Quarant’anni di storia italiana racchiusi in Al di qua del fiume , un romanzo di ampio respiro nel quale l’autrice Alessandra Selmi narra l’ambizioso progetto industriale della famiglia Crespi e la nascita, sulle sponde del fiume Adda, del villaggio operaio di Crespi d’Adda oggi patrimonio mondiale dell’Unesco. Un sogno realizzato in un mondo spietato, a costo di fatica, dolore e paura, che non risparmiano nemmeno il padrone, anche se a lui non è concesso mostrarsi debole. Un mondo dove il duro lavoro in fabbrica è un miraggio, perché meno faticoso e più redditizio di quello nei campi. Un mondo dove anche andare a scuola è un lusso. Un mondo fatto di superstizioni, risentimenti e squilibri sociali, dover però non mancano ambizioni, progresso, speranza, amicizie e amori sinceri. Una lettura piacevole e allo stesso tempo utile a comprendere il passato.
Crespi D’Adda, un mondo autosufficiente
Costruito tra la fine dell’Ottocento e gli anni ’20 del Novecento e voluto da una famiglia di industriali che ha segnato la storia d’Italia, Crespi d’Adda era all’epoca la perfetta sintesi di funzionalità industriale e fascino architettonico. Chi vi abitava poteva disporre di alloggi con giardini privati, bagni pubblici e lavatoi, orti, ma anche di un ambulatorio medico, una scuola, un teatro, un centro sportivo, un dopolavoro, una chiesa e addirittura un cimitero. Un mondo autosufficiente, dove nascere, vivere e morire senza aver mai bisogno di uscire dai suoi confini. Sosteneva Silvio Crespi: «Terminata la giornata di lavoro, l’operaio deve rientrare con piacere sotto il suo tetto. Curi dunque l’imprenditore che egli vi si trovi comodo, tranquillo ed in pace: adoperi ogni mezzo per far germogliare nel cuore di lui l’affezione, l’amore alla casa».
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