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Uffizi, alla corte del Rinascimento

Celebre in tutto il mondo e primo museo italiano per numero di visitatori, la Galleria degli Uffizi vanta capolavori assoluti della storia dell’arte dal ‘300 al ‘600. E guarda al futuro con fiducia grazie agli imponenti lavori in corso

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I suoi 1.935.901 visitatori – il 3,5% in più rispetto all’anno pre­cedente – gli sono valsi (per l’en­nesima volta) anche nel 2014 il titolo di museo più visitato d’Ita­lia. Di cosa stiamo parlando? Della «famosissima Galleria degli Uffi­zi», come la definisce Dan Brown per bocca del suo alter ego Robert Langdon nel suo ultimo bestseller: Inferno. Per­sino la teutonica Angela Merkel, in oc­casione dell’ultimo vertice bilaterale con Matteo Renzi del gennaio scorso, ne ha subito approfittato per una pas­seggiata lungo il Corridoio vasariano e una visita guidata al museo, per am­mirare i suoi celebri capolavori. Eppu­re questo simbolo di Firenze, sinonimo di arte rinascimentale italiana in tutto il mondo, non è affatto nato per esse­re un museo. Il palazzo che lo ospita venne infatti costruito, tra il 1560 e il 1580, per volere di Cosimo I de’ Medi­ci con l’obiettivo riunire gli “uffizi” (os­sia uffici) delle 13 principali magistratu­re fiorentine in un’unica sede, posta sot­to la sua diretta sorveglianza. A proget­tare lo splendido edificio, il primo gran­duca di Toscana chiamò Giorgio Vasa­ri, già al lavoro sul cantiere dell’adia­cente Palazzo Vecchio, che disegnò una costruzione con pianta a “U”, organiz­zata in moduli (ognuno corrispondente a un ufficio, sette sul lato lungo, sei su quello corto) che si ripetono sulle due ali di diversa lunghezza, dalla chiesa di San Pier Scheraggio, inglobata nella co­struzione, sino alla Vecchia Zecca. Fu lo stesso Vasari a ideare, nel 1865, an­che il celebre Corridoio che porta il suo nome e unisce, attraverso gli Uffizi, Pa­lazzo Vecchio a Palazzo Pitti, passan­do su Ponte Vecchio e attraversando la chiesa di Santa Felicita e numerosi edi­fici adiacenti prima di sbucare nel Giar­dino di Boboli: un percorso privato che metteva in comunicazione gli apparta­menti granducali di Palazzo della Si­gnoria con la nuova residenza della fa­miglia de’ Medici.

DAI BORDELLI ALLA CULTURACiò che forse non tutti sanno è che uno dei luoghi d’arte e cultura più prestigiosi al mondo, è nato sulle macerie di un antico quartiere popolare a dir poco malfamato, luogo di osterie, bordelli e ca­denti case popolari. La zona compresa tra piazza della Signoria e Lungarno, dove oggi sorgono gli Uffizi, ai tempi di Cosi­mo I era addirittura chiamata “Baldrac­ca”, dal nome di una delle sue bettole più celebri, famosa soprattutto per il giro di prostituzione che vi si teneva. Fu proprio il granduca a far radere al suolo l’intero rione per fare spazio al progetto di Vasari, completato però solo dopo la morte del­l’architetto – e dello stesso Cosimo – per opera di un suo altrettanto celebre colle­ga, Bernardo Buontalenti, sotto la guida del colto e raffinato Francesco I de’ Me­dici. Fu lui, nel 1581, a decidere di adibi­re la loggia all’ultimo piano dell’edificio a galleria personale dove esporre la sua ampia ed eclettica collezione, che non vantava solo importanti dipinti quattro­centeschi, ma anche medaglie, cammei, statue, armature, miniature, rarità natura­listiche e quant’altro potesse interessare al granduca e alla sua famiglia. E fu sempre lui a far costruire la “Tribuna del Buonta­lenti”, nucleo centrale della Galleria stes­sa, l’unica sala nella quale si può ancora realmente comprendere lo spirito origina­rio degli Uffizi, intesi come “luogo di me­raviglia”, dove le sculture classiche pos­sano dialogare con i dipinti più signi­ficativi. Dopodiché, rendendo questa gal­leria visitabile su richiesta, diede vita al più antico museo d’Europa. Via via arric­chito dai pregevoli acquisti dei suoi suc­cessori, che provvidero, almeno in par­te, anche ad ampliare le decorazioni e la struttura del palazzo. Quando poi, con la morte di Gian Gastone, si spense la dina­stia dei Medici, la sorella di quest’ultimo cedette le opere della famiglia ai Lorena, ma solo a patto che restassero a Firenze e inalienabili. Furono loro ad aprire la Gal­leria al pubblico nel 1769.

Intervista al direttore Antonio Natali

In mostra

DAL ‘300 AL RINASCIMENTOSe poi oggi gli Uffizi sono uno dei mu­sei più famosi al mondo, una ragione c’è: le sue straordinarie collezioni di sta­tue antiche e dipinti. Solo su quest’ulti­mo fronte, le sue raccolte del ‘300 e del Rinascimento contengono alcuni capo­lavori assoluti dell’arte di tutti i tempi. Basta ricordare i nomi di Giotto, Simo­ne Martini, Piero della Francesca, Beato Angelico, Filippo Lippi, Botticelli, e poi ancora Mantegna, Correggio, Leonardo, Raffaello, Michelangelo, Caravaggio. E molti altri ancora. Inoltre le “superstar” della Galleria contano anche pittori te­deschi, olandesi e fiamminghi, tra cui Dürer, Rembrandt e Rubens. In più, ol­tre alle opere ospitate dal già citato Cor­ridoio vasariano (dipinti del ‘600 e au­toritratti), nel complesso trovano spazio anche altre importanti raccolte: la Col­lezione Contini Bonacossi e il Gabinet­to Disegni e Stampe degli Uffizi.

LAVORI IN CORSOMa tutto questo non basta. Ormai dal 2010 è in corso un monu­mentale progetto di rinnovamento, detto dei “Nuovi Uffizi”, che preve­de il raddoppio della capacità espo­sitiva del museo attraverso il restau­ro e l’adeguamento funzionale de­gli ambienti che compongono l’in­tero complesso. L’intervento di mag­giore rilevanza (ma non l’unico) è il recupero delle sale del piano nobi­le, occupate fino alla fine degli anni ‘70 dagli scaffali dell’Archivio di Sta­to di Firenze, riconvertite in una lun­ga infilata completamente dedicata alle funzioni espositive, che è anda­ta così ad aggiungersi alla superficie della Galleria del secondo piano. A rendere unico il progetto, le modali­tà di avanzamento dei lavori: benché di enorme rilevanza, il cantiere vie­ne portato avanti anno dopo anno ga­rantendo sempre e comunque l’aper­tura del museo e senza ridurre la pro­grammazione annuale di mostre tem­poranee. Un grande progetto che ha permesso anche a un’importante sco­perta archeologica: un vasto cimite­ro di tarda età romana, con una ses­santina di scheletri, è stato rinvenu­to durante i lavori nell’area sottostan­te il salone di lettura della Biblioteca Magliabechiana. Un luogo di sepol­tura nato probabilmente in occasione di un’epidemia, che portò alla mor­te di un gran numero di abitanti della Firenze della tarda antichità e del pri­mo alto Medioevo.

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© Marka/Walter Zerla