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Privacy in Rete, gli italiani sono attenti a metà

In tutta Europa ci si connette a Internet in modo sempre più immediato, ma un uso consapevole non è abbastanza diffuso e spesso mancano buone competenze digitali

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Internet è sempre più veloce e accessibile in Europa, ma la consapevolezza, da parte degli utenti, di mettere in gioco dati personali non è altrettanto frequente, almeno nel Bel Paese. Se gli italiani sono attenti a non fornire informazioni su di sé, infatti, non lo sono altrettanto quando si tratta di limitare l’accesso ai propri profili sui social network o di negare l’uso dei propri dati per scopi pubblicitari. E ai lavoratori spesso mancano opportune competenze digitali, nonostante quasi tutte le professioni, ormai, richiedano almeno qualche competenza in tal senso. Questo è il quadro che emerge da uno studio di Eurostat sull’utilizzo di Internet pubblicato nei giorni scorsi. In particolare, la ricerca ha indagato la percentuale di utilizzo dei diversi device per connettersi e gli aspetti su cui gli utenti pongono più attenzione nel gestire l’accesso alle proprie informazioni personali.

L’ACCESSIBILITÀ. Uno dei risultati chiave dello studio è che Internet è sempre più a portata di mano, letteralmente. Nel 2016, otto persone su dieci si sono collegate a alla rete tramite smartphone. Il 71% delle abitazioni in Europa è coperto dalla banda larga, mentre l’86% dei cittadini può utilizzare una connessione mobile di tipo 4G. Il trend è guidato dalle generazioni più giovani (il 94% degli europei tra i 16 e i 24 anni si connette da mobile) e, complessivamente, il 67% degli europei si collega ogni giorno.

I DISPOSITIVI. In termini di dispositivi, il 79% degli abitanti del Vecchio continente si è connesso da smartphone, uno strumento che ormai ha di gran lunga superato il computer (sia portatile, usato dal 64% degli utenti, sia fisso, pari al 54%). Sono gli spagnoli a usarlo di più, il 93%. L’Italia, in questi termini, è in linea con il resto d’Europa, ma resta agli ultimi posti per quanto riguarda l’utilizzo di pc portatili (31%) e di tablet (29%).

DATI E PRIVACY. L’altra misurazione di Eurostat, la consapevolezza della Rete, è invece un tasto un po’ dolente. Guardando alle “azioni” intraprese dagli utenti per gestire l’accesso alle proprie informazioni e proteggere la propria privacy, la tendenza a livello europeo è di rivelarle senza porsi troppi problemi: solo il 29% di coloro che navigano ha posto dei limiti alla reperibilità dei propri dati. In questo senso, gli italiani sono tra i più attenti (49%), avendo risposto negativamente alle pagine che richiedevano informazioni su di sé, anche se i più accurati si dimostrano i rumeni (69%), seguiti da portoghesi, bulgari, polacchi e macedoni. Il Paese in cui si è più “tranquilli” riguardo alla circolazione di informazioni personali, invece, è il Lussemburgo, dove solo un utente su dieci si è posto qualche scrupolo in questo senso.

D’altra parte, quando si tratta di altri aspetti della privacy, gli utenti dello Stivale si rivelano abbastanza distratti: solo il 33% di loro (a fronte di una media Ue del 37%) afferma di leggere le privacy policy fino in fondo, in fase di registrazione ad un servizio, trovandosi più spesso a cliccare automaticamente “accetto” per proseguire. Più evidente è la violazione in caso di uso dei dati personali per fini pubblicitari, tant’è che il 46% degli europei ha negato il consenso a questo tipo di utilizzo. Ma solo il 33% degli italiani è attento a tutelarsi in questo frangente, e poco più di uno su cinque imposta qualche genere di filtro all’accesso dei propri profili sui social network. Appena l’11%, infine, impedisce la geolocalizzazione.

LE COMPETENZE DIGITALI. Una scarsa attenzione alla protezione dei propri dati su internet potrebbe essere riconducibile ad una cultura digitale non sufficientemente sviluppata. Infatti, 60 milioni di europei non hanno mai navigato, e il 45% di loro non ha le competenze digitali necessarie, avverte Eurostat nel video “Digital Scoreboard 2016: Strengthening the European Digital Economy and Society”. Nel tempo dell’economia digitale, in cui è essenziale che ciascun lavoratore abbia delle capacità informatiche e dove i professionisti dell’Ict servono in ogni settore dell’economia, comunque 3 su dieci non hanno competenze sufficienti, e il 38% delle aziende ha difficoltà a trovare personale in ambito Ict. Un trend che sarebbe importante correggere, considerando che è un settore da 8 milioni di posti di lavoro.