È un periodo di fermento per diversi settori dell’economia nazionale e il mondo del commercio non fa eccezione. Uno degli ultimi casi riguarda il Gruppo Coin, caratterizzato da recenti stati di agitazione, scioperi e il recente annuncio della chiusura del punto vendita al Centro Commerciale Le Gru di Grugliasco, alle porte di Torino.
La questione è già sul tavolo del Ministero delle Imprese e del Made in Italy. Nelle loro note ufficiali Filcams Cgil e Uiltucs parlano di “atteggiamento irresponsabile” della nuova compagine aziendale e di “un clima di grande preoccupazione sul futuro di oltre 1.500 addetti”. Secondo i sindacati, non vi sarebbe certezza sulle trattative in corso, “utili a conseguire un piano commerciale che non direzioni l’azienda al fallimento e il risultato di tale latitanza ricade tutto sulle lavoratrici e i lavoratori che hanno il compito di aprire i negozi e gli uffici ogni giorno con oggettive difficoltà come, ad esempio, la mancanza di forniture e di opere di manutenzione. È diventato impossibile lavorare in queste condizioni e le organizzazioni sindacali continuano a chiedere urgentemente risposte certe e chiare”.
Filcams Cgil e Uiltucs hanno dichiarato aperto lo stato di agitazione, con 18 ore di sciopero tenuto su tutto il territorio nazionale articolate tra 10 ore in gestione del livello territoriale e 8 con sciopero nazionale. Inoltre “non verranno più garantite ore di lavoro straordinario/supplementari e tutte le forme di flessibilità previste”.
Nel frattempo si attende l’incontro con il governo convocato a Roma per mercoledì 18 dicembre. Non è il primo tentativo: Coin – 35 grandi magazzini e 130 store in franchising – aveva declinato l’appuntamento di inizio dicembre al Ministero per conoscere il piano industriale, un atto definito “gravissimo” da Filcams Cgil, Fisascat Cisl e Uiltucs. Il confronto era stato richiesto dai sindacati affinché l’azienda, autorizzata al programma di composizione negoziata fino al 24 dicembre, illustrasse i dettagli del piano di risanamento e informasse tutte le parti nell’interesse di lavoratrici, lavoratori e creditori. Alla base delle difficoltà infatti ci sarebbero circa 80 milioni di euro di debiti, oltre alle difficoltà del mercato iniziate con il Covid-19.
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