È una lunga storia, divisa in una serie di capitoli, quella dei dazi sulle auto elettriche cinesi. L’ultima evoluzione era però stata abbondantemente annunciata: come previsto, la Commissione Europea imporrà delle tasse aggiuntive sulle importazioni delle auto elettriche cinesi, che entreranno in vigore in via definitiva dal 31 ottobre.
Già nel mese di giugno la Commissione, sulla base di nove mesi di indagini, aveva infatti confermato l’esistenza di una concorrenza sleale. Alla luce di questa conferma era stato varato un primo regolamento provvisorio. Successivamente sono stati proposti dazi aggiuntivi fino al 38%, ma tutto era rimasto invariato, nella speranza che Europa e Cina potessero trovare un accordo.
Proprio il non raggiungimento di questo accordo ha condotto a una battaglia dei dazi per limitare i danni di quello che secondo l’UE è vero e proprio dumping industriale. La Cina è infatti apparsa fin troppo attivamente intenta a vendere veicoli a prezzi inferiori al valore reale per conquistare i mercati stranieri, tanto che in passato erano stati approvati dazi aggiuntivi in America e in Canada. In più, non è passato inosservato il tentativo di aggirare i dazi attraverso una produzione locale.
Nonostante le trattative non si fermino, la decisione è arrivata insieme al regolamento di attuazione diffuso dall’UE, che verrà pubblicato sulla Gazzetta ufficiale nelle prossime ore. Dopo la pubblicazione i dazi saranno ufficialmente operativi per almeno cinque anni e sono quantificati come segue: 17% per Byd; 18,8% per Geely; 35,3% per Saic; 7,8% per Tesla; 20,7% per altre aziende che hanno collaborato all’indagine dell’Ue e 35,3% per tutte gli altri costruttori. Complessivamente, sommando i dazi già in vigore del 10%, le tariffe raggiungeranno il 45%.
C’è però chi non è affatto contento. I dazi, infatti, si applicheranno su auto elettriche al 100% sì prodotte in Cina, ma non necessariamente da produttori cinesi, anzi: la nazionalità sarà indifferente e comprende anche i costruttori europei. Ciò ha portato la Germania a storcere il naso: Hildegard Müller, presidente dell’associazione che riunisce i costruttori della Germania, li ha definiti «una battuta d’arresto per il libero commercio globale».
Come abbiamo detto, in ogni caso, non è ancora finita. Bruxelles e Pechino continueranno a comunicare per cercare una soluzione negoziata che guardi al rispetto delle regole del World Trade Organization (Wto), finalizzate a imporre agli esportatori di aumentare i prezzi dei beni. Se la Cina dovesse adeguarsi, i dazi potrebbero essere ritirati e il regolamento potrebbe essere del tutto rivisto.
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