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Vatileaks, papa Francesco: «Non si può vivere da faraoni»

Il monito del Pontefice dopo le rivelazioni sulle case vaticane e gli sprechi: «La tentazione c’è sempre nella vita pubblica. Sia politica che religiosa»

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«La chiesa deve parlare con la verità e anche con la testimonianza: la testimonianza della povertà. Se un credente parla della povertà o dei senzatetto e conduce una vita da faraone: questo non si può fare». E’ questo il monito di papa Francesco dopo il nuovo scandalo Vatileaks e le rivelazioni su scandali, sprechi e appartamenti vaticani concessi ai prelati della curia. In un’intervista al giornale di strada olandese Straatnieuws, ma risalente al 27 ottobre quindi precedente all’arresto dei nuovi “corvi” (clicca qui) e al Vatileaks II.

ACCORDI COI GOVERNI. «Questa è la prima tentazione», prosegue Bergoglio, «l’altra tentazione è di fare accordi con i governi. Si possono fare accordi, ma devono essere accordi chiari, accordi trasparenti. Per esempio: noi gestiamo questo palazzo, ma i conti sono tutti controllati, per evitare la corruzione. Perché c’è sempre la tentazione della corruzione nella vita pubblica. Sia politica, sia religiosa. Ricordo che una volta con molto dolore ho visto, quando l’Argentina sotto il regime dei militari è entrata in guerra con la Gran Bretagna per le isole Malvine, la gente dava delle cose, e ho visto che tante persone, anche cattolici, che erano incaricati di distribuirle, le portavano a casa. C’è sempre il pericolo della corruzione».

CASE E ATTICI. Mentre impazzano le polemiche per i lavori di ristrutturazione all’attico del cardinal Bertone con i fondi del Bambin Gesù, assume anche maggior significato la scelta di Bergoglio di vivere a Santa Marta: «Il Palazzo Apostolico non è un appartamento lussuoso. Ma è largo, è grande», spiega Francesco, «dopo aver visto questo appartamento mi è sembrato un imbuto al rovescio, cioè grande ma con una porta piccola. Questo significa essere isolato. Io ho pensato: non posso vivere qua semplicemente per motivi mentali. Mi farebbe male. All’inizio sembrava una cosa strana, ma ho chiesto di restare qui, a Santa Marta. E questo mi fa bene perché mi sento libero. Mangio nella sala pranzo dove mangiano tutti. E quando sono in anticipo mangio con i dipendenti. Trovo gente, la saluto e questo fa che la gabbia d’oro non sia tanto una gabbia. Ma mi manca la strada».

LE RICCHEZZE DELLA CHIESA. Infine, un’altra pesante risposta a proposito dell’uso dei beni della Chiesa: «I beni immobili della Chiesa sono molti, ma li usiamo per mantenere le strutture della Chiesa e per mantenere tante opere che si fanno nei Paesi bisognosi: ospedali, scuole», la conclusione del Pontefice, «se facciamo un catalogo dei beni della Chiesa, si pensa: la Chiesa è molto ricca. Ma quando è stato fatto il Concordato con l’Italia nel 1929 sulla Questione Romana, il governo italiano di quel tempo ha offerto alla Chiesa un grande parco a Roma. Il Papa di allora, Pio XI, ha detto: no, vorrei soltanto un mezzo chilometro quadrato per garantire la indipendenza della Chiesa. Questo principio vale ancora. I tesori della Chiesa? Sono i tesori dell`umanità. Per esempio, se io domani dico che la Pietà di Michelangelo venga messa all’asta, non si può fare, perché non è proprietà della Chiesa. Sta in una chiesa, ma è dell’umanità».

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