Fondi italiani: cresce il patrimonio degli investitori istituzionali, ma manca il sostegno alle aziende

Al netto dei segnali di crescita, la situazione resta preoccupante: investire poco nell'economia reale significa contribuire alla bassa crescita del Paese

Il 2024 è un anno d’oro per i Fondi italiani ma non aiutano le aziende© Shutterstock

È un anno d’oro per i fondi italiani, ma sullo sfondo resta sempre una nota amara che non passa inosservata. A restituire un quadro della situazione è l’undicesimo rapporto a cura di Itinerari Previdenziali, report annuale sugli investitori istituzionali che ha certificato un 2023 in recupero dopo la flessione dell’anno precedente.

Il report (consultabile nell’apposita pagina) è uno degli strumenti più completi per conoscere dal punto di vista anagrafico, patrimoniale e dei soggetti gestori, l’ampio panorama degli investitori istituzionali italiani. Si concentra, in particolare, su Fondi Pensione Negoziali e Preesistenti, Casse di Previdenza, Fondazioni di origine bancaria, forme di Assistenza Sanitaria Integrativa e Compagnie di Assicurazione.

Realizzato dal Centro Studi e Ricerche Itinerari Previdenziali a partire dai bilanci di esercizio e dalle note informative degli enti indagati, il report del 2023 “fotografa” 300 player della categoria operativi: 86 fondazioni di origine bancaria, 20 casse professionali privatizzate, 33 fondi negoziali e 161 fondi preesistenti, cui si aggiungono poi casse e fondi di assistenza sanitaria integrativa. Nel settore privato, oltre alle compagnie di assicurazione, sono operativi 40 fondi pensione aperti e 68 PIP nuovi per un totale di 108 soggetti.

Guardando la panoramica generale, è visibile la crescita del patrimonio: 993 miliardi di euro a fine 2023, contro i 966 miliardi del 2022. Il vero problema riguarda il sostegno all’economia reale, perché per i principali investitori a essere italiano è solo il 18,6% del forziere: è una «situazione critica e preoccupante che ha ampie e negative ripercussioni sia sull’occupazione sia sulla produttività, contribuendo alla bassa crescita del Paese», ha detto il presidente del centro studi Itinerari previdenziali Alberto Brambilla mentre illustrava i dati raccolti.

Nel dettaglio, al netto degli investimenti in titoli di Stato italiani, che pesano in particolar modo sui portafogli delle Casse di Previdenza e dei fondi negoziali, e degli immobili a uso strumentale, a investire maggiormente nell’economia domestica sono le Fondazioni di origine Bancaria, con il 43% del patrimonio investito, seppur sostenuto da un’esposizione nella banca conferitaria pari al 23,84%.

Seguono le Casse Privatizzate dei liberi professionisti, con il 17% circa, mentre si conferma modesta la quota investita nel Paese da parte di fondi pensione negoziali e preesistenti, che si fermano rispettivamente al 5,17% e al 2,9% del patrimonio. Come ovviare al problema? Sempre secondo Brambilla, «la soluzione più semplice per far in modo che il TFR “circolante interno” alle aziende che alimenta soprattutto i fondi di natura contrattuale rientri nel circolo dell’economia reale è ripristinare il fondo di garanzia istituito dal D. Lgs. N. 252/05 per facilitare il finanziamento delle PMI che versano il Trattamento di Fine Rapporto ai fondi pensione».

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