Le bombe dell’alleanza atlantica cadono su un suolo davvero prezioso. Le statistiche classificano la Libia come il 12° produttore mondiale di petrolio, il quarto dell’Africa. Vero, ma come sottolinea un servizio del TgLa7 si tratta di una “mezza verità”. Il volume delle esportazioni della Libia – ora bloccate dagli scontri con i ribelli – non riflette il peso reale del Paese nello scacchiere sensibilissimo del mercato dell’oro nero. Il tesoro della Libia è molto più grande: 42 miliardi di barili di riserve che posiziona il Paese finora in mano a Gheddafi in cima alla classifica dei più naturalmente ricchi di petrolio.“Senza contare il gas” aggiunge il TgLa7. Anche in questo caso, secondo l’Opec, la Libia dispone di riserve pari a oltre 1.500 miliardi di metri cubi (in un anno l’Italia tutta insieme ne consuma al massimo un centinaio). Si sa comunque che è sul petrolio che si concentra l’affare più importante. Con 1,69 milioni di barili prodotti ogni giorno, la Libia spedisce oro nero in tutti gli angoli del mondo ed è noto che tra i primi suoi dieci petrol-dipendenti ci siano tutti Stati europei. C’è l’Irlanda e chiaramente l’Italia, ma anche l’Austria per circa un quinto del greggio importato, poi ci sono Svizzera e Francia. Ma il greggio libico finisce anche più lontano. La Cina importa da qui il 3% del suo petrolio, cifre inferiori per Australia (2,3%) e Stati Uniti (0,5%). Una prova comunque che le vie del petrolio libico sono infinite e riguardano interessi mondiali.
In Libia per democrazia o per petrolio? I motivi oscuri della guerra
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