Il settimo giorno anche il Fisco si riposò. Tanto si era già preso il salario di metà settimana. A dirlo è la Cgia di Mestre che ha fatto i conti nelle tasche degli italiani decretando l’8 giugno come il “tax freedom day“.
Fino a quella data infatti ogni connazionale ha lavorato solo per soddisfare la sete dell’Erario. Tre giorni a settimana domeniche escluse, 158 in totale: uno in più rispetto allo scorso anno, ben nove sopra la media dell’Eurozona e addirittura 13 oltra la media Ue.
MA I FRANCESI FANNO PEGGIO. «Nell’area dell’euro», commenta, il segretario della Cgia, Giuseppe Bortolussi, «solo i francesi, con 174 giorni, i belgi, con 172 e i finlandesi, con 161, hanno sopportato uno sforzo fiscale superiore al nostro. La media dell’area dell’euro si è stabilizzata a 149 giorni, mentre quella relativa ai 28 Paesi dell’Ue è stata di 145 giorni. Lo scorso anno abbiamo eguagliato il record storico del 2012».
«Ad esclusione del Belgio», indica la strada Bortolussi, «tutti i Paesi federali presentano una pressione fiscale molto inferiore alla nostra, con una macchina statale più snella ed efficiente ed un livello dei servizi offerti di alta qualità. Pertanto, è necessario riprendere in mano il federalismo fiscale, definire ed applicare i costi standard per abbassare gli sprechi e gli sperperi e, nel contempo, ridurre le tasse di pari importo”.
In Germania, per esempio, il cosiddetto “tax freedom day” scatta dopo 144 giorni, in Olanda dopo 136 giorni e in Spagna dopo 123 giorni.
MALE STORICO. Con il metodo Sec 2010, la Cgia ha ricostruito l’evoluzione del fenomeno dal 1995: a metà degli anni ’90 ci volevano 147 giorni per pagare le tasse, scesi a 143 nel 2005.
Da lì la crescita record fino ai 158 giorni del 2012, primato bissato anche nel 2013.
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