L’innovazione tecnologica può contribuire a un significativo miglioramento della produttività delle imprese del Made in Italy lungo tutta la catena del valore, arrivando a generare un valore aggiunto incrementale potenziale stimato in circa 50 miliardi di euro entro il 2030. Altri 30 miliardi potrebbero arrivare dal potenziamento e dall’estensione del brand Made in Italy a nuovi settori. Sono alcune tra le principali evidenze emerse da uno studio di Accenture presentato a Roma in occasione del XX Forum del Comitato Leonardo, appuntamento che annualmente riunisce rappresentanti delle istituzioni e della business community per fare il punto sulle prospettive di sviluppo per il Made in Italy. Quest’anno il forum è stato dedicato al ruolo dell’Intelligenza Artificiale Generativa per aumentare la competitività delle imprese italiane.
Il valore dell’intelligenza artificiale per il made in Italy
L’analisi di Accenture parte dalla considerazione che i settori tipici del Made in Italy (tessile- abbigliamento, alimentari-bevande, legno-arredo, nautica, ceramica, oreficeria) sono da sempre fortemente votati all’export, con oltre il 50% della produzione complessiva, rispetto al 35% degli altri settori manifatturieri. Il percepito di eccellenza sintetizzato nel “brand Made in Italy” permette all’Italia di posizionarsi come leader, rispetto all’export globale complessivo, incrociando la domanda delle nicchie alto-spendenti internazionali.
Secondo la ricerca, i diversi settori del Made in Italy possono rafforzare la propria competitività mettendo a terra strategie industriali declinate in due linee di azione prioritarie: da una parte l’adozione a scala dell’innovazione tecnologica e dall’altra il rafforzamento delle politiche globali di branding con l’estensione del “brand Made in Italy” a settori economici eccellenti non tradizionalmente compresi nella definizione (come la meccatronica, la farmaceutica, la chimica etc) con opportune politiche di comunicazione e marketing sistemiche. Tali strategie comporterebbero un incremento della produttività e un ampliamento dell’export, grazie a una rinnovata competitività verso l’estero.
Complessivamente, la posta in gioco è un potenziale aggiuntivo del PIL dei settori “estesi” del Made in Italy di circa 80 miliardi di euro entro il 2030. Cinquanta miliardi sarebbero conseguenza dell’incremento di valore aggiunto prodotto dalla messa a sistema nel Made in Italy dell’applicazione dell’AI Generativa, affiancata da opportune politiche di potenziamento delle competenze necessarie.
Di questi 50, 15 miliardi sarebbero legati ai settori tradizionali del Made in Italy e 35 ad altri settori che potrebbero iniziare a beneficiare del brand. Gli ulteriori circa 30 miliardi – di cui 20 imputabili ai ‘nuovi’ settori – sarebbero generati dall’estensione e potenziamento del “brand Made in Italy” con opportune politiche sistemiche, che potranno portare ad una maggiore penetrazione sia in Paesi in cui le imprese italiane sono già presenti, sia in aree geografiche emergenti.
Gli investimenti in tecnologia – conclude lo studio – e in particolare in AI, saranno essenziali per colmare i gap accumulati in alcuni settori e potenziare il “genio italico” in ogni fase della catena del valore: dal design delle collezioni e dei prodotti (dove la GenAI può facilitare in modo esponenziale il lavoro creativo, grazie alla capacità di aggregare e combinare dati per la creazione e l’adattamento continuo di contenuti) alla produzione pianificata e ottimizzata grazie ai digital twin, “gemelli digitali” in grado di creare una rappresentazione live dello stato dei macchinari per monitorare in tempo reale la linea produttiva e il suo funzionamento, fino alla capacità di aumentare l’efficacia della forza vendita grazie agli assistenti virtuali basati sulla GenAI.
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