È una tendenza sempre più rilevante, un modo di fare e di agire che non sta passando di certo inosservato: nell’ultimo anno i colossi tecnologici cinesi come Alibaba, ByteDance e Meituan hanno intensificato la loro presenza nella Silicon Valley. Una mossa strategica nel gioco della competitività a livello globale, che per essere mantenuta deve contare su tutti i supporti possibili.
Stando a quanto riportato da la Repubblica (e a quanto è possibile approfondire su siti web come Benziga.net e Scpm.com), le aziende cinesi si stanno muovendo in modo attento: stanno infatti reclutando attivamente talenti statunitensi per sviluppare soluzioni avanzate di intelligenza artificiale, ampliando i propri uffici in California.
L’obiettivo è tanto semplice quanto ben studiato: superare le limitazioni imposte dalle restrizioni statunitensi sulle esportazioni di chip avanzati, indispensabili per il training di modelli di IA. Basta guardare nello specifico il caso di Alibaba per capire quanto ogni passo sia mirato: il colosso cinese ha aperto nuovi uffici, sta facendo centinaia di colloqui e, fra le altre cose, avviato un programma di reclutamento per ingegneri, manager e ricercatori specializzati in AI.
Certo, ByteDance e Meituan non rimarranno indietro per molto tempo: stanno infatti rafforzando i loro team negli USA, il primo concentrandosi sullo sviluppo del modello linguistico Doubao e sull’integrazione di intelligenza artificiale nella sua piattaforma TikTok. Il secondo, invece, lavora su funzionalità come traduzioni per i menu, in linea con i suoi servizi di consegna alimentare.
Al centro dei desideri dei colossi tecnologici cinesi c’è quello di attrarre esperti con esperienza in aziende come OpenAI e altre big tech americane. Questa espansione rappresenta un’opportunità cruciale per le imprese cinesi, che, operando tramite entità con sede negli Stati Uniti, possono accedere a tecnologie avanzate che sarebbero altrimenti bloccate in Cina dalle politiche commerciali statunitensi.
Sì, perché vla pressione americana sul settore tecnologico cinese è aumentata significativamente negli ultimi anni, con restrizioni sull’export di chip avanzati, come quelli prodotti da Nvidia, essenziali per i progressi nell’IA. Queste misure sono attualmente giustificate con la preoccupazione che la Cina possa utilizzare queste tecnologie per rafforzare le sue capacità militari.
Eppure, le aziende cinesi che operano negli Stati Uniti non sono soggette alle stesse restrizioni. Parallelamente, il governo cinese sta investendo massicciamente per stimolare la propria industria nazionale di semiconduttori, con oltre 150 miliardi di dollari stanziati dal 2014, anche se al momento è indietro rispetto a leader globali come TSMC di Taiwan, che entro il 2025 sarà tre generazioni avanti nella produzione di chip.
C’è da precisare che l’espansione cinese negli Stati Uniti non può non sollevare questioni complesse: da un lato, rappresenta una strategia per accedere a tecnologie avanzate e per acquisire know-how in un mercato altamente competitivo, dall’altro, alimenta le tensioni tra Stati Uniti e Cina, con il Dipartimento del Commercio americano che valuta regole più rigide per monitorare e limitare le attività delle aziende straniere che sfruttano le risorse statunitensi.
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