Sace dà il via al piano Let’s Grow (tradotto: cresciamo) e l’obiettivo è proprio fare in modo che le imprese in Italia progrediscano grazie all’export. Per poterlo fare è previsto che vengano investiti 100 miliardi di euro. Nello specifico, 85 miliardi proverrebbero dalla componente delle esportazioni e 15 miliardi da investimenti in innovazione. Le due cose insieme faranno aumentare il fatturato del Made in Italy del 4%, contribuendo alla crescita del Paese.
A fare questo tipo di valutazione è una realtà leader nel settore. Non a caso “Sace è un gruppo assicurativo-finanziario italiano, direttamente controllato dal Ministero dell’Economia e delle Finanze, specializzato nel sostegno alle imprese e al tessuto economico nazionale attraverso un’ampia gamma di strumenti e soluzioni a supporto della competitività in Italia e nel mondo”, così si legge sul sito della società.
Il piano di Sace per l’export italiano
Lo studio individua 14 Paesi Gate (acronimo di Growing Ambitious Transforming Entrepreneurial) che “hanno un tasso di crescita potenziale dell’export superiore alla media complessiva”. L’Italia ha un ampio margine di diversificazione verso nuovi mercati ad alto potenziale che attualmente rappresentano solo il 13% dell’export tricolore, mentre si registra un rallentamento a causa della Germania dove il nostro Paese esporta soprattutto meccanica, automotive e chimica.
Si vuole puntare ai Paesi Asean, ad esempio, dove si è registrato un incremento del 10,3%. In Vietnam si è visto un aumento del 25%, in Arabia Saudita del 28%, negli Emirati Arabi Uniti del 20%, in Serbia del 16%, in Messico e Brasile dell’8%. Si tratta di “mercati ad alto potenziale dove noi di Sace abbiamo i nostri uffici per fare da apripista alle esportazioni italiane nel mondo – spiega l’a.d. Alessandra Ricci – Sono delle vere e proprie porte d’accesso a nuove aree di opportunità”.
Uno dei punti cardine di Sace sull’export è l’innovazione, dove ancora le aziende italiane investono soltanto lo 0,8% del Pil, a fronte della media europea dell’1,5%. “Questo differenziale sono esattamente quei 15 miliardi su cui le imprese italiane devono investire, perché gli investimenti in innovazione fanno sì che i propri prodotti e i processi produttivi diventino sempre più competitivi, anche in un contesto che magari geopoliticamente può essere non facile”, conclude Alessandra Ricci.
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