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Gusto

Cristiano Tomei: un artigiano ai fornelli

Ambasciatore della Toscana a Expo, personaggio tv, tra i migliori chef italiani per la guida Michelin, eppure questo viareggino doc non si è montato la testa e al suo ristorante L’imbuto all’interno del Lucca Center of Contemporary Art rifugge le eccessive sofisticazioni

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Cuoco simbolo della Toscana al prossimo Expo, nominato di fresco dalla Guida Michelin tra i più talentuosi chef italiani, personaggio televisivo (I re della griglia su DMax), un viareggino schietto e verace che non le manda certo a dire, da bravo toscano legatissimo alla sua regione, all’olio extravergine di oliva e al mare. Di recente Cristiano Tomei si è trasferito a Lucca e il suo ristorante L’imbuto si trova al piano terra del Lucca Center of Contemporary Art, spazio espositivo di innegabile fascino. Una scelta che regala molti punti di riflessione su cosa vuol dire essere un cuoco oggi.

Il piccione appeso

Perché è diventato uno chef e cosa la spinge a continuare su questa strada? Mi ha guidato la passione per lo star bene, per il godimento puro del cibo. Senza troppa filosofia, considero il cibo l’elemento più significativo per l’essere umano: a tavola in fondo si discute, si litiga anche, però poi si fa sempre la pace ed eventualmente anche qualcos’altro… Il cibo è nostro compagno di vita e, quindi, la mia posizione di cuoco è privilegiata, perché riesco a donare felicità a qualcuno facendolo godere a tavola.

La cucina italiana è una cucina di prodotto, dicono… Non sono del tutto d’accordo che la nostra sia una cucina di prodotto, il cuoco ci vuole eccome! I prodotti da soli non si vendono, né si mangiano, né spesso si apprezzano: il nostro fine è esaltare la materia prima e non basta dividere uno scampo a metà… Il nostro è un lavoro che ci rende dipendenti dalla materia prima, dunque esorto tanti cuochi a tornare a usare prodotti locali e non solo quelli provenienti dalla distribuzione: con tutto il rispetto per i loro prodotti, ottimi, questo genera un’eccessiva uniformità di sapori.

Faccio la spesa in tanti posti, ho contadini (veri)

per le verdure di stagione, macellai come il Masoni

a Viareggio, le barche che conosco al porto,

tanta gente con cui ho contatto continuo.

Se c’è il piccione lo faccio e lo rifarò quando “ci ri-è”

Qual è il suo attrezzo preferito? Nonostante abbia tutti gli apparecchi oggi quasi obbligatori, dal Roner al Pacojet, in realtà mi piace scoprire sempre qualcosa di nuovo. Sono un curioso di natura, ogni giorno cerco una nuova esperienza che non si riduca a un mero esercizio di stile. A volte benedico il fatto di non essermi mai potuto permettere strumenti costosi o ingombranti, sono sempre stato costretto a usare quello che avevo a disposizione: uno stimolo incredibile per la mente e le mani. Inoltre molte tecniche spesso sono davvero invadenti. Prendiamo la mania della cottura sottovuoto: non è sempre preferibile; se la spalla è buona lessa, allora mettiamola in acqua senza troppe sofisticazioni.

Una delle sue ultime proposte presta grande attenzione al “pesce povero”, non è un controsenso nella sua cucina “stellata”? Solo in apparenza, soprattutto perché il pesce povero ormai non esiste più, il pesce costa tutto! Anche perché pure laddove la materia prima ha un costo basso, richiede un lavoro enorme per esaltarne il sapore. Pensiamo ad aringhe e acciughe, ingredienti base di una mia zuppa molto complessa da realizzare anche se semplice nel sapore, o ai gamberi rossi che unisco a fegatini di gallina e Campari: il pesce in queste preparazioni è multiforme, divertente, duttile. Insomma, può essere povero di partenza, ma il suo sapore abbinato ad altri ingredienti si esalta a dismisura: la forza della cucina sta proprio nel mettere insieme questi elementi. Poi, in fondo, non esiste povero o ricco, ma solo una cucina buona o cattiva.

Sarà tra gli chef simbolo della Toscana per Expo 2015, perché pensa che l’abbiano scelta? Cosa proporrà per valorizzare la sua regione? Non so perché, è possibile che ogni tanto azzecchi un piatto davvero buono (ride). Spero che mi abbiano scelto perché dico e faccio quello che penso: viviamo un momento in cui bisogna capire come si comunica la cucina e perché lo si fa. Vista questa mia voglia irrefrenabile voglia di aprirmi agli altri, forse pensano di risparmiare!

Arte contemporanea e cucina, quali sono gli elementi in comune e quelli che invece fanno fatica ad armonizzarsi? Ci tengo sempre a dire che l’arte è arte, mentre la cucina è artigianato. Gli artigiani possono anche evolvere in artisti, e magari un giorno potrei realizzare un’opera d’arte, ma non sarebbe più un piatto. Un piatto non dovrebbe richiedere di essere spiegato, l’approccio al cibo dovrebbe essere più istintivo. L’approccio alla cucina deve essere meno artistico e più artigianale, soprattutto oggi.

L’imbuto

Via della Fratta, 36, Lucca

T. 329 0843180

www.limbuto.it

Ultimamente è stato molto attivo anche in Tv, cosa funziona e cosa non va per quanto riguarda i cuochi sul piccolo schermo? Le critiche non mancano… Premetto che in Italia si è perso il senso critico rispetto a quello che accade. Al di là del fatto che se non ci piace la Tv possiamo anche non guardarla, bisogna sempre ricordare che quanto accade fuori dallo schermo ha molta più importanza. Devo dire che, purtroppo, lì la cucina spesso non solo è brutta, ma peggio ancora non spinge gli spettatori a mettersi in gioco ai fornelli. Non parliamo poi dei moralisti e del qualunquismo italico che critica Cracco per la pubblicità delle patatine senza pensare a quanta fatica abbia fatto per arrivare dov’è adesso…

Cucinare al mare e in città, cambiano i piatti ma anche i clienti? Di certo cambia atmosfera, ma di poco in realtà, perché la distanza è davvero minima nel mio caso. Rispetto al paesone che è Viareggio, Lucca è comunque una città relativamente grande e stimolante. Il mare mi è rimasto dentro, ma la città porta con sé altre fonti di ispirazione grazie al contatto con persone di culture diverse. D’altra parte Lucca non è così grande da rendere più complicato andare dal contadino per raccogliere gli ortaggi senza avere per forza l’orto a chilometro zero dietro la cucina.

Credits Images:

Cristiano Tomei nel suo ristorante, L'imbuto © Lido Vannucchi