Allarme Coldiretti: quel made in Italy che non c’è più, persi 10 miliardi

L’organizzazione degli imprenditori agricoli denuncia la “perdita del patrimonio agroalimentare nazionale”. Il presidente Marini: “Si va verso la chiusura di stabilimenti e perdita di occupazione”. La cronistoria di 25 anni di acquisizioni

Succede anche nei migliori punti vendita della grande distribuzione: un prodotto che piace finisce subito e lascia gli scaffali vuoti. Nell’ipermercato Italia sta accadendo la stessa cosa: il reparto dell’agroalimentare è stato preso letteralmente d’assalto dalle multinazionali straniere, e ora lo scaffale del made in Italy non c’è più. A lanciare l’allarme è la Coldiretti, l’organizzazione di rappresentanza degli imprenditori agricoli, che parla di marchi storici del settore passati in mani straniere per un fatturato di almeno 10 miliardi di euro dall’inizio della crisi.

DELOCALIZZAZIONE. Orzo bimbo, Gancia, salumi Fiorucci, Parmalat, Star, Riso Scotti, Gancia e Chianti Classico: la lista e lunga e testimonia l’interesse degli investitori per marchi di primo piano per sicurezza, tipicità e qualità dei prodotti. Il problema è che queste tre qualità rischiano di scomparire. Secondo il presidente di Coldiretti, Sergio Marini, “il passaggio di proprietà ha spesso significato svuotamento finanziario delle società acquisite, delocalizzazione della produzione, chiusura di stabilimenti e perdita di occupazione. Si è iniziato con l’importare materie prime dall’estero per produrre prodotti tricolori. Poi si è passati ad acquisire direttamente marchi storici e il prossimo passo è la chiusura degli stabilimenti italiani per trasferirli all’estero. Un processo – conclude il presidente di Coldiretti – di fronte al quale occorre accelerare nella costruzione di una filiera agricola tutta italiana che veda direttamente protagonisti gli agricoltori per garantire quel legame con il territorio che ha consentito ai grandi marchi di raggiungere traguardi prestigiosi”.

CRONISTORIA – Il made in Italy che non c’è più

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