È Barilla la marca italiana più “autentica”, e dunque attendibile per i consumatori. È quanto emerge della classifica annuale Authentic100 realizzata dall’agenzia di comunicazione Cohn&Wolfe su un campione di 12 mila consumatori. Obiettivo, individuare quei brand che sono percepiti come i più autentici sul mercato: una valutazione che si basa su tre parametri, meglio noti come le tre “r”, ossia Reliable, Respectful e Real. Il primo (reliable) sta per affidabile e indica quei marchi che, agli occhi del consumatore, mantengono le promesse in termini di qualità. Respectful, ossia rispetto, è invece la qualità propria di quei brand che trattano bene i clienti senza ledere la loro privacy. Infine Real: per risultare autentico, un prodotto o servizio deve comunicare onestà e agire di conseguenza.
LA TOP 5 ITALIANA. Sul territorio italiano sono soprattutto i brand legati al food a essere considerati autentici: ben quattro marchi della Top 5 appartengono a questa merceologia. Se, infatti, Barilla si classifica al primo posto, al terzo troviamo il caffè Illy, seguito da Ferrero e dai supermercati Coop. A tener testa alla corazzata degli alimentari è solo Ferrari: il Cavallino si colloca al secondo posto della classifica. Più nel dettaglio, Barilla e Illy raccolgono consensi soprattutto in termini di Real, mentre Ferrari spicca per Reliable e Respectful.
NEL MONDO VINCE DISNEY. Per quanto riguarda la classifica mondiale, al primo posto si posiziona Disney. Seguono Bmw, Microsoft, Amazon e Apple. A livello mondiale, dunque, non è il food a fare la differenza quanto l’entertainment, soprattutto in versione It.
LO SCETTICISMO IMPERA. Tutto bene, dunque? No. L’indagine mette in luce il diffuso scetticismo verso l’autenticità dei marchi. In Europa Occidentale solo il 7% degli intervistati è davvero convinto che i brand possano essere onesti e trasparenti. Non va meglio in Italia dove la percentuale è solo di poco superiore: il 9%. I consumatori più fiduciosi abitano invece in Cina e Indonesia, le cui percentuali si attestano rispettivamente al 36% e 35%, mentre i più scettici sono gli svedesi: appena il 5%. A metà strada invece gli americani: il 23% si definisce scettico. La media globale è il 22%.
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