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Febbre gialla

Assassini, misteri, thriller: si tratta di un genere che accomuna sessi e generazioni, dalle intuizioni deduttive di Sherlock Holmes alle analisi forensi delle serie tv odierne. rimane una sola certezza: il colpevole finisce sempre (o quasi) dietro le sbarre. Il prossimo fenomeno? Gli indizi portano a nord…

L’assassino è sempre il maggiordomo. O forse no, per fortuna. Altrimenti sai che noia. Il mistero invece non smette di appassionare le generazioni con il suo fascino senza tempo: dai fedelissimi di Sherlock Holmes al successo nazional-popolare di Salvo Montalbano, dagli instancabili di Jessica Fletcher agli entusiasti di True Detective, il giallo resta uno dei generi più amati della letteratura anche e soprattutto dopo lo sbarco in televisione. E continua a diffondersi a macchia d’olio. Anzi, come una macchia di sangue, giusto per restare in tema. A poco più di un secolo e mezzo dall’esordio del primo grande detective Auguste Dupin, che con le sole tre avventure dedicategli da Edgar Allan Poe diede vita a un filone inesauribile, il crime – per dirla in modo più internazionale – è ormai dappertutto: libri, film, tv e fumetti dall’Italia agli Stati Uniti, dal Sudamerica alla Lapponia. Eppure la sua definizione caratteristica, “giallo”, è italianissima: deriva proprio dalla collana de Il Giallo Mondadori, nata nel 1929 come I libri gialli con la pubblicazione de La strana morte del signor Benson di S. S. Van Dine, cioè il romanzo di debutto del detective- dandy newyorkese Philo Vance.

«Cercate il detective»

«Piacere gastronomico»

Detective anti regime

QUANTI STILI. Intuizione, capacità di osservazione, conoscenza dell’animo umano e uno spirito sempre un po’ maledetto: sono queste le caratteristiche del detective infallibile. Spesso personaggi sopra le righe, gli investigatori più amati sono il più delle volte quelli scovati al di fuori delle forze dell’ordine. Perché in fondo è banale aspettarsi la caccia all’assassino da parte di un poliziotto, mentre è più sorprendente che a scovarlo sia un prete (dall’originale padre Brown al pastore Sidney Chambers di Grantchester), uno scrittore (Ellery Queen ieri come Richard Castle oggi) o addirittura un’arzilla e pettegola vecchietta (Miss Marple). Nel corso della storia ne abbiamo viste più o meno di tutti i colori, fino ad arrivare ai cani in tv (Il commissario Rex) e ai bambini (Detective Conan) nel mondo dei manga. Nemmeno i fumetti giapponesi infatti sono riusciti a resistere all’epidemia della “febbre gialla”. E a risolvere i casi, seppur a modo suo, abbiamo visto persino un serial killer in Dexter.

RECORD. Nessuno più di Agatha Christie, però, ha saputo interpretare il genere, dando vita addirittura a ben due personaggi affascinanti e leggendari come il raffinato Hercule Poirot e, appunto, l’ingegnosa Miss Marple. Eppure il suo libro di maggior successo, Dieci piccoli indiani, che è il più venduto della storia del giallo, non ha al centro come protagonista un investigatore, bensì le vittime stesse. E resta sostanzialmente irrisolto fino alla confessione postuma dell’assassino: singolarità di un genere misterioso come le storie che racconta. A proposito di primati, mentre il commissario Maigret resta il personaggio con più avventure nella storia – Georges Simenon produsse oltre cento opere tra romanzi e racconti con il suo “eroe” – è indubbio che il personaggio più intrigante, complesso e multiforme tra tutti sia Sherlock Holmes. Non a caso il Guinness World Records lo ha inserito nel proprio albo per il numero incredibile di rappresentazioni cinematografiche e televisive (254) accanto al fido dottor Watson. Da quando nel 2010 sono scaduti i diritti sulla sua figura, fioccano i romanzi apocrifi che hanno abbondantemente superato la produzione del cosiddetto “canone” di Arthur Conan Doyle (quattro romanzi e 56 racconti). Il fenomeno è talmente importante che la stessa Arnoldo Mondadori editore gli ha dedicato una collana. Tuttavia il manierismo sherlockiano non è di certo una passione recente e ha coinvolto in passato anche celebri scrittori. Uno dei primi e forse più famosi apocrifi risale al 1974, La soluzione settepercento, nel quale l’autore Nicholas Meyer mette il detective di fronte alla sua dipendenza da cocaina con l’aiuto di Sigmund Freud. Senza dimenticare Il caso del dottore, omaggio all’icona da parte di Stephen King.

Tutti i personaggi di cui abbiamo parlato finora hanno la loro genesi tra gli anni ’20 e ’30, prima di finire inghiottiti dagli orrori della guerra e dalla voglia di leggerezza della ricostruzione. Bisogna dunque aspettare gli anni ’70 per la rinascita del genere con meno figure iconiche ma più realistiche, ispirate anche dalle tante storie di cronaca che potevano offrire spunti agli autori. Come Ruth Rendell, la regina britannica del giallo che arriva in Italia nel 1970 con Il mio peggior amico. Contemporaneamente se ne appropria la tv. Il successo dello sceneggiato Rai Il commissario De Vincenzi con Paolo Stoppa spinge alla ristampa dei romanzi di Augusto De Angelis e al successo purtroppo postumo di Giorgio Scerbanenco, morto nel 1969.Da lì il fenomeno diventa ipertrofico sul piccolo schermo che se ne appropria trasformandone tempi e canoni. Cosi mentre l’Italia si prepara all’esplosione del fenomeno “poliziottesco” con i suoi ispettori trucidi, negli Stati Uniti ha già debuttato Peter Falk nei panni dell’ispettore Frank Colombo (o Columbo con la grafia americana). Colombo arriverà in Italia nel 1974 sulle frequenze di Telecapodistria e cambierà per sempre il genere: l’assassino lo si conosce già, l’attenzione si sposta tutta su come il detective in impermeabile riuscirà a incastrarlo.

COLOMBO STRAVOLGE IL PARADIGMA:

LO SPETTATORE CONOSCE GIA’ L’ASSASSINO

E PUO’ CONCENTRARSI SULLE INDAGINI

È l’inizio di un fiume di nomi e volti indimenticabili: Kojak e L’ispettore Derrick prima, poi Starsky & Hutch ad accompagnarci negli anni ’80 goderecci ed esagerati di Magnum P.I. e Miami Vice. Cambiano gli anni, i Paesi e i protagonisti, eppure al centro della narrazione restano l’intuizione e la capacità d’osservazione dei “buoni” sia pur vestiti in camicia hawaiana o con i pantaloni a zampa. Anche se gli eroi perdono la loro aura mitica svelando i loro lati oscuri. Il decennio successivo è l’inizio delle interminabili serie tv poliziesche: dal capostipite Nypd fino al quasi eterno (20 anni) Law & Order e all’amatissimo C.s.i., con questi ultimi che dilagano come franchise in reparti o città diverse. Mentre impazza in tv impazza Salvo Montalbano di Andrea Camilleri – romanzo d’esordio datato 1994 – la letteratura tiene il passo con Carlo Lucarelli e Loriano Macchiavelli: partiti entrambi da Il Giallo Mondadori e lanciati dalla vittoria del Premio Tedeschi – l’Oscar del genere intitolato allo storico direttore della collana scomparso nel 1979 – i due autori hanno poi trovato la loro strada rispettivamente in tv e sul palco teatrale per esplorare nuovi linguaggi.

Così via fino a oggi, con il filo sempre più sottile tra fiction e real crime. Linea gialla prima e Quarto grado poi, gli storici Chi l’ha visto? e Un giorno in pretura fino a Segreti e delitti: morbosità o reale interesse, di sicuro la realtà supera la fantasia. E porta alla nascita dei nuovi canali tematici satellitari o sul digitale terrestre: Fox Crime, Top Crime, Giallo e C+I Crime Investigation. E Cairo Editore nel 2013 ha lanciato persino un magazine di approfondimento, il settimanale Giallo. Una produzione variegatissima con, udite udite, un target prevalentemente rosa.

Siamo diventati, dunque, tutti esperti di impronte digitali – già note dalla fine del XIX secolo – così come di test del Dna, anche se la prima applicazione giudiziaria del metodo genetico risale solo al 1988. E poi capelli, fibre, scarpe, pneumatici: abbiamo imparato che tutto quello che usiamo lascia una traccia. Quella che permetterà di scovare l’assassino, ma che poi nelle indagini vere sembra impossibile da scovare. Così proprio mentre la cronaca diventa il luogo del dubbio e dell’incertezza, degli innocenti per mancanza di prove e dei condannati senza “pistola fumante”, è rassicurante potersi rifugiare in un bel libro giallo con la certezza (o quasi) che alla fine il nostro investigatore inchioderà il vero colpevole e lo costringerà a confessare.

Stiamo dunque andando in overdose di giallo? Forse, se è vero che La signora in giallo è ancora capace di strappare il 6% di ascolti su Rete 4 – ben al di sopra di qualunque media di rete – mentre va in replica anche su Diva Universal. Ma è solomerito di un genere che non conosce crisi né età. E la strada per il futuro sembra già segnata, con tutti gli indizi che indicano verso Nord.

Se per decenni è stato il Sud Europa la terra promessa del giallo in fuga dal mondo anglosassone, tanto da dare vita al sottogenere del mediterraneo con capostipite Jean- Claude Izzo (ma non è da meno il concorrente Usa James Ellroy, con la trilogia americana e la tetralogia di Los Angeles), da qualche tempo è la Scandinavia il nuovo regno delle storie criminali. Se nel 1997 Il senso di Smilla per la neve di Peter Hoeg poteva sembrare un esperimento isolato, i suoi eredi hanno dimostrato una vitalità inattesa da parte di popoli noti nel mondo solo o quasi per la loro abitudine all’ordine e alla civile convivenza. Piace scoprire il lato oscuro di svedesi & Co., popoli civili ed educati per antonomasia. Dietro il senso civico e le classifiche sui Paesi più felici del mondo, esiste un universo nascosto di delinquenza e peccato che in un certo modo ci tranquillizza.

Il primo squarcio in questo lato oscuro è stata la trilogia di Millenium di Stieg Larsson, opera che in meno di dieci anni ha lanciato una produzione sterminata, tanto che Marsilio ha creato una community online dedicata (Giallosvezia.it) e laEffe ha lanciato la serie Giallo Svezia. Dall’ispettore Wallander di Henning Mankell alla giornalista Annika Bengzton, eroina neanche a dirlo di un’ex cronista come l’autrice Liza Marklund. Senza dimenticare l’apprezzamento riscosso da L’ipnotista di Lars Kepler, lo pseudonimo di Alexander Ahndoril e Alexandra Coelho, marito e moglie uniti dentro uno pseudonimo. E non è la prima volta che ci sono quattro mani dietro una storia di mistero. Ellery Queen infatti, era il frutto della fantasia Frederic Dannay e Manfred Bennington Lee. Ma nessuna coppia può battere in quanto a intesa e perspicacia l’ispettore Patrik Hedstrom e la scrittrice Erica Falck, i protagonisti dei gialli che Camilla Läckberg ambienta tra i fiordi della sua Fjällbacka.

Qual è la ragione di un simile successo? Una visione meno cruenta e più “cerebrale” delle storie, quasi un ritorno alla tradizione sherlockiana, ma su uno sfondo quasi sempre gelido e innevato. Anche se, forse colpa proprio del paesaggio spesso spettrale, non c’è più alcuna traccia di quell’ironia che, da Conan Doyle in poi, aveva contribuito a rendere digeribili e appassionanti storie di omicidi e complotti. La ricetta tipica del giallo svedese la dà proprio Bjorn Larsson: «Un po’ di giallo tradizionale alla Agatha Christie unito agli elementi realistici e politici, l’80% di omicidi passionali e il resto compiuto dalla mafia». Il filone si è affermato in maniera così potente da spazzare via il dramma borghese tipico della letteratura nordica e influenzare persino la produzione televisiva americani: da The Killing, serie tanto apprezzata da meritarsi praticamente in real time un remake Usa, fino ai paesaggi desolati – anche se nel sud degli Stati Uniti – che fanno da sfondo al fenomeno dell’ultima stagione, True Detective.