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Lavoro

“Con il Jobs Act 250 mila assunzioni nel 2015”

L’analisi di Unimpresa offre dati incoraggianti sugli effetti della riforma del lavoro, ma con una precisazione: solo una piccola parte dei posti inciderà sulla disoccupazione

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Saranno 250 mila le nuove assunzioni entro la fine del 2015. Questa la previsione di Unimpresa circa gli effetti del Jobs Act, la riforma del lavoro entrata in vigore dopo mesi di discussioni dentro e fuori dalle aule di governo. Numeri importanti, che però devono essere contestualizzati, perché in realtà solo una piccola percentuale di questi sarà dovuta a nuovi posti di lavoro. Il “GROSSO” DA PRECARI E IRREGOLARI. «L’incremento dei contratti di lavoro subordinato a tempo indeterminato previsti dalle nove norme sulle tutele crescenti – indica infatti Unimpresa – sarà legato in parte alla stabilizzazione degli attuali precari (tempo determinato, contratti a progetto, partite Iva), in parte all’emersione di occupazione irregolare» e, in solo in ultima parte, «a nuove assunzioni di disoccupati in senso stretto, derivanti da incremento di produzione e prospettive di crescita delle aziende italiane». Turismo, agricoltura e servizi sembrano i settori più portati a sfruttare il cambiamento normativo, tuttavia è bene sottolineare come il “grosso” delle assunzioni pescherà soprattutto dai primi due bacini, inerenti alla stabilizzazione e alla regolarizzazione di precari e lavoratori non legittimati.

A GIUGNO IL PICCO DI ASSUNZIONI. C’è di più: la maggior parte degli effetti sarà registrabile solo a fine anno, dal momento che, come segnala ancora Unimpresa, «le nuove norme sono entrate in vigore, ma le prime settimane serviranno ai consulenti del lavoro e alle direzioni del personale dei grandi gruppi imprenditoriali per studiarne l’impatto oltre che per calibrarne l’applicazione nelle singole realtà produttive e lavorative. Si può pertanto stimare che un primo, sensibile incremento delle posizioni a tempo indeterminato si registrerà a giugno e proseguirà poi per tutto il secondo semestre del 2015»

LA STRADA È ANCORA LUNGA. La tendenza a trasformare contratti precari o inesistenti in accordi a tempo indeterminato è comunque molto positiva, e costituisce un segnale di come gli sgravi contributivi rendano vantaggiosa questa forma contrattuale. Tuttavia, come commenta il presidente di Unimpresa, Paolo Longobardi, «il governo deve mettere il piede sull’acceleratore per migliorare le condizioni in cui operano le imprese italiane, a cominciare dalla riduzione del carico fiscale per poi passare allo snellimento della burocrazia e al miglioramento delle infrastrutture: l’area di disagio sociale è composta da oltre 9 milioni di persone e la strada per ridurla è lunga». L’importante, però, è che finalmente si sia iniziato a percorrerla.