Cifre da capogiro: la Banca d’Italia ha reso noto che il valore del riciclaggio nel nostro Paese è pari all’1,5-2% del Pil, in linea con le più recenti ipotesi e stime a livello globale che farebbero ammontare i flussi questa pratica illecita a una cifra che va dal 2% al 5% del Pil globale.
A restituire una panoramica completa sui flussi, sulle cifre e sul valore reale delle attività illegali è il report Il valore del riciclaggio e delle altre condotte finanziarie illecite in Italia, pubblicato dall’UIF (Unità di Informazione Finanziaria per l’Italia), che parte sottolineando quanto stimare il valore del riciclaggio di denaro sia un’attività complessa, trattandosi di un fenomeno non direttamente osservabile.
Il riciclaggio, per altro, è caratterizzato dall’uso di tecniche avanzate per mascherare l’origine illecita dei fondi, cosa che ha spesso portato a stime contrastanti dei capitali riciclati. Al contempo, alle volte mancano delle evidenze empiriche. Per questo, l’UIF ha sfruttato una nuova metodologia «robusta e innovativa […] a partire da informazioni provenienti dalle segnalazioni di operazioni sospette (Sos)».
La metodologia si basa su alcuni strumenti di intelligenza artificiale con tecniche di machine learning, sull’applicazione congiunta di metodi statistici e su un rigoroso processo di selezione per identificare le operazioni sospette più rilevanti. Gli esperti hanno evidenziato e trasformato in “parametri” quelle con un un rischio elevato o hanno ricevuto feedback investigativi positivi da parte degli organi competenti.
I risultati parlano chiaro: secondo gli esperti dell’UIF, per il periodo 2018-2022 (con dati aggiornati a maggio 2024) il valore del riciclaggio è di 25-35 miliardi di euro all’anno. «La stima ottenuta fornisce un importante contributo alla conoscenza del fenomeno del riciclaggio. Il valore aggregato può rappresentare uno strumento di ausilio alla valutazione dell’esposizione complessiva dell’intero sistema paese al rischio di riciclaggio – si legge nello studio – mentre la sua scomposizione a livello territoriale potrebbe essere utilizzata come potenziale indicatore diretto di rischio locale».
«Inoltre – conclude il report – se utilizzato in modelli per la valutazione di politiche economiche con riferimento a un periodo sufficientemente lungo, potrebbe in linea di principio consentire la misurazione dell’impatto che modifiche normative o innovazioni nelle attività di prevenzione e contrasto possono produrre sul valore dei flussi finanziari coinvolti».
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