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Michele Piemontese (Gibson Brands): «Innovare con coerenza»

A un anno dal grande salto da Philips all’universo Gibson Innovations, il manager dà la ricetta per risvegliare il settore della tecnologia: «I consumatori sono confusi, bisogna sfruttare i nuovi strumenti per mutare gli schemi mentali dell’industria e della distribuzione». La sfida più difficile per un leader? Cambiare pelle senza perdere l’identità

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Diventare il capitano di una nave pronta per lasciare il porto sicuro verso un viaggio dalla meta ignota. È questa la missione che è stata affidata a Michele Piemontese, Managing Director di Gibson Innovations per il cluster mediterraneo che ha condotto in porto la costituzione della divisione Lifestyle Entertainment di Philips e il successivo passaggio a Gibson Brands, storico produttore delle chitarre dei grandi del rock. «È stata la classica proposta che non si può rifiutare», dice ricordando quando gli venne chiesto di guidare lo spin off della divisione in vista di una futura cessione: «Avevamo voglia di nascere, ma anche paura di morire subito. Potevamo finire nelle mani di un fondo che ci avrebbe spacchettato, o di una grossa società che avrebbe dimezzato le risorse umane. Dovevo dire alle persone di seguirmi in un’avventura dal finale incertissimo. E quando ho visto che lo facevano fidandosi di me, ho preso coscienza di cos’è la leadership».

Gibson Innovations

Qual è stata la parte più difficile di questo ultimo anno? Il lavoro su noi stessi. Nessuno aveva un’esperienza multibrand e ci siamo trovati a dover gestire più marchi consumer. È stato necessario spiegare ai colleghi il cambio di mentalità: l’errore più grosso dei venditori è presentare Onkyo con gli stessi schemi mentali con cui si è sempre parlato di Philips.

Come si fa a tenere sotto controllo un portafoglio di marchi con vocazioni tanto diverse? Con prudenza. Ci siamo presi il nostro tempo per fare un passo alla volta. Finora ci siamo focalizzati su Onkyo, Gogear e Trainer, segmentando moltissimo per evitare sovrapposizioni. Abbiamo posticipato gli interventi sugli altri marchi: è inutile fare tutto insieme, meglio cominciare dai brand più affini al nostro mondo.

Dopo gli studi e alcune esperienze finanziarie, nel 1999 ha stravolto i piani e ha iniziato la sua carriera come Sales Promoter. Quanto nel suo nuovo ruolo la aiuta la gavetta fatta sul campo? Non ho mai pensato di diventare un manager, mi sono sempre concentrato sul fare bene, ovviamente, sull’essere rispettoso – forse questo non è più così tanto scontato – e sul farmi trovare pronto al momento giusto. Agli inizi facevo anche 400 chilometri, da Napoli alla Calabria, per visitare un punto vendita. Ho avuto la fortuna di incontrare un’azienda che ha sempre mantenuto le sue promesse per 16 anni, facendomi crescere e sperimentare tanti ruoli dal marketing alle vendite.

Che cosa si impara e che cosa si perde nella scalata verso il vertice? L’esercizio al sacrificio e la passione per la relazione sono fondamentali. Anche oggi siamo talmente agili da non poterci permettere di tenere le maniche srotolate. Forse il lato negativo è non riuscire a trascorrere una vacanza o anche solo un week end senza essere costantemente collegato alla posta elettronica, la possibilità di staccare mentalmente ogni tanto.

Come sta cambiando il mercato dei prodotti audio nell’era di Spotify e della musica liquida? Aumenta la frammentazione e la competizione in Italia è molto agguerrita. Nel mercato cuffie ci sono 17 brand, più un numero imprecisato di marche private. Tra i Bluetooth speaker ci sono dieci etichette più un universo di piccoli. E parliamo di due segmenti in fermento a causa della moda: le cuffie perché le usano gli influencer, gli altoparlanti perché i servizi di streaming stanno spopolando. E nessuno fa il primo passo per cambiare le cose: la distribuzione ha un numero enorme di brand e le aziende hanno troppi prodotti, si dice di voler alzare lo scontrino medio ma poi si fa la guerra all’ultimo sottoprezzo.

NON PENSAVO DI DIVENTARE

UN DIRIGENTE, MA SONO SEMPRE

STATO PRONTO: SACRIFICIO

E RELAZIONE SONO FONDAMENTALI

Che cosa comporta questa confusione a livello di strategie? Non c’è chiarezza nel mercato, il cliente è spiazzato: sarà difficile vedere numeri positivi se non si ridarà un po’ di coerenza al messaggio che si veicola. In più, tra gli europei, l’italiano è il consumatore più influenzabile dalla Tv: se vede la pubblicità pensa che quel prodotto sia di qualità. Così il potere resta nelle mani dei pochi che hanno grossi budget da investire negli spot, ma allo stesso tempo le contraddizioni si amplificano: anche quando sullo schermo scorre il meglio dell’innovazione, i punti vendita continuano a lanciare una promozione dietro l’altra.

E allora come si fa la differenza nel mercato italiano ancora bloccato? Puntando sulla tecnologia o sulla bellezza del design? Tutto il settore della tecnologia ha visto ridursi il giro d’affari. La verità è che l’innovazione è l’unica garanzia di grandi numeri, soprattutto se ben comunicata: è stato così per gli smartphone prima e le smart tv poi. Qui sta la doppia difficoltà per noi: creare innovazione nell’audio è già difficile, comunicarla lo è ancora di più. Questo perché negli ultimi dieci anni il mondo è cambiato ma i negozi sono rimati uguali. Se persino produttori di tv, che comunque hanno i prodotti sempre accesi, chiedono di poter connettere gli apparecchi al wi-fi per mostrarne le caratteristiche tecnologiche, è facile immaginare quanto sia difficile parlare di qualità audio in un negozio rumoroso. O far capire le potenzialità di un sistema che diffonde la musica in più stanze, se i prodotti sono semplicemente messi in fila su uno scaffale. La distribuzione deve intraprendere una nuova strada, e noi siamo pronti a seguirlo.

Quanto la tecnologia sta cambiando il mondo del business? Il problema è che non lo sta facendo ancora abbastanza. La mentalità di chi comanda è talmente ancorata alle vecchie logiche da non riuscire a sfruttare i nuovi strumenti a disposizione. Oggi si possono leggere i dati di “sell out”, cioè si può sapere quanto tu vendi al cliente e quanto il negozio vende ai consumatori. Ma questi, come tutti gli altri strumenti più innovativi, non sono utilizzati sistematicamente come andrebbe fatto. Eppure basterebbe anche solo dare ogni tanto un’occhiata alle opinioni sui prodotti espresse sui social network… E poi manca la pianificazione moderna di volumi e consegne. Perciò ci ritroviamo quasi tutti a fare lo stesso lavoro di 15 anni fa, mentre sarebbe arrivato il momento di evolvere.

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Michele Piemontese, Managing Director di Gibson Innovations