Kering, il colosso francese del lusso, ha chiuso il primo trimestre con ricavi in calo del 14% a quota 3,9 miliardi di euro. Un risultato leggermente inferiore alle stime degli analisti, appesantito dal rallentamento in tutte le aree geografiche, con l’Asia-Pacifico che ha fatto segnare un tonfo del 25%. Non sorridono nemmeno Europa occidentale e Nord America, entrambe in flessione del 13%, mentre il Giappone si ferma a un comunque pesante -11%.
La situazione non lascia molto spazio all’ottimismo a breve termine: la direttrice finanziaria Armelle Poulou ha anticipato un ulteriore calo a doppia cifra nel secondo trimestre, anche se leggermente inferiore rispetto ai primi tre mesi dell’anno. Resta invece un’incognita l’andamento della domanda cinese.
Kering, l’andamento dei singoli brand
A livello di brand, a soffrire di più è Gucci, il marchio di punta, che ha registrato un calo delle vendite del 25% a 1,571 miliardi di euro, sotto le previsioni del mercato. Saint Laurent ha limitato i danni a un -9%, mentre Bottega Veneta ha mostrato un’insperata crescita del 4%. Le altre maison del gruppo hanno visto una contrazione dell’11%, con Brioni e le maison di gioielleria (Boucheron, Pomellato, Qeelin) che si sono invece mosse in controtendenza, segnando risultati positivi.
Lusso sotto pressione, resistono solo alcuni marchi
Il 2025 si sta rivelando un anno difficile per il comparto del lusso. A frenare i consumi non sono solo l’inflazione o le guerre commerciali, ma anche un cambiamento profondo nell’atteggiamento dei consumatori, specialmente i più giovani, sempre meno interessati a prodotti percepiti come riservati a pochi eletti. Dal 2 aprile i titoli del lusso hanno registrato in media un calo del 10% su base annua, con punte del -15,4% per Salvatore Ferragamo e del -15,3% per Lvmh. Non è andata molto meglio a Prada (-14,2%) e Kering stessa (-11,4%), mentre Burberry ha limitato le perdite all’11,9%.
Tra i pochi a salvarsi ci sono Hermès, Moncler e Brunello Cucinelli. Hermès ha contenuto il calo al -4,8% grazie anche a una politica di aumenti dei prezzi (+8% su base globale) e a una clientela ancora fedele. Moncler (-6%) si è distinta per l’alta quota di vendite dirette e una forte presenza in Cina, mentre Brunello Cucinelli (-7,5%) continua a macinare risultati solidi, con una crescita del fatturato attesa intorno al 10% .
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