La piccola Cipro si oppone al piano di salvataggio concordato con l’Eurogruppo, che prevede a garanzia di un prestito comunitario da 5,8 miliardi di euro un prelievo forzoso sui depositi bancari. Il voto del parlamento cipriota è una chiara risposta alla reazione della popolazione, che nei giorni scorsi ha letteralmente preso di assalto i bancomat dell’isola per prosciugare i propri conti corrente (le banche resteranno chiuse almeno fino a giovedì 21, per evitare fughe ingenti di capitali).Il no al piano, arrivato con un voto di 36 deputati e 19 astenuti, blocca il piano di aiuti dell’Unione, che mantiene comunque l’offerta sul tavolo. “Prendo nota della decisione del Parlamento cipriota, che riguarda la proposta del governo per un prelievo forzoso straordinario – ha affermato in una nota il presidente dell’Eurogruppo Jeroen Dijsslbloem – Confermo che l’Eurogruppo è pronto ad aiutare Cipro nei suoi sforzi di riforma e ribadisce la sua offerta presentata lunedì», che prevede di non tassare i depositi inferiori ai 100.000 euro.
GESTIONE ERRATA DEL CASO. E così un piccolo magagna ai margini dell’Europa e un’economia non certo fondamentale, è stata gestita in modo da trasformarsi in una fonte di preoccupazione. Il caso Cipro, infatti, ha riacceso le preoccupazioni dei mercati per la stabilità dell’euro, ch torna ai minimi da novembre, menter gli spread di Paesi a rischio come Italia e Spagna sono tornati a salire.
LA PICCOLA CIPRO. Tra gli investitori prevale l’incredulità, lo scetticismo che a un’economia piccola come quella cipriota, con un Pil di appena 18 miliardi di euro, poco più di un centesimo di quello italiano, possa essere consentito di riportare il caos sui mercati finanziari globali. Ma le preoccupazioni non sono solo dei mercati: gli Stati in crisi temono che Cipro possa essere l’apripista di un esperimento da applicare agli altri. Da Bruxelles si rassicura che il prelievo forzoso sui conti correnti (se mai sarà fatto) è un caso unico e irripetibile. Ma certo crea un precedente (in Italia, con la lira, accadde qualcosa di simile nel 1992 quando il governo amato operò un prelievo forzoso dello 0,6%).
L’ECONOMIA DI CIPRO. La crisi a Cipro ruota attorno a un sistema bancario cresciuto fino a raggiungere sette volte le dimensioni del Pil. Le banche, come riporta l’Ansa, non riescono a far fronte a 4,5 miliardi di perdite subite sul debito greco. Il governo chiede aiuto all’Europa, che però con un prestito troppo grande ingigantirebbe il debito del Paese, già oggi superiore ai 15 miliardi di euro: il debito di Cipro volerebbe a 25 miliardi (il 140% del Pil) già con il prestito da 10 miliardi negoziato con Bruxelles, ma supererebbe addirittura il 170% del Pil senza i 5,8 miliardi provenienti dal prelievo sui depositi.In questo quadro la stangata sui conti correnti a Cipro è probabilmente inevitabile, anche se si sarebbe dovuto forse inserirla in un piano più ampio di ristrutturazione delle banche. Il braccio di ferro è fra l’Europa, che chiede di colpire solo i depositi superiori ai 100.000 euro, e Nicosia, che ha finora strappato un prelievo anche su quelli oltre 20.000 euro temendo una fuga dei grandi capitali, soprattutto russi. L’Europa, tardivamente, ha capito che l’unica via di uscita è ridimensionare drasticamente le banche cipriote. Per evitare, o almeno rallentare, uno scenario ancora peggiore, cioè una nuova ristrutturazione del debito statale sul modello greco che rischia di scuotere nuovamente la credibilità dell’euro.
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