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Lavoro

Le ferie del vicino son sempre più verdi

Sulla regolamentazione delle vacanze ciascun Paese è un caso a parte, ma tutti sembrano avere in comune la convinzione che la normativa altrui sia migliore. A partire da noi italiani che, seppur messi piuttosto bene in quanto a giorni di riposo, guardiamo con invidia alla politica di certe aziende statunitensi

Gli americani vorrebbero farle come in Europa, noi invece come alcune aziende Usa: le ferie degli altri sembrano sempre più lunghe. Solo invidia? Al contrario: numeri alla mano, ci sono forti disparità fra i Paesi più avanzati, con l’Austria che batte tutti i record (35 giorni di ferie) e l’America fanalino di coda: qui, infatti, il governo non impone standard minimi e per legge non si avrebbe diritto neppure a un solo giorno. Zero. E allora le aziende fanno ciò che vogliono, con esiti imprevedibili: se da un lato i datori di lavoro si sono appiattiti su una media di due settimane di vacanze l’anno, meno degli standard legali fissati nella vecchia Europa, dall’altro ci sono aziende come Netflix e Motley Fool che hanno addirittura abolito il piano ferie e applicano la unlimited vacation. I dipendenti, cioè, possono prendere ferie quando vogliono, anche dall’oggi al domani e senza troppi preavvisi, ma soprattutto senza dover fissare un tetto di giorni. A patto però che abbiano rispettato le consegne, chiuso i progetti ai quali stavano lavorando e, soprattutto, che la loro assenza non pesi sull’organizzazione e sul lavoro degli altri. Il sogno di molti manager, in alcune aziende, è realtà. Ma il modello sembra poco esportabile. «È una politica interessante a livello teorico, ma difficile da realizzare nella pratica», sono le parole di Giorgio Visentini, a.d. di ThermoKey, che ben riassumono il parere di molti altri imprenditori nostrani, «perché lasciare un dipendente libero di scegliere i suoi ritmi significa che questo può contare su una notevole autonomia nella gestione del lavoro, al pari di un libero professionista ma purtroppo in una media azienda è mera utopia. Da noi, per esempio, con 160 dipendenti, il lavoro organizzato si basa su una collaborazione continua e vicendevole, dove gli individualismi rischiano di non dare quei risultati qualitativamente eccellenti che ci aspettiamo». E poi va detto che di ferie ne facciamo già adesso molte di più rispetto a tante altre realtà: secondo la classifica stilata dal Center for economic and politic research (Cepr), siamo al quarto posto fra i Paesi Ocse con 28 giorni di calendario, 22 effettivi, ai quali però si devono aggiungere le dieci festività nazionali e locali. E così arriviamo a trenta. Pochi, molti? C’è chi pensa che la vera domanda dovrebbe essere un’altra, molto più radicale: ha ancora senso parlare di ferie, soprattutto fra i knowldege worker, quelli a cui basta un tablet e una connessione Internet e lavorano anche in riva al mare? Forse allora il paradigma andrebbe cambiato. «Il concetto di ferie è scorretto», afferma Mariano Corso, responsabile dell’Osservatorio Smart Working del Politecnico di Milano, «perché legato al pregiudizio della presenza fisica in uno spazio ben delimitato ed entro orari precisi, tutte cose che oggi sono superate dalla flessibilità, il teleworking e l’organizzazione del lavoro a progetto. E così arriviamo ad alcune evidenti storture, con le aziende costrette a forzare i venerdì di ferie solo per motivi fiscali e normativi dettati dal diritto italiano, quando invece oggi il confine tra lavoro e vacanza non esiste più, è fluido, e i dirigenti sono sempre connessi, sempre al lavoro, anche fuori ufficio.

LA TOP FIVE DEI PAESI PIÙ “FORTUNATI”

  1. AUSTRIA 35 giorni, più altri sei per chi ha raggiunto i 25 anni di anzianità. Chi lavora quando è festa ha un bonus del 200%.

  2. PORTOGALLO 35 giorni ma senza bonus anzianità o premi in busta paga.

  3. SPAGNA 34 giorni, 22 di ferie più 12 di festività nazionali.

  4. ITALIA 32 giorni, di cui 28 di calendario (22 effettivi) stabilito dall’articolo 2019 del codice civile, più le feste comandate.

  5. FRANCIA 30 giorni, un mese tondo tondo, tre volte di più dei giapponesi, più 11 festività nazionali, ma non pagate (tranne il 1° maggio).

Se le persone sono libere di scegliere dove, come e quando svolgere il proprio lavoro», continua Corso, «sono più felici e rendono di più». Succede già, anche da noi. Si tratta di casi isolati, ma alcune aziende si stanno muovendo verso quello che, per dirla con un termine molto in voga, è lo smart working, il lavoro agile. Nella sede italiana di Tetra Pack, la multinazionale svedese dei cartoni per alimenti, i dipendenti fanno a meno del badge da passare ai tornelli perché possono autocertificare il loro orario di lavoro. «Se non fosse per alcune norme vetuste e i vincoli legislativi», conclude Corso, «anche i manager italiani potrebbero avere ferie no limts come quelli americani».

Provate a dirlo a quelli di Fiat o Italcementi: qui non funzionerebbe. «Nell’industria meccanica, in quella chimica e in generale in qualsiasi struttura produttiva», ci ricorda, riportandoci coi piedi per terra, il presidente della associazione dei direttori di risorse umane (Gidp) Paolo Citterio, «il principio delle unlimited vacation non è applicabile visto il rilevante numero di giorni di ferie attribuiti a dirigenti, impiegati e operai. E in ogni caso bisogna fare attenzione a considerare l’America un modello da imitare sempre e comunque, perché le differenze di retribuzione, flessibilità e tutela fra loro e noi sono enormi. Per dirne una, il diritto al congedo di maternità retribuito non è garantito in almeno la metà degli Stati americani». Già, perché oltre alle ferie c’è di più: in particolare c’è tutta la disciplina che regolamenta la maternità e, ancora di più, la malattia. «In Italia per fortuna esiste ed è un diritto ben garantito, anche se spesso abusato», dice Vincenzo Ferrante, professore ordinario di Diritto del lavoro e della previdenza sociale all’Università Cattolica del S. Cuore, «mentre in America tutto questo se lo sognano, e allora compensano con le ferie».

E a chi si lamenta di lavorare troppo, il professore risponde che è vero, tanto che «da noi sono dovute almeno due settimane di ferie entro l’anno e le altre due nei successivi 18 mesi, una cosa che agli Italiani piace perché così le possono accumulare, senza contare quelli che vi rinunziano per convertirle in denaro, una pratica che fino al 2004 era permessa e diffusa ma oggi non più. Il problema, semmai, è quello della produttività dei lavoratori italiani, che dalle indagini comparate, appare veramente molto bassa rispetto a quella di tutti gli altri Paesi industrializzati». Insomma, chi troppe, chi poche, chi niente: ma quante sono le ferie giuste da fare? Una volta per tutte sfatiamo un mito: non sempre lavorare di più fa bene al business, anzi. Quando alcune aziende americane hanno portato i giorni di ferie da 14 a 18, la produttività dei loro dipendenti è aumentata del 30%. Potenza del giusto riposo.

QUELLI CHE SI RIPOSANO… PER UN ANNO

Una licenza (pagata) per provare a fare quello che avete sempre sognato: perdervi in Australia, passare più tempo con i figli, dedicarvi al volontariato, imparare a surfare, portare in salvo cavalli selvaggi, costruire un ponte. In America un’azienda su tre permette di farlo, sospendendo la busta paga, mentre una su dieci addirittura lascia (quasi) intatti stipendio e benefit.J. Robert Carr, esperto di risorse umane per la Shrm, dice che «tutti vogliono fare qualcosa di totalmente differente, almeno per un poco e se non si vuole che i talenti escano dalla porta definitivamente, bisogna lasciarla aperta: questo è il senso dell’anno sabbatico».

ECCO ALCUNI CASI ESEMPLARI

AMERICAN EXPRESS

Chi è in azienda da più di dieci anni può chiedere un periodo di licenza pagata da uno a sei mesi, a patto che lavori per una società non profit o una scuola.

ALSTON & BIRD

I partner di questo studio legale possono lasciare il lavoro per un periodo che va da uno a quattro mesi, a seconda dell’anzianità. Nessuna restrizione o obbligo: si può fare ciò che si vuole.

GOLDMAN SACHS

I top manager e i vicepresidenti con più di 4 anni di anzianità e con 12 mesi nel loro attuale ruolo hanno diritto a un anno sabbatico pagato, a patto di prestare servizio civile o culturale in organizzazioni non profit. Per tutti: una settimana di vacanza extra oltre le due di licenza matrimoniale.

PRICEWATERHOUSE COOPERS

Due tipi di licenza: un anno per crescita personale e uno per fare servizi sociali con retribuzione al 20-40% del salario e a patto che gli impiegati, al loro ritorno, rimangano in azienda almeno un altro anno.