Secondo l’ultimo rapporto Istat, la produzione industriale 2024 chiude in negativo, con risultati peggiori rispetto all’anno precedente. Soprattutto l’ultimo mese dell’anno appena concluso ha registrato un calo significativo con un -7,1% su base annua e del 3,1% rispetto a novembre. Sono numeri questi migliori solo rispetto a quelli registrati durante il Covid.
Si tratta di 23 mesi in cui il settore, in Italia, registra un calo nel dato tendenziale e che per il comparto manifatturiero si traduce in incassi stimati pari a 42 miliardi di euro, con una frenata media del 3,5% dopo il -2% del 2023. A incidere è stata anche la scelta di numerose aziende che hanno deciso di prolungare la pausa natalizia e posticipare la riapertura di qualche giorno a gennaio.
I settori maggiormente in crisi e le eccezioni
Un peso specifico, sui dati dell’Istat che segnalano una produzione industriale in crisi, lo hanno il settore dell’automotive e quello della moda. Per il primo si è registrato un output al -43%, sul quale ha inciso in maniera significativa il ricorso alla Cig del gruppo Stellantis.
Nel comparto della moda, che sta vivendo una delle settimane più importanti dell’anno con la Milano Fashion Week, il calo è superiore al 18%. In crisi è anche la metallurgia con una diminuzione che tocca la doppia cifra, ma anche i macchinari e legno-carta che arretrano di più del 9%.
Soltanto l’energia elettrica, l’attività estrattiva e l’alimentare hanno registrato, a dicembre, una produzione in crescita. Secondo i dati Istat, a fine 2024, l’utilizzo della capacità produttiva si riduce di più del 75%. Anche gli investimenti vedono una domanda debole, soprattutto per i produttori di macchinari che, secondo le stime di Federmacchine, si attestano a -17,4%.
A incidere negativamente è pure la lunga attesa per le misure di Transizione 5.0, che hanno portato le aziende a temporeggiare in attesa che arrivassero nuovi incentivi. Anche se nelle ultime settimane si registra una parziale accelerazione, il portale Gse registra crediti di imposta prenotati per 384 milioni di euro, che rappresenta poco più del 6% del totale a disposizione.
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