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Appalti puliti. Missione impossibile

A Madrid e a Londra sì. Perché da noi no? In Europa ci superano solo Grecia, Romania e Bulgaria, ma un modo per liberarci da questo triste primato c’è. Eccolo: i piani della Banca d’Italia per combattere la corruzione

Uno degli ultimi casi si è verificato l’11 maggio scorso nella città di Savona dove, dopo un blitz della Guardia di Finanza, sono finiti in manette Roberto Drocchi, ingegnere capo del Comune di Vado Ligure e Pietro Fotia, noto imprenditore e titolare della ditta Scavo Ter. I reati ipotizzati dalla magistratura? Riciclaggio di denaro, corruzione, evasione fiscale e irregolarità negli appalti. Naturalmente, si tratta per adesso di indagini preliminari e mentre andiamo in stampa tutte le persone coinvolte sono ancora e soltanto dei detenuti in attesa di giudizio. Quello che è accaduto sulla Riviera ligure, però, non è di certo un caso isolato (basti pensare all’arresto in flagranza di reato di Milko Pennisi, presidente della Commissione urbanistica al comune di Milano, beccato con una mazzetta da 5 mila euro appena intascata): episodi di malaffare sono all’ordine del giorno un po’ in tutta la Penisola, assegnando al nostro paese un triste primato in Europa. Secondo l’associazione non governativa Transparency International, infatti, l’Italia è al 67esimo posto nella classifica delle nazioni più corrotte al mondo, preceduta nel Vecchio Continente soltanto da Grecia, Romania e Bulgaria. Senza dimenticare, poi, che le varie vicende di corruzione o concussione made in Italy hanno spesso un denominatore comune: il legame a doppio filo con gli appalti pubblici, che rappresentano la vera gallina dalle uova d’oro per il mercato dell’illegalità. Non è facile spiegare in sintesi il perché di questo fenomeno, che vede il malaffare andare a braccetto con la condotta poco trasparente di alcuni dipendenti della Pubblica amministrazione.

L’affare della corruzione

60

miliardi di euro l’anno per tangenti a funzionari pubblici

3.224

pubblici ufficiali denunciati nel 2008

117

milioni di euro recuperati nel 2008

COSA DICE LA LEGGE

Cominciamo col dire che esistono diverse procedure per l’assegnazione dei lavori pubblici, in cui gli enti dello stato hanno un diverso grado di discrezionalità, cioè una minore o maggiore libertà nei criteri di scelta del vincitore (si veda la tabella). La stragrande maggioranza delle opere viene concessa attraverso una procedura piuttosto rigida: l’asta al prezzo più basso. Secondo questa modalità, a vincere l’appalto è l’impresa che si impegna a eseguire i lavori al costo meno elevato per le casse pubbliche, in genere dopo aver presentato un’offerta in busta chiusa, che rimane rigorosamente top secret fino al termine della gara. Per evitare una corsa al ribasso dei prezzi, che comprometterebbe la corretta esecuzione dei lavori, l’ente appaltante può tuttavia escludere automaticamente tutti i partecipanti all’asta che fanno una proposta palesemente anomala (per esempio propongono un prezzo non in linea con i costi dell’opera). Negli ultimi anni, però, si è fatta strada un altra procedura di aggiudicazione, basata sul criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa. Secondo questa modalità, a vincere l’asta non è necessariamente l’impresa che offre il prezzo di esecuzione dei lavori meno elevato. Entrano infatti in gioco anche altri requisiti come la qualità, i costi di manutenzione e la redditività futura dell’opera eseguita, oppure il livello tecnico dell’azienda che la realizza e la quantità di mezzi di cui dispone. Il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa sta alla base anche di altre due procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici alternative all’asta dove, per certi aspetti, è consentito agli enti amministrativi di avere le mani un po’ più libere nel decidere il nome del vincitore. La prima procedura è la negoziazione, con cui la Pa seleziona i nomi le imprese idonee a partecipare a un appalto, in base a dei criteri predeterminati, e contratta successivamente con loro le condizioni di esecuzione dell’opera. L’altra procedura, ancora in fase di rodaggio, è invece il dialogo competitivo che si applica per i lavori particolarmente complessi, di cui la pubblica amministrazione non è in grado di definire a priori i costi complessivi. Attraverso il dialogo competitivo, gli enti dello stato effettuano un confronto continuo con le imprese, negoziando nel dettaglio le condizioni dei lavori. Questa procedura è prevista da una direttiva europea del 2004 e ed è stata “importata” in Italia nel 2006, con il nuovo Codice degli Appalti. Ma si è dovuto attendere ben quattro anni, cioè fino alla metà del 2010, per vedere approvato un regolamento che specifica le modalità di applicazione del dialogo competitivo. Risultato: in Italia, di fatto, questa procedura deve ancora muovere realmente i primi passi.

IL RISCHIO-CORRUZIONE

A parte le regole, però, una cosa è comunque certa: in alcuni casi la pubblica amministrazione gode (come già ricordato) di un certo grado di discrezionalità nelle scelte. Si tratta di un elemento che, secondo alcuni osservatori, fa crescere il rischio di episodi di corruzione. Se infatti i funzionari pubblici possono prendere delle decisioni anche in base a dei criteri soggettivi, è più facile che si verifichino, tra l’ente appaltante e le imprese che partecipano alle gare, degli accordi sotto banco siglati a suon di mazzette, favoritismi e raccomandazioni di vario tipo. Per questo, uno studio effettuato nel dicembre del 2010 dalla Banca d’Italia (e firmato da Francesco Decarolis, Cristina Giorgiantonio e Valentina Giovanniello) ha individuato tra gli elementi che possono incrementare il rischio-corruzione, proprio l’utilizzo massiccio di modalità molto flessibili e discrezionali per le gare d’appalto, in primis la negoziazione o le aste basate sul criterio della condizione economicamente più vantaggiosa. Eppure, stando alle statistiche, in Italia gli appalti pubblici si svolgono per lo più attraverso procedure molto rigide in cui, almeno sulla carta, per i funzionari della Pa è assai difficile sgarrare.

I MODELLI DEGLI ALTRI PAESI

All’estero, invece, gli enti dello stato possono muoversi con una discrezionalità ben maggiore. In Francia, per esempio, le leggi sugli appalti (riunite nel Code des Marchés Publics) prevedono esplicitamente come principale criterio di aggiudicazione dei lavori la condizione economicamente più vantaggiosa. Stesso discorso per la Germania benché, secondo la legge, in ogni bando di gara debbano essere specificati chiaramente i criteri usati per la scelta del vincitore, assegnando a ognuno un peso percentuale che ne misura l’importanza.

Senza dimenticare, poi, i casi della Gran Bretagna e della Spagna, due paesi che hanno di certo molto da insegnare all’Italia in tema di appalti pubblici, non fosse altro per la velocità con cui le opere giungono a compimento. Domenico Comporti, avvocato cassazionista, professore di diritto amministrativo all’Università di Siena e autore del libro Le gare pubbliche: il futuro di un modello (appena pubblicato da Editoriale Scientifica) non ha dubbi: analizzando il sistema degli appalti vigente a Londra o a Madrid, si possono trarre spunti importanti per riformare l’ordinamento italiano. «Nel Regno Unito», dice Comporti, «la pubblica amministrazione effettua un continuo confronto con gli operatori del mercato sin dalle più remote fasi progettuali delle opere, cercando di capire le strategie e le soluzioni negoziali più appropriate e di ridurre notevolmente i rischi di contenziosi tra le parti». In Spagna, a detta del professore dell’Università di Siena, le opere pubbliche vengono invece seguite con attenzione in tutta la fase preliminare di programmazione e progettazione dei lavori, in modo da scongiurare il rischio di forti ritardi nei tempi di realizzazione, di fallimenti delle aziende aggiudicatarie dell’appalto e di sensibili incrementi dei costi.

UNA “TESTA SENZA MONDO”

Ma perché nel nostro Paese, che pure è dotato di un sistema di regole piuttosto rigido, si verificano così tanti sprechi di denaro pubblico? Il guaio, secondo Comporti, è che molte leggi sugli appalti approvate in passato in Italia hanno finito per avere un effetto opposto a quello sperato. L’obiettivo era infatti quello di prevenire il malaffare ma «il risultato è stato la creazione di una Pa completamente avulsa dalla realtà, che agisce come una testa senza mondo», dice ancora il professore, utilizzando un’espressione del celebre scrittore Elias Canetti. Gli esperti di Bankitalia, nel loro studio realizzato a fine 2010, indicano alcune importanti linee d’azione per contrastare il malaffare. La prima consiste nell’impedire a priori la partecipazione alle gare alle aziende prive di determinati requisiti tecnici e finanziari e a tutte le imprese legate in qualche modo alla criminalità organizzata. La seconda si concretizza in un controllo più stringente sui contratti di subappalto, dove spesso si annidano pratiche affaristiche difficili da scovare. Inoltre, i ricercatori di Bankitalia auspicano una maggiore trasparenza delle informazioni, per assicurare la piena e libera accessibilità a tutti i dati che riguardano le gare di appalto.

IN ARRIVO I PERFORMANCE BOND

Infine, per scongiurare i rischi di un mancato completamento delle opere, lo studio della Banca d’Italia suggerisce di adottare degli strumenti simili a quelli utilizzati negli Stati Uniti. Si tratta dei performance bond, che costituiscono in buona sostanza delle garanzie assicurative sull’esecuzione dell’opera: l’aggiudicatario dell’appalto sottoscrive un polizza che impegna una controparte a garantire il completamento dei lavori nei tempi e con i costi preventivati, quando l’azienda vincitrice della gara risulta all’improvviso inadempiente. Dopo essere stato introdotto in Italia con il nuovo Codice degli Appalti, anche il performance bond ha dovuto attendere parecchio tempo per l’approvazione di alcuni regolamenti attuativi. Ora, però, questo strumento sembra essere in dirittura d’arrivo e ha buone chance di entrare pienamente in vigore entro il giugno 2012, almeno per gli appalti che superano l’importo di 75-100 milioni di euro.

COME FUNZIONANO GLI APPALTI PUBBLICI IN ITALIA. ESISTONO TRE PROCEDURE E DIVERSI CRITERI DI ASSEGNAZIONE

ASTA Si svolge con a) Procedure aperte a cui possono partecipare tutti i soggetti che possiedono particolari requisitib) Procedure ristrette a cui partecipano soltanto dei soggetti invitati dalla pubblica amministrazione secondo criteri prefissati e non discriminatori

PREZZO PIÙ BASSO CON ESCLUSIONE AUTOMATICAVince l’impresa che presenta il prezzo meno elevato. Vengono però esclusi i soggetti che fanno delle offerte palesemente anomale, ad esempio con un prezzo troppo basso non proporzionale ai costi dell’opera

PREZZO PIÙ BASSO CON ESCLUSIONE AUTOMATICAVince l’impresa che presenta il prezzo meno elevato senza che vengano esclusi i soggetti che fanno delle offerte palesemente anomale

CONDIZIONE ECONOMICAMENTE PIÙ VANTAGGIOSAVince l’impresa che presenta la migliore condizione in base a diversi criteri: non soltanto in base al prezzo più basso, ma anche ad altri fattori, come la qualità, il livello tecnico, i costi di manutenzione o la redditività futura dell’opera

NEGOZIAZIONE La pubblica amministrazione ha un’ampia discrezionalità di scelta. Seleziona delle imprese e negozia con loro le condizioni dell’appaltoPer questa procedura il criterio di aggiudicazione è sempre quello dell’offerta economicamente più vantaggiosa

DIALOGO COMPETITIVO È una novità introdotta dal Codice degli appalti del 2006 e si applica per le opere particolarmente complesse dove la Pubblica amministrazione non è in grado di definire a priori i costiLa pubblica amministrazione effettua un dialogo continuo con i candidati, negoziando le condizioni dell’opera e scegliendo poi in base al criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa

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L’Italia è al 67esimo posto nella classifica delle nazioni più corrotte al mondo