C’è la tassa sulla domanda, la tassa annuale sul mantenimento in vigore del brevetto e la tassa per la pubblicazione a stampa della descrizione e dei disegni. Con tutti questi balzelli uno come Leonardo da Vinci non avrebbe avuto vita facile e, forse, ci avrebbe pensato due volte prima di cimentarsi in una nuova invenzione. La tassa sulle invenzioni industriali è solo una (e forse la meno odiosa) delle tasse che spremono l’impresa italiana, protagonista dell’ultimo appuntamento dei Balzelli d’Italia. Secondo Confesercenti nel nostro Paese il carico fiscale complessivo per le aziende è il più alto d’Europa: il 68,6% dei profitti, rispetto a una media europea del 41,2%. Un buon 25% di tasse in più che si spiega se si considera quanto pagano le nostre imprese per l’Energia (2,95 euro in più ogni 100 kilowattora) e se si pensa che in Italia ci sono tasse anche sugli stessi adempimenti fiscali (vedi sotto). In conclusione? L’inventiva fiscale è proprio senza limiti.
CAPITOLO 14 – L’IMPRESA DA SPREMERE1. Fisco zavorra. In Europa il nostro paese continua a essere quello con il carico fiscale complessivo più alto per le aziende: 68,6% dei profitti, rispetto a una media europea del 41,2%. Un recente studio condotto da Banca mondiale insieme a Price Waterhouse Coopers calcola il peso del prelievo fiscale sulle imprese, a causa soprattutto delle tasse sul lavoro e dei contributi sociali pagati dai datori di lavoro. Sui 183 paesi presi in considerazione dallo studio, l’Italia risulta al 167 posto quanto al peso del prelievo fiscale sulle imprese, a causa, soprattutto, delle tasse sul lavoro e dei contributi sociali pagati dai datori di lavoro, che coprono il 64% del totale. Del resto, anche i dati comparativi europei analizzati dagli esperti del ministero delle Finanze confermano che l’Italia, con la sua aliquota implicita sul lavoro attestata al 42,8% è al livello più elevato in Europa, essenzialmente per via dell’alto livello di contributi a carico del datore di lavoro, e per via della quota di Irap che viene attribuita alla componente lavoro secondo la metodologia continentale. Anche la Banca d’Italia si ricorda che il cuneo fiscale sul lavoro italiano è di circa 5 punti superiore al livello medio europeo, mentre il prelievo sui redditi da lavoro più bassi e quello sulle imprese, includendo l’Irap, risultano più elevati della media Ue di 6 punti. 2. Il doppio balzello sull’uso della TV. Oltre alla tassa di possesso, gli albergatori ed i gestori di esercizi pubblici sono soggetti al pagamento della tassa di concessione governativa per radio e per TV. 3. Energia alle stelle. Le imprese italiane sono costrette a pagare bollette decisamente più alte rispetto alle altre aziende europee e ciò si traduce in una pesante zavorra per chi vuol competere all’estero. Buona parte del fardello non è però determinato dalle difficoltà di produzione, ma dalle tasse. Basta vedere quanto i balzelli sull’energia elettrica pesino sui conti di un’azienda. Considerando infatti sia il maggior costo dell’energia che il maggior peso fiscale, le aziende italiane, rispetto alla media delle concorrenti europee, pagano in media 2,95 euro in più ogni 100 kilowattora. Il divario con la Ue equivale a 6,5 miliardi di euro, mezzo punto di Pil in più versato dalle aziende sotto forma di tasse sull’energia. 4. L’addizionale “federalista” sul lavoro autonomo. Il nuovo federalismo fiscale prevede in caso di disavanzo di bilancio l’adozione di una addizionale regionale all’Irpef che al di sotto di un determinato reddito pagano soltanto gli autonomi. Nel caso di adozione di questa addizionale, sono eliminate tutte le agevolazioni IRAP. Insomma, un balzello mirato contro i lavoratori autonomi e le piccole imprese. 5. La tassa sul frigorifero. E’ soggetta a tassa sulle concessioni governative l’autorizzazione a detenere … macchine frigorifere. 6. La tassa speciale sui disavanzi sanitari. La c.d. tassa sulla salute (in termini tecnici Contributo Servizio Sanitario Nazionale), entrata in vigore con la Legge 14 Novembre 1992, n. 438, è stata sostituita con l’introduzione dell’Irap (che pagano solo le imprese), i cui introiti servono a finanziare la spesa sanitaria delle Regioni. Insomma una tassa sulla salute camuffata, che solo le imprese pagano per tutti.7. La tassa sulle insegne dei negozi. Questa tassa si paga da alcuni anni solo se l’insegna supera i 5 metri di superficie (art. 2/bis, comma 5, della legge n. 75/2002). Ma secondo lo schema di decreto sul federalismo potrebbe essere tassata anche l’insegna sotto tale dimensione, con l’Imu “secondaria”, l’imposta municipale facoltativa che i comuni potranno adottare dal 2014. Si tornerebbe quindi alla situazione precedente al 2002.8. La tassa anfibia sui contratti. L’imposta di registro è detta la tassa anfibia, perché si presenta come tributo avente una duplice natura, anche se alternativa, di “tassa” quando è correlata ad una erogazione di servizio da parte della pubblica amministrazione, e di imposta quando è determinata in proporzione al valore economico dell’atto o del negozio. Presupposto dell’Imposta è la richiesta della registrazione dell’atto o del contratto o operazione societaria. Per una piccola azienda si stima in circa 10-15mila euro il costo di ogni contratto. I contratti quasi sempre devono essere registrati, non basta scaricare i moduli da internet per poi compilarli. Inoltre alla spesa si aggiunge quella del notaio. 9. Le tasse sui registri e libri sociali. E’ una tassa sugli stessi adempimenti fiscali! La tassa di concessione governativa è dovuta annualmente in misura forfetaria a prescindere dal numero di registri tenuti e dalle relative pagine, per la bollatura e la numerazione dei medesimi registri, da tutte le società di capitali, anche se in liquidazione, comprese quelle consortili (sono escluse le società cooperative e le società di mutua assicurazione). Per le società di capitali (le società per azioni, le società in accomandita per azioni, le società a responsabilità limitata) le società consortili a responsabilità limitata e le aziende speciali e i consorzi fra enti territoriali, a prescindere dal numero di libri e dei registri tenuti e dal numero delle loro pagine, la tassa per la tenuta di tutti i registri deve essere versata in maniera forfetaria. Non basta: c’è anche la tassa annuale di concessione governativa per la vidimazione dei libri sociali da parte delle società di capitale. L’importo da versare è 309,87 euro se, alla data del 1° gennaio dell’anno di riferimento, l’ammontare del capitale sociale o del fondo di dotazione non è superiore a 516.456,90 euro; se l’importo del capitale sociale o del fondo di dotazione è superiore a tale limite la tassa sarà di 516,46 euro. La tassa annuale di concessione governativa ha sostituito tutte le tasse che in passato erano dovute per la bollatura e vidimazione dei libri sociali ed è deducibile ai fini Ires ed Irap. Non sono tenute al versamento le società di capitale dichiarate fallite e le società cooperative; queste ultime pagano la tassa di concessione governativa pari ad euro 67,00 per ogni bollatura di libro sociale (per ogni 500 pagine o frazioni). 10. L’imposta sui tabulati. Con riferimento alla bollatura dei libri contabili, è prevista una marca da bollo da 14,62 euro ogni 100 pagine o frazione di 100 pagine (per pagina si intende una facciata, qualunque sia il numero di linee, e per quelli formati mediante l’impiego di tabulati meccanografici, ogni facciata utilizzabile). 11. La tassa sulle invenzioni. In Italia, Archimede Pitagorico non avrebbe vita facile. Ogni brevetto per invenzione industriale è soggetto alle seguenti tasse: 1) tassa di domanda; 2) tassa annuale per il mantenimento in vigore del brevetto; 3) tassa per la pubblicazione a stampa della descrizione e dei disegni. 12. Novennale sui tabacchi. La tassa novennale (detta anche una tantum) è una tassa obbligatoria d’accesso, e periodica, che viene imposta dal Monopolio agli esercenti di rivendita di tabacchi e per il gioco del lotto. Questa imposta ammonta per l’accesso (subentro) al 50% degli aggi dell’anno precedente, viene poi ripetuta ogni nove anni (da qui il nome) con un importo però del 10% dell’aggio dell’anno precedente anziché del 50%. insomma, se la tabaccheria nell’ultimo anno ha avuto un utile lordo di tabacco e lotto di 100.000€ dovrà pagare allo stato (monopolio ) chi acquista, una tassa di 50.000€ 13. Musica nel Bar? Doppia tassa. Il bar o il ristorante che voglia diffondere musica deve corrispondere i diritti non solo alla Siae ma anche a SCF (Consorzio fonografici che rappresenta l’industria discografica), poiché si tratta di una forma di pubblica diffusione di registrazioni musicali. Quest’ultima è una tariffa che può andare da € 120 a 660 l’anno per bar e ristoranti e da € 120 a 500 per i negozi. 14. Le “Concessioni” regionali. Oltre a quella dovuta allo Stato (concessioni governative) esiste anche una assurda “tassa sulle concessioni regionali” (in materia di igiene e sanità, turismo e industria alberghiera, fiere e mercati, etc).
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