Impegni per 960 miliardi (l’1% del Pil europeo) e 908 miliardi di pagamenti. È quanto prevede il nuovo bilancio europeo per il settennato 2014-2020, per il quale i Paesi dell’Unione europea sono giunti a un compromesso. Al termine della scorsa settimana, dopo 24 ore di vertice, il fronte dei Paesi del nord Europea hanno trovato un accordo con quelli del Sud, un testo che limita i tagli e lascia qualcosa per la crescita e i fondi agricoli. Non avremmo potuto ignorare le realtà economiche estremamente difficili – ha affermato il presidente della Consiglio europeo, Herman Van Rompuy – Forse non è il bilancio perfetto per nessuno, ma c’è molto per tutti, questo è un bilancio orientato al futuro, realistico e guidato dalle pressanti preoccupazioni” per l’attuale situazione economica.Per i prossimi sette anni ci saranno quindi investimenti per la crescita, ma non saranno così alti come avrebbe voluto Van Rompuy. Per l’innovazione, le infrastrutture e la ricerca andranno, ad esempio, 34 miliardi in più rispetto al bilancio precedente (erano previsti 60); saranno 6 miliardi, invece, i fondi per risolvere il problema della disoccupazione a livello Ue.
L’ITALIA. Il nostro Paese, secondo il premier Mario Monti, esce soddisfatto dall’intesa. L’Italia migliora il saldo tra fondi versati all’Ue e quelli ricevuti, passando da -4,5 miliardi del 2007-2011 a -3,8 per il settennato 2014-2020. Guadagna inoltre 1,5 miliardi per le regioni meno sviluppate e 2 miliardi per per la coesione e aumenta anche i fondi per lo sviluppo rurale.
CONFINDUSTRIA. Gli industriali italiani accolgo con favore il nuovo bilancio europeo. “E’ una buona notizia che l’Italia migliori il suo saldo netto e che guadagni su politica agricola e coesione – si sottolinea in una nota di Confindustria – Si tratta di un successo del Governo, in un negoziato assai difficile, in cui hanno prevalso gli interessi di breve periodo di alcuni paesi, a scapito del progetto europeo e del suo rilancio”. Si critica, invece, il compromesso raggiunto sul tetto complessivo di spesa così come la scelta di un bilancio eccessivamente “conservatore” che penalizza quelle voci come ricerca, innovazione e infrastrutture che contribuiscono a far uscire l’Ue più forte e più presto dalla crisi.
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