L’industria manifatturiera, grande vanto italiano da sempre, è oggi minacciata dai Paesi emergenti. A dirlo il Centro Studi di Confindustria, secondo il quale dal 2007 al 2013 l’Italia ha registrato un calo produttivo del 5%, tanto da far scivolare il Paese all’ottavo posto della classifica globale, dietro Paesi emergenti quali l’India e il Brasile, rispettivamente sesti e settimi con una crescita produttiva nello stesso periodo del 6,2% e dello 0,8%.
A penalizzare l’Italia i picchi negativi registrati nell’industria del computer e macchine per ufficio (che invece a livello globale registrano la crescita più alta), ma anche nell’industria dei tabacchi. Dal 2000 in poi la produzione si è dimezzata nel settore dell’elettronica e nel comparto automobilistico, ma anche nel tessile, nella pelletteria e nel legno (escluso i mobili).
A registrare, invece, le performance più positive l’industria cartaria e l’abbigliamento.
In generale, sostiene il Centro Studi di Confindustria, a mancare nel nostro Paese, una politica industriale. L’Italia, in controtendenza con quanto succede Oltreconfine, non solo non ha una politica chiara in tal senso, ma ha anche “abbandonato il programma di rilancio industriale avviato nel 2006 con Industria 2015”. Per questo oggi “sono vitali interventi tempestivi”.
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