Di enti inutili da eliminare per risparmiare soldi pubblici se ne parla da sempre, ma finora poco o niente è stato fatto realmente. Nella maggior parte dei casi si tratta di società controllate da Ministeri, Comuni, Regioni e Province che sono state aperte per portare attività economiche fuori dal controllo del Parlamento, di un Consiglio comunale, di un Consiglio regionale e anche dal rigore del patto di stabilità. Ma quanti sono gli enti inutili? È difficile dare una risposta precisa. Un recente studio della Uil ne ha individuati 540, il governo Monti a suo tempo ne aveva inseriti 500 nel primo decreto della spending review. Nel 2009, però, l’allora ministro Calderoli aveva parlato di 34 mila enti da sopprimere riuscendone a eliminarne solo 49 (uno dei migliori risultati di tutti i tempi).
Di che enti si sta parlando? Si tratta strutture che si occupano praticante di tutto. C’è, per esempio, l’Eipli, l’ente per l’irrigazione e la trasformazione fondiaria che opera tra Puglia, Lucania e Campania. Nel 1979 una legge dello Stato lo ha messo in liquidazione, ma decreto dopo decreto è stato prorogato. A Fogliano, in provincia di Latina la società per le Terme sta cercando di sviluppare da anni l’attività termale. Ci sono poi la Stazione sperimentale per i combustibili, trasformata in azienda speciale della Camera di Commercio di Milano, la Stazione sperimentale per la seta, la Stazione Sperimentale per le Industrie delle Essenze e dei derivati dagli Agrumi di Reggio Calabria. E l’elenco potrebbe continuare. Uno dei casi più famosi è quello dell’Ice – Agenzia per la promozione all’estero e l’internazionalizzazione delle imprese italiane. Nel 2011 Giulio Tremonti aveva deciso di sopprimerla a causa del bilancio sempre in passivo e della sovrapposizione di competenze tra i ministeri delle Attività produttive e degli Esteri. Ma il Governo Monti poi cambiò idea (si dice per le pressioni di Confindustria e della burocrazia) e decise di conservarlo.
Quanto costano? Secondo Upi (Unione delle province italiane) gli enti inutili graverebbero per circa 7 miliardi euro sui contribuenti, ma secondo altre analisi si arriverebbe a 10 miliardi, destinati soprattutto a pagare gli stipendi degli assunti e molto meno per erogare servizi. Teoricamente si tratterebbe di strutture facili da eliminare perché non erogano servizi di prima necessità. Ma in realtà si tratta di una operazione molto più complicata di quello che sembra. Gli Enti Locali, per esempio, spesso sostengono che la finalità delle diverse società controllate non è stata realizzare per il taglio dei trasferimenti del Governo. Ma se i fondi venissero ripristinati, anche lo scopo delle società potrebbe essere realizzato. La Corte dei Conti poi può controllare solo i bilanci degli Enti locali, ma non le diverse società che si trovino al fuori del perimetro contabile degli stessi Enti locali. E negli anni sono stati numerosi i ricorsi di Comuni, Province e Regioni davanti alla giustizia amministrativa contro i provvedimenti di liquidazione emanati dai diversi governativi.
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