I dazi Usa continuano a preoccupare per le sorti dell’economia mondiale, Donald Trump, dal 10 febbraio 2025, li imporrà anche su acciaio e alluminio. “Ogni acciaio che entrerà negli Stati Uniti sarà soggetto a dazi del 25%”, ha dichiarato il presidente degli Stati Uniti, riferendosi a materiali indispensabili per la produzione di auto, elettrodomestici, infissi, imballaggi e costruzioni. Trump ha intenzione di mettere dazi anche sulle importazioni di prodotti che negli Stati Uniti sono soggetti a tassazioni.
La Commissione Europea, presieduta da Ursula von del Leyen, attende eventuali comunicazioni ufficiali. Prenderà delle contromisure qualora le aziende del Vecchio Continente dovessero essere colpite da “misure ingiustificate”, decidendo quali settori coinvolgere.
Il ruolo di Canada, Corea del Sud e Cina nella partita commerciale
Il dazi Usa su acciaio e alluminio sulle esportazioni canadesi colpiscono il più grande fornitore del 2024. Il Paese è primo anche rispetto a Brasile, Messico, Corea del Sud e Vietnam, ed è anche un importante fornitore di alluminio (seguito con un grande scarto dagli Emirati Arabi Uniti, dalla Russia e dalla Cina). Nel 2023 le importazioni di alluminio hanno rappresentato oltre l’80% del fabbisogno.
Quelle di acciaio rappresentano una quota minore del consumo complessivo, ma sono fondamentali per settori come l’aerospaziale, l’automotive e l’energia. Non a caso alcune compagnie petrolifere avevano anche ottenuto esenzioni dai dazi sui metalli durante il primo mandato di Trump.
Intanto, la Corea del Sud, che vende sia alluminio che acciaio negli Stati Uniti, sta cercando altri mercati. Le esportazioni di acciaio del Paese sono pari al 70% della media annua del triennio 2015-2017.
La Cina, invece, risponde ai dazi Usa del 10% in vigore dal 10 febbraio 2025. Trump ha preso questo provvedimento per obbligare Pechino a fare di più per contrastare le esportazioni di Fentanyl verso gli Stati Uniti, che ha risposto con rincari dal 10% al 15% sulle esportazioni di energia e sui prodotti agricoli. Si parla di flusso di scambi pari a 14 miliardi di dollari e di una trattativa lunga.
La possibilità di una guerra commerciale diventa sempre più concreta ed è probabile che la politica sui dazi Usa di Trump venga contestata nei tribunali locali. C’è infatti il rischio che, se applicati per un periodo prolungato, possano provocare un effetto stagflazionistico sull’economia statunitense, rallentando così la crescita e aumentando l’inflazione rispettivamente dell’1% e dello 0,5%. I dazi sono una tassa sui consumatori e avranno un impatto considerevole sulla domanda interna.
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