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Attualità

Felicità, gli stranieri ci ricordano dove trovarla in Italia

Oggi si celebra la ricorrenza Onu: il Belpaese è solo al 50esimo posto nella classifica guidata dai danesi. Ma gli expat che vivono nella Penisola ce ne ricordano le potenzialità

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Il 20 marzo si celebra la Giornata mondiale della felicità, indetta dall’Onu. A questa ricorrenza si abbina una speciale classifica, il World Happiness Report 2016, che prova a quantificare la felicità di ogni Paese. In testa al ranking mondiale si piazza la Danimarca davanti a Svizzera e Islanda, mentre l’Italia è solo al 50esimo posto, preceduta persino da l’Uzbekistan o Nicaragua. Pesano le tensioni politiche e sociali e i conseguenti cambiamenti nello stile di vita, ma spesso conta anche la nostra percezione.

Vista dagli stranieri, infatti, l’Italia piace. Lo pensano il 94% dei giovani expat che vivono nella Penisola per lavoro o studio, che si ritengono soddisfatti della loro esperienza in un sondaggio condotto in Italia, Belgio, Germania, Francia, Olanda, Polonia e Gran Bretagna da Think Young e commissionato da Bnp Paribas Fortis. Tra i principali motivi del trasferimento ci sono il patrimonio culturale, lo stile di vita e il bel tempo più che la qualità delle università e il guadagno economico.

LATI POSITIVI E NON. I giovani lavoratori che si trasferiscono in Italia lo fanno soprattutto per motivi di crescita personale (50%), esperienza professionale (40%) e per imparare l’italiano (30%), mentre meno del 10% si trasferisce in Italia per guadagnare di più. Uno su due (54%) ritiene che questo trasferimento sia stato positivo per la propria carriera e per la propria vita sociale, mentre uno su tre (36%) ritiene migliorata la propria qualità di vita in generale. Calano invece le percentuali di chi ritiene di aver ottenuto un maggior potere d’acquisto (25%), un maggior accesso al credito (15%) e di poter beneficiare di un miglior sistema sanitario (20%).

Per quanto riguarda gli studenti, meno di uno su due (45%) ritiene di aver una miglior qualità di vita e solo il 9% afferma di aver scelto l’Italia per la qualità dell’educazione universitaria – percentuale che sale invece al 41% per gli studenti che decidono di studiare in Gran Bretagna. Sia sugli studenti che sui giovani lavoratori pesano infatti gli alti costi della vita in Italia, solo nel 37% dei casi più bassi rispetto al proprio Paese di origine.