patto di Stabilità e Crescita per sostenere gli investimenti pubblici e l’implementazione di riforme strutturali. Queste possono variare da paese a paese, ma devono comprendere una razionalizzazione del carico normativo, l’apertura di settori di prodotti e servizi come quello dell’energia e sviluppare i mercati dei capitali. Tale flessibilità sarebbe auspicabile per incoraggiare esborsi produttivi e misure che facilitino la crescita e la creazione di posti di lavoro. FUTURO. So che la generazione degli studenti di oggi sta affrontando prospettive fra le più difficili da lungo tempo. La disoccupazione, soprattutto dei giovani, è una piaga per qualsiasi società. Erode i talenti, soffoca le aspirazioni e impoverisce la dignità. È un problema composito, e richiede una soluzione su più fronti. Le soluzioni che ho delineato non sono scritte in codice, né da destra a sinistra. Non avrete quindi bisogno di uno specchietto per decifrarle. I cinici potrebbero dire che le riforme hanno bisogno di troppo tempo per avere effetto, e che i costi immediate sono troppo alti. Ma il cinismo può portare alla paralisi delle policy e all’inerzia economica – un passato che potrebbe diventare prologo. Dobbiamo prendere un’altra via. Una che non è facile, e che richiede molto lavoro, ma che può portare il cambiamento necessario. L’Italia ha spesso dimostrato la sua forza in circostanze difficili. Oggi mi appello a voi per scommettere su un futuro nuovo, dove il genio italiano e’ di nuovo liberato e la creatività e il dinamismo sono i pilastri di una prosperità ampiamente condivisa – tra i giovani, le donne, gli imprenditori e tutti gli italiani. Cosa ci direbbe Leonardo? Pensate a quanti anni ci sono voluti per completare il suo capolavoro, L’Ultima Cena, quattro anni, secondo alcuni resoconti, e molti di più se pensiamo ai restauri! Tuttavia, esso rimane oggi uno dei capolavori più belli e maestosi mai creati. Tutti noi abbiamo gli strumenti per pensare, progettare e costruire un futuro brillante per i nostri giovani. Usiamoli saggiamente. Grazie. Thank you.

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