Continua quella che sembra un interminabile serie di problematiche per Google: dopo le controversie riguardo al monopolio nel campo dell’advertising e le accuse che si sollevano da ogni parte del mondo per quelli che sono i suoi presunti metodi di concorrenza sleale nell’affermazione come motore di ricerca privilegiato da milioni di utenti, i riflettori si (ri)accendono anche su Android e in particolare sul Google Play Store.
A riaccendere la polemica e a far bruciare le accuse contro Big G è stata Epic Games, che all’inizio del mese ha puntato il dito appunto contro Google e contro Samsung, raccogliendo una serie di dati che dimostrano come la funzione Auto Blocker, ormai predefinita in tutti gli smartphone di ultima generazione Samsung, renda difficile o addirittura impossibile scaricare app realizzate da sviluppatori di software esterni.
Epic Games si era già scontrata contro Google (e Apple) lo scorso anno per abuso della posizione dominante sul mercato e a dicembre del 2023 l’antitrust aveva dato ragione all’azienda produttrice di Fortnite, attestando che in effetti il colosso di Mountain View limitava la concorrenza controllando la distribuzione delle app e i pagamenti su dispositivi Android.
In questo nuovo capitolo dello scontro, un giudice federale ha dimostrato anche che la funzione Auto Blocker impedisce davvero agli utenti di scaricare app store alternativi: disattivare la funzione e installare un app store di terze parti richiede 21 passaggi, cosa che rende di fatto il Google Play Store l’unica fonte possibile per ottenere facilmente delle nuove applicazioni.
Tra le varie misure imposte dal giudice, c’è l’obbligo per Google di rendere accessibile il proprio catalogo di app anche su store concorrenti. Un duro colpo per Big G, che per altro pur interessando gli Usa ha un riverbero anche in Europa, dove il regolamento Digital Markets Act impedisce in modo esplicito pratiche simili.
© Riproduzione riservata