L’accordo sulla global minimum tax, firmato da 137 Paesi in sede Ocse nell’ottobre del 2021, rappresenta una delle iniziative più ambiziose per combattere la concorrenza fiscale sleale a livello globale. Sebbene abbia incontrato ostacoli significativi, come l’annuncio di Donald Trump del ritiro degli Stati Uniti, il progetto ha continuato a guadagnare consensi, culminando con l’adozione da parte dell’Unione Europea nel dicembre 2021.
La global minimum tax prevede un’aliquota fiscale minima del 15% per le multinazionali in ogni Paese in cui operano, a condizione che quel Paese abbia accettato di applicarla. L’obiettivo è evitare che grandi gruppi societari, con un fatturato consolidato superiore a 750 milioni di euro, possano beneficiare di regimi fiscali particolarmente favorevoli e pagare un livello di imposizione effettiva inferiore al 15%. In tali casi, le imprese dovranno versare una tassa aggiuntiva per rispettare il minimo richiesto.
L’introduzione di questa misura ha segnato un punto di svolta nella governance fiscale internazionale. Paesi come l’Irlanda, noti per i regimi fiscali agevolati, hanno inizialmente opposto resistenza. Tuttavia, l’adozione della global minimum tax da parte dell’Unione Europea è stata resa possibile grazie a un lungo negoziato politico che ha superato queste obiezioni. L’Italia ha recepito la direttiva europea con un decreto legislativo nel dicembre del 2023, confermando il proprio impegno nella lotta all’elusione fiscale.
L’iniziativa punta a creare un livello di equità fiscale che scoraggi le multinazionali dall’utilizzare arbitrariamente le differenze tra le giurisdizioni per ridurre la propria imposizione fiscale. Nonostante le difficoltà iniziali e l’opposizione di alcune capitali, la global minimum tax si presenta come un passo fondamentale verso un sistema economico più giusto e sostenibile.
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