In 7 milioni guidano ancora la macchina e più di 5 frequentano locali di intrattenimento. Quelli che fanno attività fisica o vanno abitualmente in palestra invece, sono circa 3,7 milioni, l’equivalente della popolazione di uno Stato come l’Albania o la Bosnia Erzegovina. Senza dimenticare che, a navigare abitualmente su Internet, secondo le stime più accreditate, sono circa 1,5 milioni. Si tratta di un esercito di italiani che consumano molto, conducono un’esistenza abbastanza agiata e hanno una particolarità in comune: sono anziani ultra 65enni che, proprio per il loro stile di vita, oggi non sembrano affatto disposti a farsi chiamare vecchi. Altro che rottamazione. Oggi, nel nostro Paese, ci sono ben 13 milioni di persone con i capelli bianchi che, per il sistema economico nazionale, rappresentano una risorsa preziosissima. A parte qualche acciacco stanno relativamente bene di salute, vanno a fare la spesa tutti i giorni e sono dei consumatori con molti più soldi da spendere rispetto ai giovani. Per rendersene conto, basta analizzare i dati elaborati dal Censis e dalla Fondazione Generali, secondo cui la ricchezza media delle famiglie anziane è cresciuta complessivamente di quasi il 118% negli ultimi 20 anni, contro il 56% del resto della popolazione. In media, una famiglia capeggiata dagli over 65 ha una disponibilità complessiva di 273 mila euro e, nel 79% dei casi, è anche proprietaria di un immobile. Inoltre, le risorse che ogni anno vengono trasferite dalle famiglie più mature per sostenere le più giovani sono pari a circa 5,4 miliardi di euro, quasi lo 0,3% del pil. Probabilmente, se non ci fosse stata questa “forza tranquilla” che ha mantenuto in piedi il Paese, negli anni più bui della crisi economica il tessuto socio-demografico italiano avrebbe rischiato davvero di sfilacciarsi. Allora, smettiamola di guardare agli anziani come a un problema. Molte imprese, almeno le più lungimiranti, l’hanno capito e li reputano clienti da coccolare e attirare il più possibile.
– Valorizziamo al meglio i più maturi– Perché gli over 60 sono una risorsa
I PUNTI DI FORZA A spingere le aziende verso queste politiche a favore dei più maturi non è soltanto un atteggiamento benevolente verso la terza età. Alla base di queste scelte, c’è una buona dose di realismo e di lungimiranza, che parte dall’analisi di un dato di fatto: secondo le proiezioni demografiche, entro il 2050 la quota di popolazione mondiale anziana raddoppierà (passando dall’11% attuale al 22%), Inoltre, già nel prossimo quinquennio, il numero di ultra 65enni supererà in tutto il pianeta quello dei bambini con meno di cinque anni. Al contempo, il miglioramento delle condizioni di salute sta per fortuna assegnando agli anziani un ruolo più attivo nella società. Sarà per questo che le case d’investimento internazionali, abituate a fiutare per tempo gli affari, hanno già cominciato ad analizzare il fenomeno del global ageing, cioè l’aumento dell’età media della popolazione mondiale e le sue ricadute sul sistema economico e sui consumi. Gli analisti di Morgan Stanley, per esempio, hanno individuato una decina di aziende che hanno buone chance di macinare ricavi e profitti nei decenni a venire, proprio grazie a questa tendenza. Tra i nomi individuati dagli esperti della casa d’affari Usa ci sono imprese specializzate nella produzione di beni e servizi destinati in prevalenza a chi ha i capelli bianchi. È il caso dell’italiana Luxottica (leader dell’occhialeria), della svedese Sca (articoli sanitari), della tedesca Deutsche Wohnen (case di riposo) o della danese Gn Store Nord (protesi ortopediche). Morgan Stanley, tuttavia, ha indicato anche aziende che, pur non offrendo prodotti specificamente pensati per i consumatori anziani, stanno dimostrando di saper cavalcare per tempo l’onda lunga del global ageing. Tra queste, c’è per esempio Mark & Spencer, una delle maggiori catene di distribuzione nel Regno Unito che, rispetto ai competitor, oggi dispone di un’ampia gamma di prodotti per la clientela più matura. Stesso discorso per una multinazionale come Philips e per la compagnia di crociere Carnival, il cui fatturato è legato ormai per quasi un quarto al fenomeno del global ageing. Gli anziani che hanno abbastanza soldi da spendere, infatti, amano spesso goderseli in qualche vacanza rilassante sul mare, invece che passare le giornate sulle panchine dei giardinetti. Chi lo ha intuito per tempo, sarà dunque in grado di fare buoni affari in futuro.
RITORNO AL LAVORO Lo scenario appena delineato nel mondo dei consumi si apre, però, anche nel campo del lavoro e delle professioni. Lo sa bene Wilfried Porth, a capo delle risorse umane della casa automobilistica Daimler che, nei mesi scorsi, ha offerto un contratto di consulenza, ad almeno un centinaio di “arzilli vecchietti”, tra cui c’è anche un 75enne. Sono i pensionati che Daimler ha richiamato in servizio nell’ambito del progetto Space Cowboy, che prende il nome da un film di Clint Eastwood, in cui un gruppo di ex piloti della Nasa, tutti ultrasessantenni, viene rispedito in una nuova missione. Come gli astronauti del film, i pensionati della Daimler sono tornati in servizio perché l’azienda ha fortemente bisogno di loro, essendo gli unici conoscitori dei segreti di alcuni vecchi software che stanno alla base dei sistemi di automazione industriale del gruppo Daimler. Oggi, dunque, anche nel mondo del lavoro come in quello dei consumi, gli anziani sono una risorsa. Per questo molte aziende, per non trovarsi un giorno a rimpiangere le doti professionali dei vecchi dipendenti, hanno dato vita da tempo a piani di age management, che si concretizzano in una serie di programmi volti a valorizzare le competenze dei lavoratori in età avanzata e a trasferirle ai loro colleghi giovani.
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I MAESTRI DEI MESTIERI Nella multiutility bolognese Hera, per esempio, da ormai dieci anni esiste la Scuola dei mestieri, un sistema di formazione professionale interna, che favorisce la condivisione del patrimonio di esperienze che i lavoratori meno giovani si portano appresso. Sempre nel gruppo Hera, esiste da tre anni il progetto di ricerca GenerAzioni, che ha lo scopo di indagare come cambiano le esigenze dei dipendenti all’interno dell’organico, in relazione all’avanzare dell’età. Quello dell’azienda bolognese, però, non è l’unico caso in cui si guarda con interesse alla popolazione aziendale con i capelli bianchi. Anche il gruppo marchigiano Loccioni, specializzato nei sistemi per il miglioramento della qualità dei prodotti e dei processi produttivi, ha dato vita a esperienze analoghe. Dentro l’azienda, infatti, è stata creata una Silverzone, cioè una comunità virtuale in cui ricercatori, consulenti, professori e manager – ma anche molti ex dipendenti – mettono a disposizione delle generazioni future il proprio patrimonio di competenze. All’Atm di Milano, la compagnia dei trasporti della città, dove il 27% dei lavoratori è rappresentato da over 50, nel 2012 è partito invece il progetto Maestri di mestiere. Si tratta di un programma di gestione delle risorse umane che ha lo scopo di offrire una formazione professionale di qualità ai neoassunti, utilizzando proprio le competenze di alcuni colleghi più anziani che hanno più di 50 anni di età e hanno dimostrato, nel corso di tutta la carriera, spiccate doti professionali e un forte attaccamento all’azienda.
IMPRESE A MISURA DI “DIVERSAMENTE GIOVANI” Ma non è soltanto nelle attività di formazione che i lavoratori anziani diventano protagonisti. Spesso, con l’avanzare dell’età media dei dipendenti, le imprese cominciano a ripensare i propri processi produttivi, le politiche retributive e anche l’ergonomia degli spazi aziendali, per aumentarne il comfort e renderli più adatti alle esigenze del personale. Su tutti questi fronti, molte esperienze interessanti sono state messe in atto da società estere, in particolare nel Nord Europa. In un’analisi di Paola Ellero e Adelina Brizio, ricercatrici e consulenti specializzate nel campo della formazione e della gestione del personale, vengono ricordati per esempio i casi di Asda, catena di supermercati inglese che ha ideato una serie di benefit flessibili in base all’età, come le settimane di permesso per i dipendenti che diventano nonni. C’è poi il caso di Achmea, compagnia di servizi finanziari olandese che concede ai dipendenti over 40 un soggiorno di studio all’estero (interamente pagato) di dieci giorni all’anno. Senza dimenticare l’esperienza Société Electrique de l’Our, la maggiore azienda energetica del Lussemburgo che ha ristrutturato completamente i propri ambienti in modo da renderli più accessibili e fruibili anche per quei dipendenti che hanno capacità produttive un po’ ridotte, proprio a causa dell’età. La lista di buone pratiche citate da Ellero e Brizio, però, non finisce qui e comprende molti altri programmi specificamente ideati per la gestione del personale anziano. A realizzarli sono stati spesso grandi nomi dell’industria mondiale come Michelin, la compagnia aerea tedesca Lufthansa o Citibank International, colosso finanziario statunitense che, nella sua filiale greca, offre periodi di ferie crescenti con l’avanzare dell’età.
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